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Concordato in appello: termini perentori e inamissibilità

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso basato sulla mancata valutazione di una richiesta di concordato in appello, poiché presentata tardivamente. La sentenza sottolinea la natura perentoria dei termini nel rito cartolare, essenziali per garantire il corretto svolgimento del processo e il principio del contraddittorio, anche in assenza di un’esplicita sanzione di decadenza.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in appello: il rispetto dei termini è cruciale

Il concordato in appello, noto anche come ‘patteggiamento in appello’, è uno strumento processuale che consente di definire il giudizio di secondo grado in modo più celere. Tuttavia, una recente sentenza della Corte di Cassazione ci ricorda che la sua efficacia è strettamente legata al rispetto di precisi termini procedurali. Analizziamo insieme questo caso per capire perché una richiesta tardiva può compromettere l’intera strategia difensiva.

I fatti del caso

La vicenda processuale ha origine con una condanna in primo grado emessa dal Tribunale di Catania nel 2018. Un individuo veniva condannato alla pena di un anno e quattro mesi di reclusione e 4.000 euro di multa per detenzione di sostanze stupefacenti.
Successivamente, la Corte di Appello di Catania, nel 2024, in parziale riforma della prima sentenza, riqualificava il reato in un’ipotesi di minore gravità (fatto di lieve entità) e riduceva la pena a un anno di reclusione e 1.000 euro di multa. Contro questa decisione, la difesa proponeva ricorso per Cassazione.

Il motivo del ricorso: il concordato in appello ignorato

Il nodo centrale del ricorso alla Suprema Corte era di natura puramente procedurale. La difesa lamentava che la Corte di Appello non avesse tenuto conto di una richiesta di concordato in appello formulata ai sensi dell’art. 599-bis del codice di procedura penale.
Nello specifico, la difesa aveva depositato tale richiesta il 19 aprile 2024, in vista dell’udienza fissata per il 22 aprile 2024. La proposta, che aveva ricevuto parere favorevole dal Procuratore generale, prevedeva la rinuncia a quasi tutti i motivi di appello in cambio di una mitigazione della pena. Nonostante l’accordo tra le parti, la Corte di Appello aveva deciso la causa senza menzionare né valutare la proposta di concordato.

La decisione della Cassazione sul concordato in appello

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione della Corte di Appello, sebbene per motivi diversi. La Suprema Corte ha ritenuto che la richiesta di concordato in appello fosse stata presentata tardivamente e, di conseguenza, la Corte territoriale non era tenuta a prenderla in considerazione.

Le motivazioni

La Corte ha chiarito un punto fondamentale riguardo ai termini nel cosiddetto ‘rito cartolare’, ovvero il processo che si svolge sulla base di atti scritti. Nel caso di specie, la normativa applicabile (art. 23-bis, comma 2, del d.l. n. 137 del 2020) prevedeva un termine di cinque giorni liberi prima dell’udienza per il deposito delle conclusioni scritte.

La richiesta di concordato, contenente di fatto una rinuncia parziale ai motivi e una nuova proposta sulla pena, era stata depositata solo tre giorni prima dell’udienza (il 19 aprile per l’udienza del 22). Questo ritardo, secondo la Cassazione, ha reso la richiesta ‘intempestiva’.

Il principio espresso è di grande importanza: anche se la legge non prevede esplicitamente la sanzione della ‘decadenza’ per il mancato rispetto di tali termini, essi devono essere considerati perentori. La loro funzione è infatti imprescindibile per consentire il corretto sviluppo del contraddittorio. Il giudice e le altre parti devono avere il tempo materiale per esaminare gli atti e le richieste depositate. Un deposito tardivo esime il giudice dal dovere di tenerne conto ai fini della decisione, senza che la parte possa lamentare una violazione del proprio diritto di difesa.

Le conclusioni

Questa sentenza ribadisce la centralità del rigore formale e del rispetto dei termini nel processo penale. Gli strumenti deflattivi come il concordato in appello, sebbene volti a semplificare e accelerare i tempi della giustizia, non possono essere attivati a discapito delle regole che garantiscono l’ordinato svolgimento del processo e il diritto di tutte le parti a un equo contraddittorio. Per i professionisti del diritto, ciò rappresenta un monito a pianificare con attenzione le strategie difensive, assicurandosi che ogni atto processuale venga compiuto nel rispetto assoluto delle scadenze previste, la cui natura perentoria può essere affermata anche in via interpretativa dalla giurisprudenza.

È possibile presentare una richiesta di concordato in appello in qualsiasi momento prima dell’udienza?
No. La richiesta deve essere presentata nel rispetto dei termini previsti dalla legge. In questo caso, la Cassazione ha ritenuto violato il termine di cinque giorni anteriori all’udienza, stabilito per il deposito delle conclusioni nel rito cartolare, rendendo la richiesta intempestiva.

Quali sono le conseguenze se la richiesta di concordato in appello viene depositata in ritardo?
Se la richiesta è depositata tardivamente (cioè oltre i termini perentori), il giudice non è tenuto a prenderla in considerazione. Di conseguenza, il ricorso basato sulla sua mancata valutazione verrà dichiarato inammissibile.

Perché i termini per depositare gli atti nel rito cartolare sono considerati perentori?
Secondo la Corte, questi termini sono perentori perché sono ‘imprescindibilmente funzionali a consentire il corretto svilupparsi del contraddittorio’. Garantiscono cioè che le parti e il giudice abbiano il tempo necessario per esaminare gli atti e preparare le proprie difese o decisioni, assicurando un processo equo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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