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Concorso anomalo e tentato omicidio: la Cassazione

La Corte di Cassazione conferma la condanna per tentato omicidio a carico di un soggetto che, pur non avendo sferrato materialmente la coltellata, aveva partecipato all’aggressione iniziale. La sentenza analizza il principio del concorso anomalo (art. 116 c.p.), stabilendo che la partecipazione all’azione violenta rende responsabili anche dell’esito più grave, se prevedibile. Vengono confermate anche le aggravanti dei futili motivi e del concorso con un minore.

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Pubblicato il 9 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concorso anomalo in tentato omicidio: quando si risponde per il complice?

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 44256/2024, offre un’importante lezione sul concorso anomalo e sulla responsabilità penale che ne deriva. Il caso analizzato riguarda un tentato omicidio in cui l’imputato, pur non essendo l’esecutore materiale dell’accoltellamento, è stato ritenuto responsabile a titolo di concorso. Questa decisione chiarisce i confini della prevedibilità dell’evento più grave e il ruolo delle aggravanti, come i futili motivi e il coinvolgimento di un minore.

I Fatti: Dal Furto di una Coperta al Tentato Omicidio

La vicenda ha origine da un evento apparentemente banale: il furto di una coperta da uno stendino. Questo gesto, compiuto da un giovane senza fissa dimora per ripararsi dal freddo, scatena la reazione violenta del nipote minorenne della proprietaria e di un suo amico maggiorenne. I due, a bordo di uno scooter, rintracciano il presunto ladro e lo aggrediscono. Durante la colluttazione, il minore estrae un’arma da taglio e colpisce la vittima nella regione toracica, a pochi centimetri dal cuore, causandogli una grave emorragia e mettendolo in pericolo di vita.

Il Percorso Giudiziario: Dalla Condanna alla Riforma in Appello

In primo grado, il concorrente maggiorenne viene condannato per tentato omicidio in concorso e porto abusivo d’arma. La Corte d’Appello, tuttavia, riforma parzialmente la sentenza: lo assolve dal reato relativo all’arma (commesso materialmente solo dal minore) e, soprattutto, riconosce l’ipotesi del concorso anomalo prevista dall’art. 116 del codice penale. Secondo i giudici d’appello, l’accoltellamento non era stato concordato, ma rappresentava un’iniziativa estemporanea del minore. Ciononostante, il maggiorenne viene comunque ritenuto responsabile del tentato omicidio, in quanto lo sviluppo più grave era uno scenario prevedibile data la violenza dell’aggressione pianificata. La pena viene così ridotta, tenendo conto delle attenuanti.

I Motivi del Ricorso in Cassazione sul concorso anomalo

La difesa presenta ricorso in Cassazione, articolando due principali doglianze:
1. Errata configurazione del tentato omicidio: Si sostiene che l’imputato non avesse partecipato all’accoltellamento, atto esclusivo del minore, e che la sua intenzione fosse solo quella di ‘dare una lezione’ alla vittima.
2. Insussistenza delle aggravanti: Si contesta l’aggravante dei futili motivi, legata al furto della coperta, e quella dell’aver determinato un minore a commettere il reato.

Le motivazioni della Corte Suprema

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, confermando la decisione d’appello e fornendo chiarimenti cruciali.

La Responsabilità a Titolo di Concorso Anomalo

Sul punto centrale del concorso anomalo, la Corte ha ribadito un principio fondamentale: chi partecipa a un’aggressione fisica contribuisce causalmente a tutto ciò che ne consegue. Anche se l’imputato non ha materialmente usato il coltello, la sua partecipazione attiva alla violenza fisica, culminata nel ferimento, lo rende corresponsabile. L’accoltellamento, pur essendo un’iniziativa autonoma del complice, non era un evento imprevedibile, ma uno sviluppo possibile e logico di un’aggressione violenta. La Corte ha sottolineato che l’idoneità dell’atto a uccidere (un fendente al torace, vicino al cuore) va valutata ‘ex ante’, cioè in base alle circostanze del momento, e in questo caso era palese.

La Conferma delle Aggravanti

La Cassazione ha confermato anche le aggravanti contestate:
* Futili Motivi: La reazione violenta e potenzialmente letale è stata giudicata assolutamente sproporzionata rispetto alla causa scatenante (il furto di una coperta), configurando il movente come un mero pretesto per uno sfogo di violenza.
* Concorso con il Minore (art. 112 c.p.): L’aggravante scatta per il solo fatto di commettere un reato insieme a un minore, a prescindere dalla capacità di quest’ultimo di resistere a eventuali suggestioni. La ‘ratio’ della norma è quella di sanzionare più severamente il maggiorenne che coinvolge un minore in attività criminali, rafforzandone il proposito delittuoso.

Le conclusioni

Questa sentenza ribadisce con forza che nel concorso anomalo la responsabilità si estende oltre l’intenzione iniziale se l’esito più grave è uno sviluppo prevedibile dell’azione concordata. Partecipare a una rissa o a un’aggressione comporta il rischio di essere ritenuti responsabili anche di un tentato omicidio commesso da un complice. La decisione sottolinea inoltre la severità con cui l’ordinamento valuta la sproporzione tra movente e reato (futili motivi) e la particolare gravità del coinvolgimento di minori in azioni criminali.

Si risponde di tentato omicidio se non si è materialmente sferrato il fendente ma si è partecipato all’aggressione che lo ha preceduto?
Sì. Secondo la Corte, la partecipazione attiva all’aggressione fisica costituisce un contributo causale sufficiente per essere ritenuti responsabili del tentato omicidio commesso dal complice, a titolo di concorso anomalo (art. 116 c.p.), se l’evento più grave era uno sviluppo prevedibile dell’azione violenta iniziale.

Quando un motivo può essere considerato ‘futile’ tanto da aggravare il reato?
Un motivo è considerato ‘futile’ quando esiste una palese sproporzione tra la causa scatenante e la gravità del reato commesso. Nel caso di specie, la reazione violenta e quasi mortale per il furto di una coperta è stata ritenuta talmente esagerata da apparire come un mero pretesto per sfogare un impulso violento, integrando così l’aggravante.

Perché la partecipazione di un minorenne a un reato aggrava la posizione del concorrente maggiorenne?
L’aggravante prevista dall’art. 112, n. 4, c.p. ha lo scopo di sanzionare più duramente il concorrente maggiorenne. La sua funzione è quella di inasprire la pena per l’adulto che commette un reato con un minore, a prescindere dal ruolo specifico svolto da quest’ultimo o dalla sua capacità di resistere a suggestioni, poiché la sua partecipazione rafforza il proposito criminoso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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