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Concordato in appello: rinuncia e statuizioni civili

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso, stabilendo che la rinuncia ai motivi di impugnazione in un concordato in appello si estende anche alle statuizioni civili. L’imputato, accettando un accordo sulla pena, rinuncia a contestare la responsabilità, fondamento anche del risarcimento del danno. La Corte ha inoltre respinto la doglianza sulla prescrizione del reato di furto aggravato, chiarendo il corretto calcolo del termine decennale.

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Pubblicato il 12 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in appello: la rinuncia ai motivi vale anche per il risarcimento del danno?

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 32572 del 2025, offre un importante chiarimento sugli effetti del concordato in appello (noto anche come ‘patteggiamento in appello’) disciplinato dall’art. 599-bis del codice di procedura penale. La Suprema Corte ha stabilito che la rinuncia ai motivi di impugnazione, elemento fondamentale dell’accordo, si estende anche alle statuizioni civili, a meno che non siano state espressamente escluse. Vediamo nel dettaglio la vicenda processuale e le conclusioni dei giudici.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine da una sentenza della Corte d’Appello di Venezia che, in parziale riforma di una decisione del Tribunale di Rovigo, aveva rideterminato la pena per un imputato accusato di concorso in furto aggravato. La nuova pena, concordata tra le parti, era stata fissata in tre anni e tre mesi di reclusione e 300 euro di multa. Nella stessa sede, il reato di truffa aggravata era stato dichiarato estinto per prescrizione.

L’imputato, tuttavia, decideva di ricorrere in Cassazione sollevando due questioni principali: la mancata dichiarazione di prescrizione anche per il reato di furto e l’omessa motivazione sulle questioni civilistiche, ovvero sulla condanna al risarcimento del danno in favore delle parti civili.

I Motivi del Ricorso e l’analisi sul concordato in appello

L’imputato basava il suo ricorso su due argomenti principali:

1. Errata valutazione della prescrizione: Sosteneva che anche il delitto di furto aggravato, commesso nel 2016, avrebbe dovuto essere dichiarato prescritto prima dell’udienza d’appello.
2. Esclusione delle statuizioni civili dal concordato: Riteneva che la rinuncia ai motivi di appello, fatta per ottenere l’accordo sulla pena, non dovesse includere la parte della sentenza relativa al risarcimento del danno, che egli intendeva continuare a contestare.

La Corte di Cassazione ha ritenuto entrambi i motivi manifestamente infondati, dichiarando il ricorso inammissibile.

L’impatto del concordato in appello sulle doglianze civili

Il punto centrale della sentenza riguarda la portata della rinuncia ai motivi di impugnazione nel contesto del concordato in appello. I giudici hanno chiarito che, quando un imputato accetta di rinunciare a tutti i motivi di appello, ad eccezione di quelli relativi al trattamento sanzionatorio (cioè alla quantità della pena), tale rinuncia investe implicitamente anche le statuizioni civili.

Il ragionamento della Corte è lineare: la condanna al risarcimento del danno si fonda sull’accertamento della responsabilità penale dell’imputato. Rinunciando a contestare i motivi relativi alla sua colpevolezza per ottenere un accordo sulla pena, l’imputato accetta, di fatto, tale accertamento. Di conseguenza, non può più contestare le conseguenze civili che da esso derivano. Le statuizioni civili costituiscono un ‘punto autonomo’ della decisione, strettamente legato all’affermazione di responsabilità, che l’imputato ha scelto di non mettere più in discussione.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza di entrambi i motivi. Per quanto riguarda la prescrizione, i giudici hanno specificato che il reato di furto pluriaggravato contestato prevede una pena da tre a dieci anni. Il termine di prescrizione è quindi di dieci anni, estendibile a dodici anni e sei mesi per effetto degli atti interruttivi, un termine non ancora decorso.

Sul secondo e più rilevante motivo, la Corte ha ribadito un principio consolidato: la rinuncia ai motivi di impugnazione per accedere al concordato in appello comprende anche le doglianze relative alla costituzione di parte civile e alla condanna al risarcimento del danno. L’accordo sulla pena presuppone la non contestazione della responsabilità, che è il pilastro su cui si regge anche la condanna civile.

Conclusioni

Questa sentenza rafforza un importante principio procedurale: chi sceglie la via del concordato in appello deve essere consapevole della portata della propria rinuncia. L’accordo sulla pena implica un’accettazione del giudizio di colpevolezza, e con essa delle sue conseguenze civili. Per poter continuare a contestare il risarcimento del danno, sarebbe necessario escludere esplicitamente le statuizioni civili dall’accordo, un’ipotesi non contemplata nella prassi standard di questo istituto. La decisione sottolinea quindi la necessità di una valutazione strategica attenta da parte della difesa prima di accedere a questa forma di definizione alternativa del processo.

La rinuncia ai motivi di appello per un concordato esclude anche le questioni civili?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che la rinuncia ai motivi di impugnazione, effettuata per accedere al concordato in appello, si estende anche alle statuizioni civili (come il risarcimento del danno), poiché queste si fondano sull’accertamento della responsabilità che l’imputato ha scelto di non contestare più.

Qual è il termine di prescrizione per il furto pluriaggravato ai sensi dell’art. 625 ultimo comma c.p.?
Il termine di prescrizione per il furto pluriaggravato, punito con la reclusione da tre a dieci anni, è di dieci anni. Questo termine può essere aumentato fino a un massimo di dodici anni e sei mesi in presenza di atti interruttivi, secondo quanto previsto dall’art. 161 del codice penale.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità impedisce alla Corte di esaminare il merito del ricorso. Comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende. Inoltre, il ricorrente può essere condannato a rimborsare le spese legali sostenute dalle altre parti, come le parti civili.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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