Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 13157 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 13157 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 28/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a ARZANO il 02/02/1963
avverso la sentenza del 08/11/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del PM, che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Roma ha confermato la sentenza emessa il 09/01/2024 dal Tribunale di Roma nei confronti di NOME COGNOME con la quale lo stesso – all’esito di giudizio abbreviato – era stato condannato alla pena di anni uno, mesi uno e giorni dieci di reclusione ed C 3.333,00 di multa, per il reato previsto dall’art.73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n.309, così determinata previo riconoscimento della contestata recidiva.
La Corte ha premesso che la richiesta di applicazione di pena formulata ai sensi dell’art.599bis cod.proc.pen. era stata rigettata dalla Corte.
Ha quindi argomentato che il reato ascritto non presentava minimi requisiti di offensività, in quanto il suo oggetto era un quantitativo di cannabis idoneo al confezionamento di 3098 dosi medie singole; elemento che era tale da escludere la causa di proscioglimento prevista dall’articolo 131bis cod.pen., anche in considerazione della negativa valutazione della personalità dell’imputato; ha dedotto che non poteva essere disapplicata la contestata recidiva in considerazione del fatto che l’episodio ascritto dimostrava una personalità caratterizzata da elevata pericolosità anche in quanto commesso in regime di applicazione di una misura cautelare; ha altresì dedotto che non sussistevano i presupposti per l’applicazione delle circostanze attenuanti generiche in considerazione della valenza neutra del comportamento processuale e della negativa valutazione della personalità dell’imputato.
Avverso la predetta sentenza ha presentato ricorso per cassazione NOME COGNOME tramite il proprio difensore, articolando un unitario motivo impugnazione; con il quale ha dedotto, l’integrale difetto di motivazione in ordine al mancato accoglimento della proposta di concordato formulata ai sensi dell’art.599bis cod.pen., pure in presenza del parere positivo del Procuratore generale.
Ha dedotto che l’omesso accoglimento della proposta doveva ritenersi suscettibile di impugnazione e che la stessa era stata rigettata dal Collegio in assenza di valida motivazione e solo attraverso il generico riferimento al l’incongruità della pena concordata; ha dedotto che la tesi della inammissibilità dell’impugnazione non poteva essere condivisa poiché la pronuncia di rigetto doveva ritenersi assimilabile a un’ordinaria sentenza di secondo grado e, in quanto tale sottoponibile a controllo in sede di legittimità.
Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta, nella quale ha concluso per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
2. In punto di ammissibilità del ricorso avverso il provvedimento di rigetto della proposta di concordato in appello formulata dalle parti ai sensi dell’art.599bis cod.proc.pen., profilo di diritto che registra pure consistenti oscillazioni nella giurisprudenza di questa Corte, il Collegio ritiene di aderire all’orientamento in base al quale deve ritenersi sindacabile in sede di legittimità tale accoglimento e la conseguente pronuncia di merito scaturita da quel rigetto.
In particolare, deve ritenersi – in adesione a tale orientamento – che la tesi secondo cui il mancato accoglimento del concordato non sia suscettibile di impugnazione con il ricorso per cassazione non può essere condivisa per una pluralità di ragioni.
Difatti, il principio di tassatività dei mezzi di impugnazione “non è di ostacolo alla proponibilità del ricorso avverso la sentenza di appello che decida nel merito, senza accogliere il concordato sui motivi e sulla pena. Il concordato in appello, sia in caso di rigetto che di accoglimento, determina l’adozione di un’ordinaria sentenza di secondo grado, in quanto tale impugnabile in cassazione secondo la disciplina ordinaria. Il fatto che non sia prevista una disciplina derogatoria per l’impugnazione del concordato in appello, non consente affatto di ritenere che il ricorso per cassazione sia in tal caso precluso, bensì determina l’applicabilità dei principi generali e, quindi, depone nel senso dell’ammissibilità del ricorso” (così, in motivazione, Sez. 6, n. 23614 del 18/05/2022, COGNOME, Rv. 283284).
Va altresì aggiunto, sul piano logico-sistematico, che l’orientamento qui non condiviso, nel sostenere che la decisione di non validare il concordato sarebbe frutto di una scelta non sindacabile compiuta dal giudice di appello, porta ad una soluzione inaccettabile perché foriera di un “grave vulnus al diritto di difesa, nonché una palese violazione dell’interesse dell’imputato ad accedere ad un trattamento sanzionatorio di favore. La scelta del giudice di appello di non ammettere il concordato determina effetti di estremo rilievo e, pertanto, ove non si consentisse il controllo sulla legittimità della stessa con il ricorso per cassazione, si porrebbero fondati dubbi di legittimità costituzionale. Ove si ammettesse che il rigetto del concordato non sia in alcun modo sindacabile, si impedirebbe all’imputato di ottenere il controllo su una decisione fortemente pregiudizievole, posto che il concordato, consentendo una determinazione della pena sulla base dell’accordo tra le parti, ha un innegabile effetto premiale” (così nuovamente, la già citata sentenza n. 23614 del 2022; in senso conforme a tale orientamento,
successivamente, Sez. 3, n. 28018 del 14/02/2023, Sentina, Rv. 284806; Sez. 3, n. 16692 del 16/01/2024, Azza, Rv. 286181; Sez. 5, n. 33454 del 25/06/2024, V., Rv. 286889).
Ciò premesso in ordine all’ammissibilità dell’impugnazione, deve peraltro ritenersi che l’unitario motivo di ricorso non si sia adeguatamente confrontato con le concrete ragioni poste dalla Corte territoriale alla base del giudizio di incongruità della pena concordata; e, specificamente, fondate sulla non trascurabile offensività del fatto ascritto, sul riconoscimento della contestata recidiva e sulla mancanza dei presupposti per la concessione delle circostanze attenuanti generiche.
Valutazione sulle quali il motivo di doglianza ha del tutto omesso di prendere una specifica posizione di merito; tralasciando quindi di sottoporre alla necessaria e conseguente critica le argomentazioni poste dalla Corte territoriale – in diretta conseguenza del rigetto della proposta di concordato – alla conferma della sentenza impugnata; incorrendo, quindi, nel conseguente vizio di aspecificità.
Alla declaratoria d’inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali; ed inoltre, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», il ricorrente va condannato al pagamento di una somma che si stima equo determinare in euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 28 marzo 2025
Il Consigliere estensore
Il Pres ente