Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 9214 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 2 Num. 9214 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 25/02/2025
SECONDA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME
UP – 25/02/2025
R.G.N. 39801/2024
SANDRA RECCHIONE
SENTENZA
Sui ricorsi proposti da: NOME COGNOME nato a COGNOME il 07/06/1964 COGNOME NOME nato a CHIERI il 28/04/1979 COGNOME nato a BOLOGNA il 25/05/1997 avverso la sentenza del 04/06/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità dei ricorsi; letta la memoria del difensore dei ricorrenti COGNOME e COGNOME NOME, Avv. NOME COGNOME che ha insistito per l’accoglimento dei ricorsi;
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Bologna, con sentenza del 4 giugno 2024, confermava la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva ritenuto NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME responsabili per i reati di rapina aggravata e lesioni ai danni di NOME COGNOME e di danneggiamento; secondo l’imputazione, era stata organizzata una ‘spedizione’ da parte di NOME presso l’abitazione della persona offesa NOME COGNOME, ex convivente della NOME, in quanto la stessa intendeva recuperare il suo telefono cellulare, ma nel corso della spedizione, durante la quale erano state cagionate lesioni a Lazzaro e danneggiati alcuni oggetti presenti nell’abitazione, gli imputati si erano impossessati di un orologio, del portafoglio e di alcuni documenti di COGNOME; COGNOME e COGNOME erano stati ritenuti concorrenti ai sensi dell’art. 116 cod. pen.
1.1. Avverso la sentenza ricorre per cassazione il difensore di COGNOME NOMECOGNOME eccependo la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della sentenza impugnata in relazione alla penale responsabilità dell’imputato ai sensi degli artt. 116 e 628 cod. pen.; erroneamente, la Corte di appello aveva rigettato il motivo di appello relativo alla asserita imprevedibilità del passaggio dal programmato esercizio arbitrario delle proprie ragioni alla rapina, visto che il semplice dato di non ritenere eccezionale che la Ferrari si impossessasse di beni diversi dal telefono cellulare non
giustificava in alcun modo la sussistenza del concorso anomalo in capo a Levote; i giudici avrebbero dovuto interrogarsi non tanto sulla eventuale probabilità e prevedibilità che la Ferrari ponesse in essere condotte quali l’impossessarsi del portafoglio e dell’orologio, bensì sulla sussistenza del nesso causale e psicologico che deve sussistere ogni oltre ragionevole dubbio tra la condotta del soggetto che aveva voluto il reato meno grave e l’evento diverso; la difesa aveva portato all’attenzione della Corte la versione del tutto alternativa ed attendibile offerta dal Giudice per le indagini preliminari nell’ordinanza di applicazione della misura cautelare, ove si evidenziava che gli unici soggetti armati erano COGNOME e la COGNOME e che il ruolo di COGNOME e della COGNOME doveva essere ritenuto secondario; veniva richiamata una sentenza della V^ sezione di questa Corte in un caso sovrapponibile nella vicenda in esame.
1.2. Il difensore lamenta inoltre la mancata applicazione nella massima estensione delle circostanze attenuanti di cui agli artt. 62bis e 116 cod. pen., visto che era stato omesso di operare una doverosa distinzione tra il trattamento sanzionatorio irrogato alla Ferrari e quello irrogato a Levote; erano state valorizzate due circostanze del tutto prive di rilevanza, quali la negativa condotta processuale, improntata alla negazione o minimizzazione dei fatti e l’assenza di ravvedimento o di risarcimento; il difensore denuncia inoltre la contraddittorietà della motivazione in ordine tanto al discostamento dal minimo edittale stabilito per il reato di rapina aggravata, quanto alla mancata riduzione della pena nella massima estensione prevista dall’art. 116 cod. pen., non essendo stato considerato che era stata inflitta la stessa pena a COGNOME ed alla COGNOME, malgrado gli imputati rispondessero a diverso titolo e che non sussisteva in capo a COGNOME una così elevata intensità del dolo tale da ritenersi equivalente a quello della Ferrari; sulla sorta delle emergenze probatorie, appariva pacifico come la condotta di COGNOME non fosse stata affatto determinante nell’evoluzione dei fatti criminosi, tanto che non solo doveva ritenersi – come correttamente affermato dal Giudice per le indagini preliminari – secondaria, ma altresì non decisiva per la realizzazione della rapina; quanto all’art. 116 cod. pen., le affermazioni della Corte territoriale risultavano in contraddizione con le emergenze probatorie, meglio riassunte nella decisione di riqualificare l’imputabilità di COGNOME ai sensi dell’art. 116 cod. pen., nonchØ nel piø volte ribadito ruolo del tutto secondario avuto dall’imputato.
Propone ricorso per cassazione il medesimo difensore nell’interesse di COGNOME con argomentazioni identiche a quelle del ricorrente COGNOME.
Propone infine ricorso per cassazione il difensore di COGNOME COGNOME
Il difensore osserva che la Corte di appello avrebbe dovuto verificare le gravi problematiche psico-fisiche della ricorrente, subìte proprio a documentati precedenti episodi di violenza ad opera di COGNOME; in altri termini, la verifica della particolare posizione processuale della Ferrari avrebbe dovuto portare la Corte a valutare una riforma della sentenza di primo grado, contestualizzando correttamente lo svolgimento dei fatti: la ricorrente avrebbe dovuto essere condannata per furto, e non per rapina, non essendo chiari e delineati i contorni della vicenda, con episodi di violenza reciproca con la parte offesa iniziata nei giorni precedenti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi devono essere dichiarati inammissibili.
1.1. Relativamente al primo motivo di ricorso proposto nell’interesse di COGNOME NOME e COGNOME NOME, si deve ribadire che ‘in tema di concorso anomalo ex art. 116 cod. pen., l’affermazione di responsabilità per il reato diverso commesso dal concorrente richiede la verifica della sussistenza di un nesso, non solo causale ma anche psicologico, tra la condotta del soggetto che ha voluto soltanto il reato meno grave e l’evento diverso, che si identifica con il coefficiente della colpa in concreto, da accertarsi, secondo gli ordinari criteri della prevedibilità del diverso reato, sulla
base della personalità dell’esecutore materiale e del contesto fattuale nel quale l’azione si Ł svolta’ (Sez. 5, n. 306 del 18/11/2020, dep. 2021, Tasca, Rv. 280489); deve anche essere richiamato il canone ermeneutico, costantemente affermato dalla giurisprudenza di legittimità, per cui «In tema di concorso di persone nel reato, la configurabilità del concorso cosiddetto “anomalo” di cui all’art. 116 cod. pen. Ł soggetta a due limiti negativi e cioŁ che l’evento diverso non sia voluto neppure sotto il profilo del dolo alternativo o eventuale e che l’evento piø grave, concretamente realizzato, non sia conseguenza di fattori eccezionali, sopravvenuti, meramente occasionali e non ricollegabili eziologicamente alla condotta criminosa di base» (Sez. 1, n. 44579 del 11/09/2018, B., Rv. 273977; nello stesso senso, Sez. 6, n. 20667 del 12/02/2008, Scambia, Rv. 240060).
Tanto, in ossequio al pacifico indirizzo per cui la responsabilità del compartecipe ai sensi dell’art. 116 cod. pen. presuppone che il reato diverso commesso dal concorrente si rapporti alla psiche dell’agente, nell’ordinario svolgersi e concatenarsi dei fatti umani, come uno sviluppo logicamente e concretamente prevedibile di quello voluto, in tal modo configurandosi l’elemento necessario della colpevolezza, sotto le forme del dolo per il reato concordato e della colpa per l’evento realizzato (così, tra le tante, Sez. 1, n. 12740 del 09/11/1995, dep. 1996, COGNOME, Rv. 203347 – 01).
In argomento, pertinente si rivela, del resto, il richiamo al risalente, ma ancora attuale, insegnamento secondo cui «Il fondamento della particolare ipotesi di concorso nel reato di cui all’art. 116 cod. pen., deve essere ravvisato nel fatto che, mentre colui il quale commetta da solo il reato Ł in grado, in ogni momento, di controllare lo sviluppo della sua condotta e dirigere la stessa verso l’evento previsto e voluto, invece colui il quale si unisce ad altri per porre in essere un’azione criminosa Ł costretto ad affidarsi anche alla condotta e alla volontà dei complici, quale che ne sia il grado di partecipazione e il ruolo, per il compimento dell’azione stessa. Ne deriva che in tale situazione egli non deve sottovalutare il pericolo che i compartecipi o taluno di essi abbiano a deviare dall’azione principale con l’assumere iniziative per fronteggiare eventuali difficoltà sopravvenute improvvisamente, così eccedendo dai limiti del concordato concorso e realizzando un reato diverso e piø grave di quello inizialmente dovuto» (Sez. 1, n. 10795 del 25/06/1999, COGNOME, Rv. 214113 – 01).
Fermo quanto precede, nel caso in esame, deve escludersi che la sequenza degli accadimenti sia stata influenzata da circostanze eccezionali, imprevedibili e non ricollegabili all’azione criminosa, tali da interrompere il nesso causale tra la condotta voluta ed il reato piø grave, restando, piuttosto, confermato; correttamente, pertanto, la Corte di appello ha ritenuto che la spontanea adesione ad un progetto criminoso che contemplava una ‘spedizione’ a casa della persona offesa per recuperare il telefono cellulare della Ferrari senza alcun certezza di poterlo reperire comportava necessariamente che la situazione potesse degenerare e che quindi la Ferrari si sarebbe potuta impossessare di altri beni della persona offesa, con conseguente sussistenza di un nesso non solo causale, ma anche psicologico tra la condotta degli imputati che avevano voluto il reato meno grave e l’evento diverso realizzato (si veda pag. 13 della sentenza impugnata).
1.2. Quanto al trattamento sanzionatorio, vi Ł congrua motivazione nelle pagine 14 e 15 della sentenza impugnata, nelle quali si osserva che, a fronte dei precedenti penali degli imputati non vi erano elementi positivamente per le già concesse attenuanti generiche, il che giustificava che la riduzione di pena non fosse stata concessa nella misura massima; in tal senso, si deve ribadire che ‘la mancata concessione delle attenuanti generiche nella massima estensione di un terzo non impone al giudice di considerare necessariamente gli elementi favorevoli dedotti dall’imputato, sia pure per disattenderli, essendo sufficiente che nel riferimento a quelli sfavorevoli di preponderante rilevanza, ritenuti ostativi alla concessione delle predette attenuanti nella massima estensione, abbia riguardo al trattamento sanzionatorio nel suo complesso, ritenendolo congruo rispetto alle esigenze
di individualizzazione della pena, ex art. 27 Cost.’ (Sez. 2, n. 17347 del 26/01/2021, COGNOME, Rv. 281217). Nel caso in esame, la Corte di appello ha ritenuto alla gravità del reato ed all’assenza di elementi processuali o extraprocessuali idonei a giustificare la concessione del beneficio, adempiendo così all’onere motivazionale richiesto.
Analogamente, non Ł stata riconosciuta la massima riduzione per l’attenuante di cui all’art. 116 cod. pen. alla luce della rilevanza dell’apporto fornito da COGNOME e COGNOME alla coimputata COGNOME con ragionamento logico ed immune da censure.
Il ricorso proposto nell’interesse di NOME deve essere dichiarato inammissibile, attesa la sua estrema genericità, posto che non viene spiegato perchØ la ricorrente avrebbe dovuto rispondere di furto e non di rapina, e quale rilevanza potessero avere i denunciati episodi di violenza dei giorni precedenti, indicati anche essi in maniera del tutto generica.
Tutti i ricorsi devono, pertanto, essere dichiarati inammissibili; ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibili i ricorsi, le parti private che li hanno proposti devono essere condannate al pagamento delle spese del procedimento, nonchØ – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di € 3.000,00 così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 25/02/2025
Il Consigliere estensore
NOME COGNOME
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME