Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 30562 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 30562 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 22/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME NOME COGNOME nato Focsani (Romania) il 28/06/1973
inoltre:
COGNOME NOME
COGNOME NOME
COGNOME NOME
COGNOME NOME
avverso la sentenza del 14/11/2024 della Corte di Assise di Appello di Roma
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
udite le conclusioni del Sost. Proc. Gen. NOME COGNOME per l’inammissibilità del ricorso;
sentite le conclusioni dell’avv. NOME COGNOME, in difesa delle parti civili, chiede che il ricorso sia dichiarato inammissibile e deposita conclusioni scritte e nota spese;
sentito l’avv. NOME COGNOME in difesa dell’imputato insiste per l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di Assise di Appello di Roma con sentenza del 14 novembre 2024, in parziale riforma della sentenza della Corte di Assise di Roma del 28 febbraio 2024 ha ridotto la pena ad anni 21 di reclusione e ha confermato nel resto la condanna pronunciata nei confronti di NOME COGNOME in relazione al reato di cui agli artt. 110, 61, n. 2, e 575 cod. pen.
La vicenda in oggetto si riferisce all’omicidio di NOME COGNOME che secondo l’imputazione l’attuale il ricorrente avrebbe commesso il 15 luglio 2001 in concorso con altri tre soggetti nel corso di una rapina.
Ai quattro autori è contestato di essersi introdotti all’interno del negozio della vittima con una scusa -l’imputato aveva concordato un incontro prospettando la vendita di alcuni oggettie di averla quindi aggredita, legata e poi colpita con dei mattarelli in legno al fine di sottrargl le chiavi dell’abitazione e impossessarsi quindi del denaro e di quanto altro prezioso sarebbe stato rinvenuto.
La vittima per i colpi subiti è deceduta e la successiva rapina nell’abitazione non è stata consumata.
Il ricorrente, nello specifico, oltre ad avere organizzato l’incontro, avrebbe partecipato all’aggressione e, successivamente, lasciato uno dei complici a guardia della persona offesa, avrebbe tentato con gli altri due di introdursi, poi desistendo, nell’abitazione.
Gli autori si sarebbero poi dati alla fuga e, successivamente identificati, sono stati tutti processati e, riconosciute le attenuanti generiche equivalenti all’aggravante del nesso teleologico, condannati per i reati di omicidio, tentata rapina e violazione di domicilio.
NOMECOGNOME all’esito del giudizio abbreviato, è stato condannato dal Giudice per le Indagini Preliminari di Roma alla pena di 14 anni di reclusione.
Gli altri due autori e l’attuale ricorrente, dichiarato latitante, sono stati condannati con l sentenza emessa dalla Corte di assise di Roma in data 15 marzo 2004 alla pena di anni 28 di reclusione.
La sentenza, applicata agli altri due ricorrenti la pena ex art. 599, comma 4, cod. proc. pen. è stata confermata per l’attuale ricorrente.
In data 20 giugno 2018 la Corte di Appello di Perugia, dopo un complesso iter e una serie di ricorsi conclusi con la sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo del 1° settembre 2016, ha accolto l’istanza di revisione proposta da COGNOME e ha dichiarato la nullità del decreto di latitanza emesso dal giudice per le indagini preliminari di Roma e la nullità di tutti gli atti successivi e delle sentenze di condanna e ha disposto la restituzione degli atti al pubblico ministero presso il Tribunale di Roma.
NOME COGNOME è stato quindi rinviato a giudizio e nuovamente processato per i medesimi fatti.
All’esito del giudizio di primo grado la Corte di Assise di Roma ha dichiarato prescritti i reati di cui agli artt. 114 cod. pen. e 56 e 628 cod. pen. e, esclusa la circostanza aggravante di cui agli artt. 61 n. 1 e 577, comma 1, n. 3, cod. pen. e la recidiva, concesse le circostanze attenuanti generiche equivalenti all’aggravante di cui all’art. 61, n. 2, cod. pen., ha condannato l’imputato alla pena di anni 24 di reclusione.
Nello specifico la Corte di primo grado ha ritenuto non fondata la tesi difensiva del ricorrente per cui lo stesso avrebbe avuto intenzione di commettere esclusivamente una truffa in danno della vittima e che si era allontanato allorché gli altri l’hanno colpita con mattarelli e che sarebbe quindi tornato solo in un secondo momento, chiamato dagli altri, con i quali avrebbe poi tentato di entrare nell’abitazione.
Avverso la sentenza di primo grado ha proposto appello l’imputato chiedendo di essere assolto per non avere commesso il fatto, il riconoscimento, al più, dell’ipotesi di cui all’art 116 cod. pen., la riqualificazione del fatto quale omicidio preterintenzionale, l’esclusione della circostanza aggravante del nesso teleologico e, da ultimo, il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza e comunque la riduzione della pena.
La Corte di assise di appello, ritenuta la responsabilità dell’imputato e infondati gli altri motivi, ha accolto la doglianza sollevata in ordine al trattamento sanzionatorio a ha ridotto la pena ad anni 21 di reclusione.
Avverso la sentenza di appello ha presentato ricorso l’imputato che, a mezzo del difensore, ha dedotto i seguenti motivi.
4.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza dell’elemento soggettivo del reato in capo all’imputato con riferimento al “concorso plurisoggettivo eventuale nel delitto contestato, ovvero della sussistenza del concorso
anomalo nel reato”. Nel primo articolato motivo la difesa rileva che le conclusioni cui è pervenuta la Corte territoriale sarebbero errate in quanto fondate su di una lettura parziale degli elementi emersi e sul travisamento delle dichiarazioni rese anche dagli altri autori del reato. A ben vedere, infatti, la circostanza che il ricorrente fosse presente nel negozio mentre la vittima veniva colpita non sarebbe certa ogni oltre ragionevole dubbio così che la versione fornita dallo stesso, cioè che voleva soltanto truffare la persona offesa e che la condotta violenta è stata commessa a sua insaputa dagli altri, risulterebbe plausibile e comunque idonea a confutare la fondatezza della tesi dell’accusa. Sotto altro profilo, poi, sarebbe errata la conclusione in ordine alla ritenuta sussistenza del dolo di omicidio, anche sub specie dolo eventuale, che sarebbe stato ricavato solo dalle modalità dell’azione, cioè dal fatto che sono stati utilizzati due mattarelli.
4.2. Vizio di motivazione con riferimento al giudizio di bilanciamento in quanto i giudici di merito non avrebbero adeguatamente considerato la personalità dell’imputato e il tempo trascorso dai fatti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato nei termini che seguono.
Nel primo motivo di ricorso la difesa, prendendo le mosse dalla critica alla ricostruzione contenuta nelle sentenze di merito, pone due distinte ma collegate questioni in ordine alla ritenuta sussistenza dell’elemento psicologico in relazione alla responsabilità del ricorrente a titolo di concorso nel reato di omicidio e, in subordine, quanto alla configurabilità dell’ipotesi di cui all’art. 116 cod. pen.
Le doglianze sono fondate nei limiti di seguito indicati.
2.1. L’art. 110 cod. pen. stabilisce che ciascuna delle persone che concorre nella commissione di un reato soggiace alla pena per questo stabilita.
Il legislatore, con il termine concorrere, ha inteso fare riferimento a qualsiasi contributo, morale o materiale, che, inserendosi anche solo in un segmento nell’azione complessiva, pure in una fase preparatoria, sia idoneo a causare o agevolare il risultato ovvero a determinare o rafforzare, in qualunque modo, la volontà collettiva di raggiungerlo.
Tale tipo di azione, infatti, può essere caratterizzata tanto da una convergenza di attività materiali che da un fenomeno di reciproco rafforzamento psichico che si realizza tra i soggetti coinvolti, sia con la predisposizione di un programma comune che partecipando a singole frazioni esecutive della deliberazione che vanno al di là del tradizionale rapporto di ‘dipendenza psichica’ inquadrabile nella – sola – relazione che intercorre tra il ‘mandante’ e l’esecutore materiale (Sez. 1, n. 6237 del 15/09/2021, dep. 2022, COGNOME‘Aquila, Rv. 282620 01).
In una corretta prospettiva interpretativa si deve ritenere che il contributo psichico, al di là delle tradizionali ipotesi dell’istigatore o del mandante, per essere punibile ai sensi dell’ar 110 cod. pen., deve comunque essere espressivo di condivisione rispetto all’evento preso di mira e deve – in qualsiasi modo – risultare idoneo a realizzare una semplificazione o una agevolazione, in sede progettuale o esecutiva, dell’azione collettiva, pure potendo essere le forme espressive della agevolazione sia meramente verbali che accompagnarsi a manifestazioni esteriori di condotte, evidentemente diverse da quella tipica (ancora da ultimo Sez. 1, n. 6237 del 15/09/2021, dep. 2022, Dell’Aquila, Rv. 282620 – 01; cfr. anche Sez. U, n. 31 del 22/11/2000, dep. 2001, COGNOME, Rv. 218525 – 01 per le quali: <>).
In tema di concorso, d’altro canto, la distinzione tra connivenza non punibile e concorso nel delitto, va individuata nel fatto che la prima, che è la scienza che altri sta per commettere o commetta un reato, come tale, postulando che l’agente mantenga un comportamento meramente passivo, non basta a dar vita a una forma di concorso, laddove la condotta di partecipazione si manifesta, invece, in un comportamento che fornisce un contributo alla realizzazione del delitto, sia pure mediante il rafforzamento del proposito criminoso degli altri compartecipi o l’agevolazione dell’opera degli altri concorrenti o che l’agente, per effetto della sua condotta idonea a facilitarne l’esecuzione, abbia aumentato la possibilità della sua produzione (Sez. 1, n. 16310 del 16/12&2021, dep. 2022, COGNOME, n.m. Sez. 1, n. 40248 del 26/09/2012, COGNOME, Rv. 254735 – 01; Sez. 1, n. 8193 del 06/07/1987, dep. 1988, COGNOME, Rv. 178884 – 01).
2.2. A fronte della circostanza che il contributo causale del concorrente morale può manifestarsi attraverso forme differenziate e atipiche della condotta criminosa, inoltre, si deve ribadire che il giudice di merito è tenuto a motivare sulla prova dell’esistenza di una reale partecipazione nella fase ideativa o preparatoria del reato e di precisare in termini specifici e adeguati sotto quale forma essa si sia manifestata e quale sia il rapporto di causalità efficiente con le attività poste in essere dagli altri concorrenti, non potendosi evidentemente confondere l’atipicità della condotta criminosa concorsuale, pur prevista dall’art. 110 cod. pen., con l’indifferenza probatoria circa le forme concrete del suo manifestarsi nella realtà (così pressoché testualmente Sez. U, n. 45276 del 30/10/2003, COGNOME, Rv. 226101 – 01).
2.3. In ordine al criterio da utilizzare per individuare l’elemento psicologico e al rilievo da attribuire alla natura, eventualmente diversa, di quello dei singoli concorrenti nel reato si sono da ultimo espresse le Sezioni Unite di questa Corte che, richiamata la teoria monistica del reato di concorso, hanno ribadito che si deve fare esclusivo riferimento al dolo dell’esecutore materiale e che l’unica distinzione che può essere operata circa l’elemento soggettivo dei diversi autori è quella prevista per il concorrente anomalo che, in questo caso, risponde del reato a titolo di colpa (Sez. U, n. 27727 del 14/12/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 286581 – 01).
Pure a fronte della differenza dei contributi forniti, infatti, il reato commesso è comunque il medesimo per cui non è ipotizzabile che al fatto sia attribuita una diversa qualificazione giuridica in conseguenza della diversa natura del dolo che ha mosso i singoli concorrenti (cfr. Sez. 6, n. 6214 del 05/12/2011, dep. 2012, COGNOME, Rv. 252405 – 01 e, benché risalente, Sez. 1, n. 9273 del 28/06/1995, COGNOME, Rv. 202419 – 01).
Ciò in quanto qualora due o più persone si accordino allo scopo di commettere un reato, rispondono tutte di quest’ultimo (art. 110 cod. pen.) perché da ciascuno “voluto” e quindi investito da dolo, pur con possibile diverso grado di intensità e di partecipazione causale sì da potersi distinguere tra chi ha promosso od organizzato la cooperazione nel reato, ovvero diretto l’attività delle persone che sono concorse nel reato medesimo (nel qual caso la pena è aumentata: ad. 112, primo comma, numero 2, cod. pen.) e chi invece abbia avuto minima importanza nella preparazione o nell’esecuzione del reato (ciò che comporta che la pena è diminuita: ad. 114, primo comma, cod. pen.).
In generale, pertanto, si deve ribadire che i parametrati di riferimento in ordine
all’incidenza dell’elemento psicologico vanno individuati facendo riferimento all’art. 116 cod. pen. poiché «la linea di demarcazione tra il concorso di persorìe di cui all’art. 110 cod. pen. e quello di cui all’art. 116 cod. pen. è sostanzialmente determinata dalla prevedibilità del più grave evento verificatosi, tanto che la responsabilità per concorso anomalo in reato più grave e diverso da quello concordato resta esclusa soltanto se l’evento maggiore derivatone costituisca un evento atipico cagionato da circostanze eccezionali e del tutto imprevedibili, le quali spezzino il nesso di causalità in modo che l’evento non sia ricollegabile in alcun modo alla condotta ed alla volizione del compartecipe. Ne deriva che necessitano due condizioni negative, e cioè, da un lato, che l’evento diverso non sia stato voluto nemmeno sotto il profilo del dolo alternativo o eventuale, perché altrimenti sussisterebbe la responsabilità di cui all’art. 110 c.p., e, dall’altro, che l’evento più grave concretamente realizzato non sia conseguenza di fattori eccezionali, sopravvenuti, meramente occasionali e non ricollegabili eziologicamente alla condotta criminosa di base» (Sez. 1, n. 44579 del 11/09/2018, B., Rv. 273977 -01; Sez. 6, n. 6214 del 05/12/2011, dep. 2012, COGNOME, Rv. 252405 – 01;Sez. 1, Sentenza n. 4330 del 15/11/2011, dep. 2012, COGNOME, Rv. 251849 – 01).
2.4. Come da ultimo ribadito dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 55 del 2021 la fattispecie prevista dall’art. 116 cod. pen. regola una peculiare quanto eccezionale forma di responsabilità penale la cui tenuta costituzionale è assicurata, da una parte, dall’interpretazione adeguatrice accolta fin dalla sentenza Corte cost. n. 42 del 1965 dalla giurisprudenza di legittimità e, dall’altra, dalla previsione dell’attenuante stabilita nel secondo comma dell’art. 116 cod. pen., che ha una funzione di necessario riequilibrio del trattamento sanzionatorio.
In tal modo, infatti, la previsione del primo comma -per cui è sufficiente il solo nesso di causalità materiale e che ogni concorrente risponde del reato «diverso da quello voluto», e quindi in realtà “non voluto”, perché ha voluto il reato oggetto dell’accordo e il reato diverso da quello voluto è conseguenza della sua azione od omissione- è temperata dal fatto «che pur mancando il dolo (anzi dovendo escludersi che esso ricorra anche nella forma del dolo eventuale), è comunque però necessaria la presenza anche di un elemento soggettivo, ossia «un coefficiente di partecipazione anche psichica»: occorre, in altre parole, che «il reato diverso o più grave commesso dal concorrente debba potere rappresentarsi alla psiche dell’agente, nell’ordinario svolgersi e concatenarsi dei fatti umani, come uno sviluppo logicamente prevedibile di quello voluto, affermandosi in tal modo la necessaria presenza anche di un coefficiente di colpevolezza» (sentenza n. 42 del 1965)» (così Corte cost. n. 55 del 2021).
Ciò anche e soprattutto considerato che la giurisprudenza di legittimità ha comunque evidenziato che si tratta di una prevedibilità in concreto e che, quindi, si deve tenere conto di tutte le peculiarità del caso di specie così che «il correo è responsabile per il fatto-reato non voluto, perché avrebbe dovuto prevedere che l’attuazione dell’accordo delittuoso sarebbe potuta sfociare in un reato diverso; mentre – può aggiungersi – la previsione, da parte del correo, dell’evento diverso, con accettazione del rischio che si verifichi, ridonda in dolo eventuale e quindi in responsabilità piena, non diminuita dall’attenuante in esame (Corte di cassazione, sezione prima penale, sentenza 28 giugno-30 agosto 1995, n. 9273)» (sempre Corte cost. n. 55 del 2021 alla quale si rinvia per ogni ulteriore e specifica considerazione anche in merito al trattamento sanzionatorio nel senso che «la scelta del legislatore di sanzionare con la pena prevista per un delitto doloso il reo, al quale viene mosso un rimprovero di colpa, trova un bilanciamento proprio nella previsione di cui all’art. 116, secondo comma, cod. pen., secondo cui la pena è diminuita»).
2.5. Nel caso di specie la Corte territoriale, dando compiuto conto degli elementi sui quali si fonda la conclusione in ordine agli accordi intercorsi tra i soggetti coinvolti nell commissione dei reati e alla preordinazione dei mezzi necessari a commetterli, ha dato compiuto ed esauriente atto della partecipazione dell’attuale ricorrente all’azione complessivamente posta in essere e si è pertanto conformata ai principi indicati in merito agli artt. 110, e 116, comma primo, cod. pen.
Sotto tale profilo, infatti, il riferimento alla condotta da questo tenuta (ha contattato l vittima per organizzare l’incontro, gli ha consegnato la lista dei prodotti da vendere e ha così consentito l’ingresso nel negozio dei complici) appare coerente alla conclusione per cui l’imputato ha fornito un contributo alla commissione dell’omicidio e che questo, in assenza di fattori eccezionali, sopravvenuti, meramente occasionali e non ricollegabili eziologicamente alla condotta criminosa di base, sia conseguentemente attribuibile anche al ricorrente a titolo di concorso.
Ciò anche considerato, d’altro canto, che sul punto non risultano avere alcun rilievo decisivo le critiche alla motivazione in ordine alla valutazione effettuata dai giudici di merito delle dichiarazioni rese dai correi e degli ulteriori elementi emersi quanto alla qualificazione giuridica (rapina o truffa) del reato originariamente concordato.
Ragioni queste per le quali le censure relative all’affermazione di responsabilità sono infondate e devono pertanto essere rigettate.
2.6. A diverse conclusioni si deve pervenire in ordine alla mancata applicazione del c.d. concorso anomalo.
Con riferimento a tale ipotesi la motivazione della sentenza impugnata è carente in quanto il giudice di secondo grado, omettendo di confrontarsi in termini compiuti con le ragioni esposte alla base dell’impugnazione allora proposta, non ha fornito una specifica e coerente risposta ai puntuali motivi di appello proposti dalla difesa sul punto.
A fronte della parte contenuta nella pronuncia di primo grado -la cui conclusione in termini di inapplicabilità dell’attenuante invocata si fondava sulla ritenuta presenza del ricorrente all’interno del negozio mentre la vittima veniva colpita con i mattarelli e, conseguentemente, sulla diretta partecipazione dello stesso alla condotta materiale tipica- e degli argomenti evidenziati nell’appello -teso a evidenziare gli elementi dai quali emergerebbe che l’imputato si era allontanato e che non era per lui prevedibile che i concorrenti avrebbero usato violenza nei confronti della vittima del reato contro il patrimonio concordato- la motivazione, infatti, risulta apodittica.
Ciò in quanto il riferimento al fatto che il reato concordato era una rapina e non una truffa e la mera affermazione che il ricorrente era presente durante l’azione omicidiaria, ovvero che ciò sarebbe nella sostanza irrilevante, non danno adeguato conto della scelta in concreto effettuata dal giudice quanto alle modalità di esecuzione dell’omicidio e, conseguentemente, circa la prevedibilità o meno dell’evento morte da parte del ricorrente e, pertanto, in ordine alla natura dell’elemento psicologico a questo attribuibile, cioè se il reato sia allo stesso ascrivibile a titolo di dolo (quale che questo sia) ovvero a titolo di colpa, cu eventualmente seguirebbe l’applicazione dell’attenuante di cui all’art. 116, secondo comma, cod. pen.
Il vizio di motivazione rilevato impone l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente a tale punto con rinvio affinché la Corte di Assise di appello di Roma, conformandosi ai principi indicati e libera nell’esito, proceda a un nuovo giudizio sul punto.
3. Il secondo motivo, relativo al giudizio di bilanciamento delle circostanze e al trattamento sanzionatorio, logicamente connesso al punto oggetto di annullamento, è
assorbito.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente all’art. 116 cod. pen., con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di assise di appello di Roma. Rigetta
nel resto il ricorso.
Così è deciso, 22/05/2025
Il Consigliere estensore
MARC•
GIU
•
7 i i GLYPH
e
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Prima Sezione Penale Deposìtata in Cancelleria oggi Roma, GLYPH i 1 SET. 7025
NOME