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Concordato in appello: ricorso inammissibile

Un imputato ha impugnato in Cassazione la pena derivante da un concordato in appello, lamentando un difetto di motivazione. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, poiché l’accordo tra le parti implica la rinuncia ai motivi di impugnazione e il giudice d’appello aveva comunque valutato la congruità della pena.

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Pubblicato il 21 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: Quando il Ricorso sulla Pena Diventa Inammissibile

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale del diritto processuale penale riguardo al concordato in appello. Questo strumento, previsto dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, permette alle parti di accordarsi sui motivi di appello, spesso ottenendo una riduzione della pena. La decisione in esame chiarisce i limiti dell’impugnabilità di una sentenza che ratifica tale accordo, specialmente quando le critiche vertono sulla motivazione della sanzione.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso di un imputato contro una sentenza della Corte d’Appello di Napoli. In secondo grado, a seguito di un accordo tra le parti, la pena per un reato previsto dalla legge sugli stupefacenti era stata rideterminata in due anni e quattro mesi di reclusione, oltre a una multa di 4.000 euro. Nonostante l’accordo, l’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso per cassazione, sostenendo che la Corte d’Appello non avesse adeguatamente motivato la quantificazione della pena, discostandosi dal minimo edittale senza fornire spiegazioni sufficienti.

Il Motivo del Ricorso: Carenza di Motivazione sulla Pena

Il ricorrente lamentava una violazione dell’articolo 133 del codice penale, che elenca i criteri per la commisurazione della pena (gravità del reato e capacità a delinquere del reo). Secondo la difesa, i giudici di secondo grado si erano limitati a definire la pena ‘più confacente’ alla gravità dei fatti, senza un’analisi dettagliata. La tesi difensiva si basava sul principio consolidato secondo cui, maggiore è lo scostamento dal minimo della pena previsto dalla legge, più approfondita deve essere la motivazione del giudice.

La Decisione della Cassazione e il Ruolo del concordato in appello

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. La decisione si fonda su una duplice argomentazione, che chiarisce la natura e gli effetti del concordato in appello.

In primo luogo, aderire a un concordato sui motivi d’appello implica una rinuncia a tutti gli altri motivi di impugnazione. L’essenza di questo istituto processuale risiede proprio in un accordo che preclude successive contestazioni sui punti concordati. Pertanto, censurare la motivazione di una pena che è frutto di un patto processuale risulta intrinsecamente contraddittorio e non consentito dalla legge.

Le Motivazioni

La Corte ha specificato che, sebbene il giudice non sia un mero ratificatore dell’accordo e debba sempre verificare la congruità della pena proposta, nel caso di specie tale controllo era stato effettuato. I giudici d’appello, nel determinare la sanzione, avevano espressamente fatto riferimento ai criteri dell’art. 133 c.p., valorizzando la gravità complessiva del fatto e la personalità dell’imputato. Non vi era, dunque, quella ‘assoluta carenza motivazionale’ lamentata dal ricorrente. Inoltre, la Cassazione ha qualificato il ricorso come ‘generico’, poiché non indicava quali specifici elementi tra quelli previsti dall’art. 133 c.p. sarebbero stati trascurati dalla Corte d’Appello.

Le Conclusioni

L’ordinanza riafferma un punto cruciale: il concordato in appello è un atto processuale che limita fortemente la possibilità di un successivo ricorso in Cassazione. Una volta raggiunto l’accordo e ottenuta la sua ratifica dal giudice, che ne ha valutato la congruità, non è più possibile contestare la determinazione della pena per un presunto vizio di motivazione. La strada del ricorso rimane aperta solo per questioni di legalità della pena (ad esempio, se fosse stata applicata una sanzione non prevista dalla legge), ma non per critiche sulla discrezionalità esercitata dal giudice nell’ambito dell’accordo stesso. Questa pronuncia consolida l’efficienza dello strumento deflattivo del concordato, chiarendo che la sua accettazione comporta una consapevole e definitiva rinuncia a ulteriori contestazioni.

È possibile impugnare in Cassazione una pena decisa con un concordato in appello per vizio di motivazione?
Di norma no. La Corte di Cassazione ha stabilito che il ricorso è inammissibile perché l’adesione al concordato implica la rinuncia ai motivi di impugnazione. La contestazione è possibile solo se la pena è illegale o manifestamente incongrua, aspetto che il giudice d’appello è comunque tenuto a verificare.

Quale ruolo svolge il giudice di fronte a un accordo tra le parti in appello?
Il giudice non si limita a ratificare l’accordo. Egli deve esercitare un controllo attivo, verificando la sussistenza dei presupposti legali per il concordato e, soprattutto, valutando la ‘congruità’ della pena pattuita, ossia la sua adeguatezza e proporzionalità rispetto al caso concreto.

Perché il ricorso specifico è stato definito anche ‘generico’?
Il ricorso è stato considerato generico perché l’imputato ha lamentato la mancata applicazione dei criteri dell’art. 133 c.p. senza però indicare quali specifici elementi (come la condotta processuale, i precedenti penali, etc.) sarebbero stati erroneamente ignorati o valutati dalla Corte d’Appello nel determinare la pena.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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