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Concordato in appello: vale solo l’accordo in udienza

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro una sentenza di concordato in appello. Il ricorrente sosteneva una discrepanza tra l’accordo raggiunto con il PM (che escludeva un’aggravante) e la decisione della Corte d’Appello (che la manteneva). La Cassazione ha stabilito che l’unico accordo valido è quello formalizzato nel verbale di udienza, il quale, essendo un atto pubblico, prevale su qualsiasi intesa privata precedente. Poiché la sentenza era conforme al verbale, il ricorso è stato respinto.

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Pubblicato il 10 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: L’Unico Accordo Valido è Quello Messo a Verbale

Il concordato in appello, noto anche come ‘patteggiamento in appello’, è uno strumento processuale che consente di definire il giudizio di secondo grado attraverso un accordo sulla pena. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 12971/2024) ha ribadito un principio fondamentale: l’unico accordo che ha valore legale è quello formalizzato davanti al giudice e trascritto nel verbale di udienza. Vediamo perché questa precisazione è cruciale.

I Fatti del Caso

Un imputato, tramite il suo difensore, aveva impugnato la sentenza della Corte di Appello che applicava una pena concordata ai sensi dell’art. 599-bis del codice di procedura penale. Il motivo del ricorso si basava su una presunta difformità tra l’accordo raggiunto con la Procura Generale e la decisione finale del giudice.

Secondo il ricorrente, l’intesa prevedeva l’esclusione di un’aggravante specifica (l’uso dell’arma in una rapina, art. 628 c.p.). La Corte di Appello, invece, aveva mantenuto tale aggravante, limitandosi a giudicarla equivalente alle circostanze attenuanti generiche. Questa differenza non era di poco conto: la presenza di quell’aggravante impediva la possibilità di sostituire la pena detentiva con misure alternative, come la detenzione domiciliare, rendendo la condanna concretamente più severa.

L’Accordo Scritto Contro il Verbale di Udienza

Per sostenere la sua tesi, il ricorrente aveva allegato una memoria contenente la proposta di accordo, sottoscritta per adesione dal Procuratore Generale, dove si parlava effettivamente di escludere l’aggravante. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha evidenziato un elemento decisivo: il verbale dell’udienza davanti alla Corte di Appello.

Questo documento, che costituisce un atto pubblico con piena efficacia probatoria, riportava una versione diversa. Nel verbale si leggeva che le parti avevano concordato una pena partendo da una base in cui le attenuanti generiche venivano giudicate “equivalenti alle aggravati”, confermando implicitamente la presenza di queste ultime. Non vi era alcuna menzione dell’esclusione dell’aggravante.

La Forza Probatoria del Verbale di Udienza nel concordato in appello

La Cassazione ha chiarito che qualsiasi intesa raggiunta tra le parti fuori dall’aula, anche se messa per iscritto, ha un valore meramente interlocutorio. L’unico accordo che può essere considerato validamente stipulato è quello rappresentato e formalizzato davanti al giudice. Il verbale di udienza, redatto da un pubblico ufficiale (il Cancelliere), attesta le dichiarazioni rese dalle parti e il contenuto dell’accordo sottoposto al giudice. Di fronte alla forza dimostrativa di questo atto pubblico, ogni altro documento o intesa preliminare perde di efficacia.

Le Motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile perché manifestamente infondato. La motivazione si basa su un principio cardine del diritto processuale: la prevalenza dell’atto pubblico. Il verbale di udienza fa piena prova di quanto avvenuto in presenza del giudice. Poiché la sentenza della Corte di Appello era perfettamente conforme a quanto riportato nel verbale, non sussisteva alcuna difformità tra l’accordo e la decisione. Di conseguenza, il primo motivo di ricorso è stato respinto. Anche il secondo motivo, relativo al diniego della pena sostitutiva, è caduto, in quanto diretta conseguenza del corretto mantenimento dell’aggravante nell’accordo formalizzato in udienza.

Conclusioni

Questa sentenza offre un’importante lezione pratica. Nel contesto del concordato in appello, la massima attenzione deve essere posta al momento della formalizzazione dell’accordo in udienza. È fondamentale che avvocati e procure si assicurino che quanto viene dichiarato e messo a verbale rifletta esattamente e in modo inequivocabile la volontà delle parti. Qualsiasi accordo preliminare, per quanto dettagliato e sottoscritto, non potrà essere opposto al contenuto del verbale di udienza, che rimane l’unica fonte ufficiale e vincolante dell’intesa processuale. La cura e la precisione in questa fase sono essenziali per evitare spiacevoli sorprese e garantire che l’esito del processo sia quello effettivamente concordato.

In un concordato in appello, quale accordo prevale se c’è una differenza tra un’intesa scritta privata e quanto dichiarato in udienza?
Risposta: Prevale sempre e solo l’accordo dichiarato dalle parti davanti al giudice e trascritto nel verbale di udienza. Secondo la sentenza, il verbale è un atto pubblico con piena forza probatoria che prevale su qualsiasi altro documento o accordo preliminare.

È possibile fare ricorso in Cassazione contro una sentenza di concordato in appello?
Risposta: Sì, la sentenza conferma che il ricorso è ammissibile, ma solo per motivi specifici, come quelli relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato o al contenuto difforme della pronuncia del giudice rispetto all’accordo. Non sono ammesse doglianze su motivi a cui si è rinunciato.

Perché il riconoscimento di un’aggravante era così importante per l’imputato in questo caso?
Risposta: Il mantenimento dell’aggravante dell’uso dell’arma, come previsto da specifiche norme (art. 4 bis della Legge n. 345/1975), ostacolava la richiesta di sostituzione della pena detentiva con la detenzione domiciliare. L’esclusione dell’aggravante avrebbe quindi aperto la strada a una modalità di esecuzione della pena meno afflittiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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