Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 12971 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 12971 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 31/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME il DATA_NASCITA a FRASCATI
avverso la sentenza in data 10/05/2023 della CORTE DI APPELLO DI ROMA;
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale NOME, che ha concluso per l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, con restituzione degli atti;
sentito l’AVV_NOTAIO, che ha illustrato i motivi del ricorso e ne ha chiesto l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
COGNOME NOME, per il tramite del proprio difensore, impugna la sentenza in data 10/05/2023 della Corte di appello di Roma, che ha applicato la pena concordata dalle parti ai sensi dell’art. 599-bis cod. proc. pen..
Deduce:
Violazione dell’art. 599-bis cod. proc. pen. per la difformità tra i concordato concluso dalle parti e la decisione. Vizio nella forma2:ione della volontà.
Il ricorrente premette che l’accordo raqgiunto con il Procuratore generale prevedeva l’esclusione dell’aggravante di cui all’art. 628, connrria terzo, n. 1, cod. pen. e il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche equivalenti alla contestata recidiva, con pena base ex art. 628, comma primo, cod. pen. pari ad anni cinque di reclusione ed C 927,00 di multa, ridotta di un terzo per la scelta del
1 COGNOME
rito ad anni tre di reclusione ed euro 618,00 di multa.
Si duole, dunque, del fatto che la Corte di appello, pur non mutando la pena finale, ha seguito un diverso percorso rispetto a quello concordato dalle parti, ritenendo l’equivalenza delle circostanze attenuanti generiche sia sull’aggravante dell’arma -invece esclusa nell’accordo- sia sulla recidiva.
Rimarca come il riconoscimento dell’aggravante di cui all’art. 628, comma terzo, n. 1, cod. pen. sia pregiudizievole in relazione alle modalità di esecuzione della pena.
Violazione dell’art. 20-bis cod. pen. e degli artt. 58 e 59 della legge n. 689 del 1981 e vizio di motivazione.
Il secondo motivo è strettamente collegato al primo in quanto il ricorrente fa presente che il mantenimento dell’aggravante dell’uso dell’arma ha comportato il rigetto della richiesta di sostituzione della pena detentiva con la detenzione domiciliare, ostandovi l’art. 4 bis della Legge n. 345/1975.
Aggiunge che la sanzione sostitutiva è stata comunque negata con motivazione illogica, in quanto evidenziava che COGNOME si trovava in carcere e senza considerare che il G.u.p. di Latina aveva concesso gli arresti domiciliari in ragione dello stato di salute e del programma terapeutico seguito dall’imputato,
CONSIDERATO :IEN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato.
1.1. Va premesso che in tema di concordato in appello, è ammissibile il ricorso in cassazione avverso la sentenza emessa ex art. 599-bis cod. proc. pen. che deduca motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato, al consenso del pubblico ministero sulla richiesta ed al contenuto difforme della pronuncia del giudice, mentre sono inammissibili le doglianze relative a motivi rinunciati, alla mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. ed, altresì, a vizi attinenti alla determinazione della pena che non si siano trasfusi nella illegalità della sanzione inflitta, in quanto no rientrante nei limiti edittali ovvero diversa dalla quella prevista dalla legge. (Sez. – , Sentenza n. 944 del 23/10/2019 Cc., dep. il 2020, M., Rv. 278170 – 01).
In effetti, nel caso in esame, il ricorrente lamenta la difformità tra quanto concordato dalle parti e quanto ritenuto in sentenza, così che il motivo rientra nel perimetro delle questioni per cui è prevista la possibilità di presentare ricorso per cassazione avverso una sentenza pronunciata ai sensi dell’art. 599-bis cod. procpen..
Fatta questa premessa, va comunque rilevata l’inammissibilità del ricorso, perché smentito nella sua pre-condizione fattuale, ossia in relazione ai contenuti dell’accordo perfezioNOME dalle parti.
A tale proposito, il ricorrente assume che nell’accordo era prevista
l’esclusione dell’aggravante di cui all’art. 628, comma terzo, n. 1, cod. pen..
In realtà, nel verbale dell’udienza del 10/05/2024, si legge quanto segue: «preliminarmente, le parti concordemente dichiarano di rinunciare ai motivi di appello nei seguenti termini: muovendo da una pena base di anni cinque di reclusione ed euro 960,00 di multa, con le già accordate generiche giudicate equivalenti alle aggravati, ridotta per il rito ad anni 3 e mesi 4 di reclusione ed euro 640,00 di multa».
Da tale lettura emerge che nell’accordo -diversamente da quanto affermato con il ricorso- non era prevista l’esclusione dell’aggravante di cui all’art. 628 comma 3, n. 1, cod. pen., la cui configurabilità veniva -invece- confermata, sia pure con giudizio di equivalenza rispetto alle circostanze attenuanti generiche.
Va precisato che il ricorrente -a dimostrazione delle proprie ragioni- ha allegato al ricorso una memoria contenente una proposta di corcordato sottoposta all’attenzione del procuratore generale e da questo riscontrata fuori udienza con sottoscrizione in adesione alla proposta medesima.
In effetti, in tale memoria la proposta di concordato veniva espressa nei termini indicati ne ricorso, ossia nel senso di escludere l’aggravante di cui all’art. 628, comma terzo, n. 1, cod. pen..
Tanto non vale tuttavia a far ritenere la fondatezza dell’assunto difensivo, atteso che l’unico concordato che può ritenersi validamente stipulato è solo quello rappresentato davanti al giudice, così come descritto nel verbale da udienza, dovendosi ritenere che sia quello preso in considerazione dalla Corte di appello al fine della sua accoglibilità, con conseguente pronuncia della sentenza ai sensi dell’art. 599-bis cod. proc. pen..
Va considerato, infatti, che il verbale di udienza è un atto pubblico, con la cui redazione il Cancelliere, nella sua veste di pubblico ufficiale e nella pienezza dei suoi poteri certificatori, attesta -tra l’altro- le dichiarazioni rese dalle parti, ivi comp il contenuto del concordato sottoposto all’attenzione del giudice, così che ogni altro documento recede di fronte alla forza dimostrativa dell’atto pubblico.
Da ciò discende che, nel caso in esame, la sentenza è esattamente conforme alla volontà espressa dalle parti, così come raccolta nel verbale di udienza, con la conseguenza che il motivo d’impugnazione è manifestamente infondato.
Il secondo motivo d’impugnazione è strettamente connesso al primo, visto che il ricorrente sostiene che la Corte di appello ha negato la pena sostitutiva per avere erroneamente riconosciuto l’aggravante di cui all’art. 628, comma terzo, n. 1, cod. pen..
Come visto, invece, la Corte di appello ha correttamente ritenuto l’aggravante di che trattasi, con la conseguenza che anche il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Le ulteriori obiezioni circa l’illogicità della motivazione rimangono assorbite.
Quanto esposto porta alla declaratoria cli inammissibilità dell’impugnazione, cui segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativannente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.14.411.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 31 gennaio 2024 Il Consigliere estensore COGNOME
La Presidente