Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 15956 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 15956 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 04/04/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: NOME COGNOME nato a NAPOLI il 27/02/1991 NOME COGNOME nato a NAPOLI il 10/05/1971
e3t, avverso la sentenza del 14/10/2024 della CORT)APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto P.G. COGNOME il quale ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi.
udito il difensore
Avv. NOME COGNOME il quale insiste per l’accoglimento dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
COGNOME NOME ed COGNOME NOME, a mezzo del comune difensore di fiducia, ricorrono per Cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma in data 14/10/2024 che, in parziale riforma della sentenza del Gup del Tribunale di Latina, previo assorbimento del reato di truffa in quello di rapina, ha rideterminato per ciascuno degli imputati la pena in ordine ai reati di concorso in rapina aggravata, resistenza e lesioni, ritenendo, quanto al COGNOME il concorso anomalo nella rapina.
In particolare, in fatto è utile premettere che dalla lettura sentenze di merito risulta che la persona offesa, COGNOME di anni 91, riferiva di avere ricevuto una telefonata da parte di un individuo che si era presentato come il figlio NOME, affermando di essere stato appena arrestato e che, al fine di evitare l’esecuzione della misura, la madre doveva consegnare del denaro e dei gioielli in favore di un suo amico che si sarebbe a breve recato presso la sua abitazione. Effettivamente, poco dopo, sopraggiungeva al domicilio dell’anziana donna l’COGNOME che, presentandosi come un amico del figlio dell’anziana coppia, si faceva consegnare una somma di denaro pari a 3.180,00 euro come prezzo per la liberazione del figlio NOME.
In seguito, dopo aver ricevuto il denaro, l’COGNOME avanzava un’ulteriore richiesta di preziosi come corrispettivo per la propria intermediazione. Sebbene in un primo momento la COGNOME avesse consegnato i preziosi, successivamente la donna mostrava un ripensamento – spinta anche dalle perplessità mostrate dal marito – e si rifiutava di consegnare i gioielli. In questo frangente l’Esposit strattonava la donna e, dopo averla sbattuta contro il muro, sottraeva la busta in cui erano riposti i preziosi prelevati dalla donna e si dava alla fuga con l’auto condotta dal Marangio.
Tuttavia, l’autovettura in fuga veniva inseguita da due volanti della PG così che il conducente COGNOME per garantire a sé e al suo complice l’impunità, eludeva l’ordine di fermo e speronava l’autovettura della polizia, procurando agli agenti delle lesioni personali.
Nonostante GLYPH la GLYPH manovra GLYPH elusiva, GLYPH gli GLYPH odierni GLYPH imputati GLYPH venivano tempestivamente bloccati dalle pattuglie e, a seguito di perquisizione personale e veicolare conclusa con esito positivo, venivano identificati e tratti in arresto con l’accusa di truffa, rapina, lesioni e resistenza a pubblico ufficiale.
In relazione alla posizione di COGNOME la difesa affida il ricorso a due motivi.
3.1. Con la prima doglianza, si denuncia, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., la mancanza e la contraddittorietà della motivazione in ordine alla mancata assoluzione del reato di rapina.
Il COGNOME avrebbe, infatti, prestato il proprio contributo causale unicamente in relazione al concordato reato di truffa e alla successiva resistenza a p.u., non potendosi rappresentare, né prevedere, la commissione dell’ulteriore reato più grave di rapina ascrivibile unicamente all’iniziativa del correo; si sottolinea, altresì come il reato di truffa sia ontologicamente diverso da quello di rapina, presupponendo la cooperazione della vittima e, dunque, in questa ottica, non potrebbe essere logicamente prevedibile che degeneri in una rapina, con conseguente esclusione della possibilità di applicare l’art. 116 cod. pen.
3.2. Sempre col primo motivo si lamenta, inoltre, la nullità della sentenza impugnata per il mancato assorbimento del reato di truffa in quello di rapina, come invece è stato deciso per il coimputato COGNOME COGNOME
3.3. In relazione al secondo motivo di ricorso, si denuncia la nullità della sentenza di appello, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., per difetto di motivazione in relazione al mancato riconoscimento dell’attenuante del risarcimento del danno ex art. 62 n. 6 cod. pen., alla mancata esclusione della recidiva e al diniego della prevalenza delle attenuanti generiche, con la conseguenza che la pena avrebbe dovuto essere ulteriormente contenuta ben al di sotto di quanto statuito dalla Corte di Appello.
In relazione invece alla posizione di NOME COGNOME la difesa muove alla sentenza impugnata un’unica censura.
In particolare, si lamenta la violazione dell’art. 606 comma 1, lett. e), cod. proc. pen., in ordine alla mancata riqualificazione del fatto di rapina nella forma tentata.
Si sottolinea, infatti, come l’impossessamento dei beni da parte dell’imputato si sia protratto per un lasso di tempo talmente breve da non poterne disporre uti dominus, dovendo perciò essere inquadrato il fatto storico nella fattispecie del tentativo.
Con requisitoria-memoria del 13 marzo 2025, il Pubblico ministero, nella persona del sostituto P.G. NOME COGNOME ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Ricorso di COGNOME.
1.1. Il primo profilo di doglianza di cui al primo motivo è generico e manifestamente infondato.
Il ricorrente, infatti, si limita a contestare l’affermazione di responsabilità p concorso anomalo del “palo” nella rapina perpetrata dal complice, a fronte di pacifica giurisprudenza della Corte di legittimità secondo cui “l’eventuale uso di violenza o minaccia da parte di uno dei concorrenti nel reato di truffa per assicurare a sé o ad altri il percezione del profitto cui erano destinati gli artifiz raggiri posti in essere, o comunque per guadagnare l’impunità, può essere ritenuto logico e prevedibile sviluppo della condotta finalizzata alla commissione della truffa e, se realizzato, comporta la configurabilità nei confronti dei concorrenti nolenti del concorso anomalo ex art. 116 cod. pen. nel reato di rapina ascrivibile al compartecipe che se ne sia reso materialmente responsabile” (Sez. 2, n. 25915 del 02/03/2018, Bul, Rv. 272944 – 01).
La truffa è infatti caratterizzata da una condotta volta a carpire un bene ad un soggetto, pur se non sottraendoglielo a sua insaputa, come nel furto, ma ottenendone la disponibilità in virtù della precostituzione artificiosa di una realtà apparente, della quale il deceptus ha, peraltro, pur sempre possibilità di accorgersi, anche nell’immediatezza, svelando l’artifizio od avvedendosi del raggiro. Dunque, laddove l’esecutore materiale si renda conto che la vittima si è resa conto dell’inganno, è del tutto logicamente prevedibile che un compartecipe possa trascendere ad atti di violenza o minaccia nei confronti della parte lesa o di terzi, per assicurarsi il profitto della truffa, o comunque guadagnare l’impunità. Depongono nello stesso senso anche le concrete modalità della truffa, alle quali la Corte di merito ha fatto riferimento e con cui il ricorrente omette specificamente di confrontarsi, realizzata presentandosi estemporaneamente presso l’abitazione privata di due anziani ultranovantenni ed introducendosi nella stessa. Il contesto ambientale in cui era programmato lo svolgersi della condotta truffaldina, un appartamento privato, e la concreta possibilità che la successione devolutiva del passaggio del bene alla vittima fosse interrotta dalla richiesta di spiegazioni, rende la rapina impropria logico e prevedibile sviluppo del reato meno grave previamente avuto di mira dai correi.
1.2. Il secondo profilo di censura è inammissibile per carenza di interesse risultando per tabulas contrariamente a quanto dedotto – che l’assorbimento del reato di truffa in quello di rapina è stato ritenuto anche per il Marangio, per come si ricava dalla lettura della sentenza impugnata, la quale espressamente
afferma che “i/ reato di truffa deve ritenersi assorbito in quello di rapina come chiesto per l’COGNOME, con effetto estensivo dell’accoglimento del motivo di appello per il COGNOME“, facendone conseguire l’eliminazione dell’aumento di pena che il primo giudice aveva apportato a titolo di concorso materiale per il delitto di truffa.
2. Il secondo motivo è manifestamente infondato.
In primo luogo, non è possibile estendere l’applicazione dell’art. 62 n. 6 cod. pen. anche al coimputato che non abbia provveduto al risarcimento del danno poiché si tratta di una circostanza avente natura soggettiva. In particolare, le Sezioni Unite hanno da tempo affermato il principio secondo cui la riparazione effettuata da un concorrente non può giovare automaticamente anche agli altri sulla base dell’esegesi dell’art. 62 n. 6 prima parte cod. pen., ritenendo inapplicabile la disciplina enunciata dall’art. 118 cod. pen. in base al fatto che l’attenuante opera in un momento successivo alla consumazione del reato collettivo, quando, essendosi dissolto il concorso, le regole ad esso dedicate non possono più trovare applicazione (Sez. U., n. 5941 del 22/01/2009, COGNOME, Rv. 242215-01).
Nel caso di specie, non sembra nemmeno che il COGNOME abbia mai manifestato l’intenzione di riparare in un momento successivo il danno, né di voler rimborsare per la sua parte il coimputato COGNOME.
In secondo luogo, quanto alla recidiva, vi è carenza di interesse non risultando essere stato applicato alcun aumento in forza di tale circostanza aggravante, peraltro già esclusa dal primo giudice.
3. Ricorso di COGNOME NOME.
3.1. Il motivo dedotto è manifestamente infondato.
Sul punto, va ribadito il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui “il reato di rapina si consuma nel momento e nel luogo in cui si verificano l’ingiusto profitto e l’altrui danno patrimoniale e questo coincide con l’autonoma disponibilità della refurtiva da parte dell’agente ed il correlativo spossessamento del legittimo detentore. Il fatto che l’impossessamento della cosa sia avvenuto sotto il controllo delle Forze dell’ordine, preventivamente allertate, o comunque appostate, non esclude la consumazione del reato in tutti i casi nei quali queste ultime siano intervenute soltanto dopo il conseguimento – anche se soltanto per un breve lasso di tempo – del possesso della refurtiva da parte del rapinatore” (Sez. 2, n. 5663 del 20/11/2012, dep. 2013, Alexa, Rv. 254691 – 01; Sez. 2, n. 14305 del 14/03/2017, COGNOME, Rv. 269848 – 01).
4 In conclusione, i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili.
Consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila a favore della
Cassa delle ammende, in ragione di profili di inammissibilità rilevati.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso, il 4 aprile 2025.