Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 14790 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 3 Num. 14790 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/02/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE PENALE
Composta da
NOME COGNOME
Presidente –
Sent. n. sez. 330/2025
NOME COGNOME
NOME COGNOME
UP – 21/02/2025
R.G.N. 39431/2024
Relatore –
NOME COGNOME
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOMECOGNOME nato a Milano il 04/10/1965
avverso la sentenza del 23/09/2024 della Corte d’appello di Milano visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’annullamento con rinvio alla Corte d’appello di Milano limitatamente alla riduzione dell’importo confiscato; udito il difensore, Avv. NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza emessa il 23 settembre 2024, la Corte di appello di Milano, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Milano del 21 settembre 2023, in accoglimento di richiesta di ammissione al concordato proposto dalle parti con rinuncia ai motivi di appello, ha confermato la dichiarazione di penale responsabilità di NOME COGNOME per reati di cui all’art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000
Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Firmato Da: NOME Emesso Da: TRUSTPRO QUALIFIED CA 1 Serial#: 61c66a81e7975e7a – Firmato Da: NOME COGNOME Emesso Da: TRUSTPRO QUALIFIED CA 1 Serial#: 50822800135f6fd9
Firmato Da: NOME COGNOME Emesso Da: TRUSTPRO QUALIFIED CA 1 Serial#: 524a6d43ea6db797
(capi A e B), rideterminato la pena in due anni di reclusione, concedendo la sospensione condizionale, revocato la pena accessoria e confermato «nel resto».
Precisamente, la sentenza impugnata ha confermato la dichiarazione di responsabilità di NOME COGNOME perché lo stesso: a) agendo nella qualità di amministratore unico della ditta RAGIONE_SOCIALE, avrebbe indicato, nelle dichiarazioni presentate il 30 settembre 2016, il 28 febbraio 2016, il 30 ottobre 2017 e il 26 luglio 2018, al fine di evadere le imposte dirette e l’IVA, elementi passivi fittizi avvalendosi di fatture per operazioni inesistenti (capo A); b) agendo nella qualità di gestore di fatto della ditta RAGIONE_SOCIALE, avrebbe indicato, nelle dichiarazioni presentate il 27 febbraio 2015, 26 settembre 2015 e 31 ottobre 2017, al fine di evadere le imposte dirette e l’IVA, elementi passivi fittizi avvalendosi di fatture per operazioni inesistenti (capo B).
La «conferma nel resto» si riferisce anche alle statuizioni della sentenza di primo grado aventi ad oggetto, per i reati appena indicati, la confisca diretta per 581.963,64 euro nei confronti di RAGIONE_SOCIALE e per 33.637,12 nei confronti di RAGIONE_SOCIALE
2. Ha presentato ricorso per cassazione avverso la sentenza indicata in epigrafe NOME COGNOME con atto sottoscritto dall’Avv. NOME COGNOME articolando un motivo, con il quale denuncia violazione di legge, in riferimento all’art. 12bis , comma 2, d.lgs. n. 74 del 2000, nonché vizio di motivazione, avuto riguardo alla mancata revoca della confisca disposta in primo grado, nonostante la prova del piano rateale di pagamento del debito tributario.
Si deduce che la sentenza impugnata ha illegittimamente confermato le statuizioni impositive della confisca contenute nella sentenza di primo grado, perché la difesa aveva presentato specifico motivo di appello avverso di esse (precisamente il quinto motivo) e non vi ha rinunciato allorché ha avanzato proposta di concordato di pena. Si rappresenta, inoltre, che, nell’atto di appello, e nella documentazione ivi allegata, si era indicato che: a) in riferimento alle fatture utilizzate da RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, e di cui al capo B, la società aveva provveduto alla definizione agevolata della lite con l’Agenzia delle Entrate, e l’importo dovuto per l’anno 2016, pari a 18.811,32 euro, era stato interamente corrisposto, mentre l’importo dovuto per l’anno 2014 in parte era stato versato (per la somma di 13.534,17 euro) e in parte era in corso di versamento, come da piano di rateizzazione concordato; b) in riferimento alle fatture utilizzate da RAGIONE_SOCIALE, e di cui al capo A, «risultavano in corso le eventuali azioni da svolgere in sede tributaria».
Si osserva che, secondo la giurisprudenza, quando sia intervenuta la rateizzazione o l’estinzione del debito tributario, sussiste un obbligo in capo al giudice del merito di revocare d’ufficio la confisca o di disporla con produzione di
effetti solo nel caso in cui si verifichi il mancato pagamento del debito, e che, inoltre, quando l’accordo tra Amministrazione finanziaria e contribuente sia stato solo in parte adempiuto, l’importo della statuizione deve essere ridotto in misura corrispondente ai ratei versati per effetto della convenzione, per evitare inammissibili duplicazioni sanzionatorie (si cita Sez. 3, n. 33389 del 08/06/2018).
Si sottolinea che la sentenza impugnata non ha statuito né in alcun modo motivato in ordine a tale profilo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per le ragioni di seguito precisate.
Manifestamente infondate sono le censure esposte nell’unico motivo, le quali contestano la mancata adozione di statuizioni di revoca della confisca disposta in primo grado, deducendo che nel concordato presentato e accolto dalla Corte d’appello non vi era rinuncia alle doglianze formulate nell’atto di gravame con riguardo alla misura ablatoria, e che, nella specie, vi era prova sia dell’accesso alla definizione agevolata della lite in sede tributaria, sia dell’effettuazione di pagamenti per le rate maturate.
2.1. Sembra utile segnalare, innanzitutto, che, come già precisato dalla giurisprudenza, in tema di concordato in appello, la rinuncia a tutti i motivi diversi da quelli afferenti alla determinazione della pena comprende anche la doglianza relativa all’applicazione di misure di sicurezza, non riguardando queste ultime il trattamento sanzionatorio, ma un capo autonomo della decisione (Sez. 4, n. 40683 del 03/10/2024, COGNOME, Rv. 287256 – 01).
Nella specie, poi, il concordato con rinuncia ai motivi di appello, presentato alla Corte distrettuale dall’Avv. NOME COGNOME per conto dell’attuale ricorrente, è esplicito nel chiedere unicamente la determinazione della pena detentiva.
Invero, nel concordato si premette che l’imputato «intende rinunciare integralmente ai motivi di appello» e si propone la «rideterminazione della pena nella misura di anni 2 di reclusione – pena sospesa – oltre alle misure accessorie».
Nel verbale dell’udienza davanti alla Corte d’appello del 23 settembre 2024, inoltre, si dà atto: «Preliminarmente, la difesa dell’imputato deposita istanza di concordato ex art. 599bis c.p.p. munito di consenso del Procuratore Generale, come da memoria scritta, con rinuncia ai motivi di appello escluso quello relativo alla determinazione della pena».
Deve quindi concludersi che correttamente la sentenza ha omesso di adottare statuizioni dirette ad escludere o rideterminare la confisca applicata in primo grado ed ha disposto: «Conferma nel resto l’appellata sentenza».
2.2. Peraltro, la statuizione relativa alla confisca diretta, siccome disposta dal Tribunale in relazione ai «beni mobili e immobili detenuti o nella disponibilità di RAGIONE_SOCIALE in misura pari a euro 581.963,64 e di RAGIONE_SOCIALE in misura pari a euro 33.637,12, e, in caso di incapienza, anche a carico di NOME NOME», potrebbe essere oggetto di rinnovata valutazione nei confronti delle due società, se le stesse siano rimaste estranee al giudizio di cognizione nel quale è stata pronunciata la sentenza impugnata in questa sede.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al versamento a favore della cassa delle ammende, della somma di euro tremila, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in data 21/02/2025.
Il Consigliere estensore Il Presidente NOME COGNOME NOME COGNOME