Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 7043 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 7043 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME nato a Catania il 02/12/1972 avverso la sentenza del 22/04/2024 della Corte di appello di Catania; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dalla consigliera NOME COGNOME lette le conclusioni rassegnate ex art. 23, comma 8, del decreto legge n. 137 del 2020 dal Pubblico Ministero, in persona del Procuratore generale, NOME
COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza dell’Il dicembre 2018 del giudice dell’udienza preliminare presso il Tribunale di Catania NOME NOME COGNOME all’esito del giudizio abbreviato, è stato condannato, con la sola riduzione per la scelta del rito, alla pena di anni uno e mesi quattro di reclusione ed euro 4.000,00 di multa in quanto ritenuto colpevole del reato in rubrica ascrittogli di detenzione di sostanza stupefacente di cui all’art 73 d.P.R. n. 309/90.
Con sentenza del 22 aprile 2024 della Corte di appello di Catania in riforma della sentenza del Tribunale, previa riqualificazione del fatto in quello previsto dall’art 73, comma 5, d.P.R. n. 309/90, ha rideterminato la pena da irrogare all’imputato in anni uno di reclusione ed C 1.000,00 di multa, già ridotta per la scelta del rito.
COGNOME ha proposto, a mezzo di difensore di fiducia, tempestivo ricorso invocando l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata affidandosi ad un unico motivo con cui lamenta violazione dell’art. 606, comma 1, lett b), c) ed e) cod proc pen per non aver dato atto la Corte di appello della richiesta di concordato ex art. 599 bis cod proc pen. formulata dalla difesa il 19 aprile 2024 -con rinuncia a tutti motivi di appello (del 20 marzo 2019) tranne quello sulla mitigazione del trattamento sanzionatorio, e in ordine alla quale il procuratore generale presso quella Corte di appello aveva espresso, in pari data, parere favorevole sicchè sempre il 19 aprile 2024 l’atto era stato trasmesso alla cancelleria della Corte di appello competente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza dell’Il dicembre 2018 del giudice dell’udienza preliminare presso il Tribunale di Catania NOME NOME COGNOME all’esito del giudizio abbreviato, è stato condannato, con la sola riduzione per la scelta del rito, alla pena di anni uno e mesi quattro di reclusione ed euro 4.000,00 di multa in quanto ritenuto colpevole del reato in rubrica ascrittogli di detenzione di sostanza stupefacente di cui all’art 73 d.P.R. n. 309/90.
Con sentenza del 22 aprile 2024 della Corte di appello di Catania in riforma della sentenza del Tribunale, previa riqualificazione del fatto in quello previsto dall’art
73, comma 5, d.P.R. n. 309/90, ha rideterminato la pena da irrogare all’imputato in anni uno di reclusione ed € 1.000,00 di multa, già ridotta per la scelta del rito. Nella parte relativa allo svolgimento del processo la Corte di Catania riassume i motivi di appello (con invocazione, in primis, della assoluzione con le formula perché il fatto non sussiste o perché non costituisce reato, riconoscimento dell’ipotesi lieve di cui al comma quinto dell’art. 73 d.P.R. n. 309/90, riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche), quindi dà atto dello svolgimento dell’udienza, con rito cartolare, nel cui ambito il Procuratore generale «rassegnava le conclusioni scritte in atti, regolarmente notificate al Difensore dell’imputato che, nelle sue conclusioni scritte, insisteva nei motivi di impugnazione». In parte motiva si legge della sintetica ma esaustiva ragione del mancato accoglimento dei motivi primo e terzo, e, per converso, di quella a sostegno del riconoscimento dell’ipotesi attenuata di detenzione (attesi il dato ponderale, il tutto sommato contenuto numero di dosi medie droganti ricavabili, modalità e circostanze del fatto denotanti una gestione domestica rudimentale della contestata detenzione).
COGNOME ha proposto, a mezzo di difensore di fiducia, tempestivo ricorso invocando l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata affidandosi ad un unico motivo con cui lamenta violazione dell’art. 606, comma 1, lett b), c) ed e) cod proc pen per non aver dato atto la Corte di appello della richiesta di concordato ex art. 599 bis cod proc pen. formulata dalla difesa il 19 aprile 2024 -con rinuncia a tutti motivi di appello (del 20 marzo 2019) tranne quello sulla mitigazione del trattamento sanzionatorio, e in ordine alla quale il procuratore generale presso quella Corte di appello aveva espresso, in pari data, parere favorevole sicché sempre il 19 aprile 2024 l’atto era stato trasmesso alla cancelleria della Corte di appello competente.
La difesa allega al ricorso i già spiegati motivi di appello, la proposta d concordato nei termini riportati in ricorso, del 19 aprile 2024, con il consenso espresso in pari data dal Procuratore generale presso la Corte di appello e la attestazione della avvenuta trasmissione alla Corte di appello il medesimo 19 aprile 2024.
Il tutto per l’udienza fissata per il 22 aprile 2024 e in quella data celebratasi co decisione assunta, come sopra indicato, il medesimo 22 aprile 2024.
Col motivo di ricorso la difesa del ricorrente censura l’omessa valutazione della proposta di concordato in appello.
Si rappresenta che pur non operando, ratione temporis, in ragione delle norme transitorie di proroga del nuovo rito cartolare, la nuova disciplina dell’art. 598-bi
c.p.p. che prevede quale termine previsto a pena di decadenza per la presentazione di istanze siffatte quello di quindici giorni prima dell’udienza definitoria in appello, l’istanza de qua deve, comunque, ritenersi intempestiva, essendo stata depositata il 19 aprile 2024 per l’udienza del 22 aprile successivo, garantendo dunque solo tre giorni liberi in luogo dei richiesti cinque.
Risulta, infatti, violato il termine di cinque giorni anteriori all’udienza prescr dall’art. 23-bis c. 2 del d.l. n. 137 del 2020, termine entro il quale la parte presentò, stando alla sentenza impugnata, conclusioni scritte non contenenti la rinuncia parziale ai motivi e la proposta di rideterminazione della pena.
Ne discende, che la censura deduce l’omessa risposta ad un atto al quale, attesa l’intempestività, la Corte non era tenuta a rispondere, posta la perentorietà dei termini in parola: «Nel rito a trattazione scritta, i termini per il deposito d conclusioni delle parti, pur in mancanza di espressa indicazione, devono ritenersi perentori, essendo imprescindibilmente funzionali a consentire il corretto svilupparsi del contraddittorio, sicché il deposito tardivo esime il giudice dal tenere conto delle conclusioni ai fini della decisione, fermo restando che l’imputato non può limitarsi a lamentare un generico pregiudizio del proprio diritto di difesa, dovendo dedurre un’effettiva incidenza delle conclusioni intempestive rispetto all’esito del giudizio» (Sez. 6, n. 22919 del 2024, Rv. 286664-01)
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Così deciso in Roma, il 9 gennaio 2025
La Cons. est Il Presidente