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Concordato in Appello: Stop a Ricorsi Ulteriori

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che, dopo aver ottenuto una rideterminazione della pena tramite un concordato in appello per il reato di riciclaggio, aveva comunque impugnato la sentenza. La Corte ha ribadito che l’accordo sulla pena in appello costituisce una rinuncia tombale a ogni ulteriore motivo di impugnazione, rendendo ogni successivo ricorso non esaminabile nel merito.

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Pubblicato il 30 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: Quando l’Accordo Chiude Definitivamente la Partita

Nel processo penale, la ricerca di una definizione rapida e concordata del giudizio offre diversi strumenti alle parti. Tra questi, il concordato in appello, disciplinato dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta una possibilità strategica per l’imputato. Tuttavia, come chiarito da una recente ordinanza della Corte di Cassazione, questa scelta ha conseguenze definitive e preclude ogni ulteriore tentativo di impugnazione. L’ordinanza in esame sottolinea che accettare un accordo sulla pena significa rinunciare irrevocabilmente a contestare la sentenza, anche per vizi procedurali.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da una condanna per concorso in riciclaggio (artt. 110 e 648-bis c.p.) emessa dal Giudice per l’Udienza Preliminare del Tribunale di Gorizia. In secondo grado, davanti alla Corte di Appello di Trieste, la difesa dell’imputato raggiungeva un accordo con la Procura Generale. In virtù di questo concordato in appello, la Corte territoriale riformava la sentenza di primo grado, rideterminando la pena in senso più favorevole all’imputato, conformemente alla richiesta congiunta delle parti.

Nonostante l’accordo raggiunto e il beneficio ottenuto, l’imputato decideva di presentare ugualmente ricorso per cassazione. I motivi del ricorso erano duplici: da un lato, lamentava una violazione di legge e un’illogicità della motivazione riguardo alle circostanze attenuanti generiche, a suo dire non applicate nella massima estensione possibile; dall’altro, sollevava una presunta incompatibilità funzionale del GUP che aveva emesso la prima sentenza.

La Decisione della Corte: La Natura Tombale del Concordato in Appello

La Seconda Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile con una motivazione netta e perentoria. I giudici hanno affermato che la stessa essenza del concordato in appello risiede nella rinuncia ai motivi di impugnazione. Quando l’imputato accetta di concordare la pena, sta di fatto barattando la possibilità di contestare la sentenza con la certezza di una sanzione più mite.

Questo “potere dispositivo” riconosciuto alla parte dall’art. 599-bis c.p.p. non si limita a definire il perimetro del giudizio di secondo grado, ma produce effetti preclusivi sull’intero svolgimento processuale successivo. Di conseguenza, una volta siglato l’accordo, non è più possibile sollevare alcuna questione davanti alla Suprema Corte, nemmeno quelle che, in altre circostanze, potrebbero essere rilevate d’ufficio dal giudice.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte ha fondato la sua decisione su un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato. Viene chiarito che l’accordo sulla pena in appello è un atto negoziale che presuppone una rinuncia implicita ma inequivocabile a qualsiasi ulteriore doglianza. L’imputato non può, in sostanza, “tenere il meglio di due mondi”: accettare lo sconto di pena derivante dall’accordo e, contemporaneamente, tentare di ottenere un risultato ancora migliore contestando la stessa sentenza in Cassazione.

La rinuncia ai motivi di appello è il fondamento dell’accordo stesso. Permettere un successivo ricorso svuoterebbe di significato l’istituto del concordato in appello, trasformandolo in una mera tappa intermedia anziché in una soluzione definitiva del contenzioso sulla pena. L’effetto preclusivo, sottolinea la Corte, è totale e si estende a ogni tipo di censura, bloccando l’accesso al giudizio di legittimità.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

L’ordinanza offre un’indicazione pratica fondamentale per la difesa tecnica: la scelta di percorrere la strada del concordato in appello deve essere attentamente ponderata. Si tratta di una decisione strategica che chiude definitivamente la partita sulla determinazione della pena. Se da un lato offre il vantaggio di una sanzione certa e più favorevole, dall’altro comporta la perdita definitiva del diritto a far valere eventuali vizi della sentenza davanti alla Corte di Cassazione. Pertanto, presentare ricorso dopo un concordato non è solo un’azione destinata al fallimento, ma espone anche l’imputato alla condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende, come avvenuto nel caso di specie.

È possibile presentare ricorso in Cassazione dopo aver raggiunto un accordo sulla pena in appello (concordato)?
No. L’ordinanza chiarisce che la stipula di un “concordato in appello” ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p. implica la rinuncia a tutti i motivi di impugnazione e preclude la possibilità di presentare un successivo ricorso per cassazione.

La rinuncia ai motivi di appello vale anche per questioni che il giudice potrebbe rilevare d’ufficio?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che l’accordo ha un effetto preclusivo sull’intero svolgimento processuale, comprese le questioni rilevabili d’ufficio alle quali l’interessato ha rinunciato in funzione dell’accordo stesso.

Cosa succede se si presenta comunque un ricorso dopo un concordato in appello?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Di conseguenza, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro (in questo caso, tremila euro) a favore della cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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