LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Concordato in Appello: Revoca del Consenso del PM

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 42833/2024, ha stabilito un importante principio sul concordato in appello. Il Pubblico Ministero può revocare il proprio consenso all’accordo sulla pena fino a quando la Corte d’appello non si è riservata la decisione. La Corte ha invece annullato con rinvio la sentenza per un vizio di motivazione relativo al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, giudicando erroneo il riferimento a un bilanciamento di circostanze mai avvenuto.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 10 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: La Cassazione Chiarisce i Limiti alla Revoca del Consenso del PM

Il concordato in appello, disciplinato dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta un importante strumento di economia processuale. Tuttavia, la sua applicazione pratica solleva questioni complesse, come quella della revocabilità del consenso prestato dal Pubblico Ministero. Con la recente sentenza n. 42833/2024, la Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento fondamentale, stabilendo che il consenso del PM è revocabile fino a un preciso momento processuale. Analizziamo la decisione per comprenderne la portata.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine da una condanna per il reato di lesioni personali aggravate, pronunciata in primo grado e confermata dalla Corte di Appello di Roma. L’imputato, tramite il suo difensore, aveva raggiunto un accordo con il Procuratore generale per una rideterminazione della pena in appello. Tuttavia, durante l’udienza di trattazione, lo stesso Procuratore generale revocava il consenso precedentemente espresso. La Corte d’Appello, ritenendo valida tale revoca, procedeva con la discussione e confermava la sentenza di primo grado. L’imputato proponeva quindi ricorso per cassazione, sollevando diverse questioni.

Le Doglianze dell’Imputato

Il ricorso si fondava su tre motivi principali:
1. Errata applicazione dell’art. 599-bis c.p.p.: Il difensore sosteneva l’illegittimità della revoca del consenso al concordato in appello, ritenendola possibile solo in caso di sopravvenienza di una legge più favorevole e, comunque, tardiva perché avvenuta in udienza, oltre i termini previsti.
2. Vizio di motivazione sulla responsabilità penale: L’imputato contestava la ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito, sostenendo un travisamento delle prove (filmati e riconoscimenti fotografici) e l’assenza di una reale volontà di ledere la persona offesa.
3. Vizio di motivazione sulla pena: Si lamentava un’eccessiva severità della pena base e, soprattutto, il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, con una motivazione che faceva erroneamente riferimento a un giudizio di equivalenza tra circostanze mai concesso.

Il Concordato in Appello e la Revocabilità del Consenso del PM

La Suprema Corte ha respinto il primo motivo, offrendo una distinzione cruciale tra il patteggiamento in primo grado (art. 444 c.p.p.) e il concordato in appello. I giudici hanno chiarito che, a differenza del patteggiamento, il concordato interviene in una fase in cui si è già svolta una piena valutazione del merito. La sua natura è prevalentemente deflattiva, finalizzata a snellire il processo.

Poiché la disciplina del concordato in appello non prevede una norma analoga all’art. 448 c.p.p. (che sancisce l’irrevocabilità della richiesta di patteggiamento), la revoca del consenso del PM non incontra sanzioni processuali. La Corte ha quindi affermato il seguente principio di diritto: “In ipotesi di concordato in appello, ai sensi dell’art. 599-bis cod. proc. pen., è ammessa la revoca del consenso prestato dal procuratore generale fino a che la corte territoriale non abbia riservato la decisione”. La revoca in udienza è stata quindi ritenuta tempestiva e legittima.

Attenuanti Generiche e Annullamento con Rinvio

Se i primi due motivi sono stati respinti (il secondo perché mirava a una rivalutazione dei fatti, preclusa in sede di legittimità), il terzo motivo è stato parzialmente accolto. La Cassazione ha ritenuto fondata la doglianza relativa al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche. La Corte d’Appello aveva motivato il diniego facendo riferimento a un giudizio di bilanciamento in equivalenza con le aggravanti. Tuttavia, tale giudizio non era mai stato effettuato, poiché le attenuanti non erano mai state concesse in primo grado. Questo errore logico ha costituito un vizio di motivazione tale da giustificare l’annullamento della sentenza su questo specifico punto.

Le Motivazioni

La decisione della Corte di Cassazione si fonda su una rigorosa interpretazione sistematica delle norme processuali. La distinzione tra i due tipi di accordo sulla pena è centrale: il patteggiamento è un rito alternativo che previene il dibattimento, mentre il concordato in appello è uno strumento che interviene su un giudizio di merito già formato. Questa differenza strutturale giustifica un diverso regime di stabilità del consenso prestato dal Pubblico Ministero, che nel secondo caso gode di maggiore flessibilità. D’altra parte, la Corte ha ribadito l’importanza di una motivazione coerente e non contraddittoria, sanzionando l’errore palese commesso dalla Corte territoriale nel giustificare il diniego delle attenuanti generiche.

Conclusioni

La sentenza n. 42833/2024 consolida un importante orientamento giurisprudenziale sulla disciplina del concordato in appello. Si chiarisce che il consenso della pubblica accusa non è un atto irrevocabile, ma può essere ritirato fino a poco prima della decisione finale, garantendo un margine di valutazione all’accusa fino all’ultimo momento utile. Al contempo, la pronuncia riafferma un principio cardine del sistema processuale: ogni decisione del giudice, specialmente se sfavorevole all’imputato come il diniego di circostanze attenuanti, deve essere sorretta da una motivazione logicamente impeccabile e aderente agli atti processuali.

Può il Pubblico Ministero revocare il consenso a un concordato in appello?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che il consenso prestato dal Procuratore generale può essere revocato fino a quando la Corte d’appello non si è ritirata per la decisione, poiché non esiste una norma che ne sancisca l’irrevocabilità, a differenza di quanto previsto per il patteggiamento in primo grado.

Perché la Corte di Cassazione non ha riesaminato le prove video del reato?
Il giudizio della Corte di Cassazione è un giudizio di legittimità, non di merito. Ciò significa che la Corte non può rivalutare le prove (come filmati o testimonianze), ma solo verificare che i giudici dei gradi precedenti abbiano applicato correttamente la legge e abbiano motivato la loro decisione in modo logico e coerente, senza vizi evidenti.

Cosa comporta l’annullamento della sentenza limitatamente alle attenuanti generiche?
L’annullamento parziale significa che la dichiarazione di colpevolezza dell’imputato è diventata definitiva e irrevocabile. Tuttavia, il processo dovrà tornare a una diversa sezione della Corte d’appello, che dovrà unicamente riesaminare la richiesta di concessione delle attenuanti generiche, fornendo una motivazione corretta e logica, e rideterminare eventualmente la pena di conseguenza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati