LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Concordato in appello: quando il ricorso è nullo

Un soggetto, condannato per reati legati agli stupefacenti, ha stipulato un accordo in secondo grado sulla pena. Successivamente, ha presentato ricorso in Cassazione lamentando proprio la pena e la responsabilità. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, specificando che una sentenza basata su un concordato in appello può essere impugnata solo per difetti procedurali legati alla formazione dell’accordo stesso (es. vizi della volontà), e non per rimettere in discussione il merito della pena pattuita, a meno che questa non sia illegale. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: I Limiti al Ricorso per Cassazione Spiegati dalla Suprema Corte

L’istituto del concordato in appello, introdotto dalla riforma Orlando (Legge n. 103/2017), rappresenta uno strumento deflattivo del contenzioso penale, permettendo alle parti di accordarsi sull’esito del giudizio di secondo grado. Tuttavia, la natura consensuale di tale accordo impone precisi limiti all’impugnazione successiva. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce in modo inequivocabile quando un ricorso contro una sentenza emessa ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p. è destinato a essere dichiarato inammissibile.

I Fatti del Caso: Dal Concordato al Ricorso

Il caso in esame riguarda un imputato che, dopo essere stato condannato per un reato previsto dalla normativa sugli stupefacenti (art. 73 d.P.R. 309/1990), decideva di appellare la sentenza. In sede di appello, le parti raggiungevano un accordo sull’accoglimento parziale dei motivi, concordando una nuova determinazione della pena.

Nonostante l’accordo, l’imputato proponeva ricorso per Cassazione, lamentando proprio vizi relativi alla quantificazione della pena e all’affermazione della sua responsabilità, ovvero gli stessi punti oggetto del patto processuale.

La Disciplina del Concordato in Appello

L’articolo 599-bis del codice di procedura penale stabilisce che le parti possono chiedere alla Corte d’Appello di concordare sull’accoglimento di alcuni motivi, rinunciando ad altri. Se i motivi accolti comportano una nuova determinazione della pena, le parti devono indicare al giudice anche la sanzione su cui si sono accordate. Questo istituto si fonda sulla libera volontà delle parti di definire il processo, trasformando l’accordo in un vero e proprio “negozio processuale”.

La Decisione della Corte sul Concordato in Appello: Ricorso Inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si basa su un principio consolidato: la sentenza che ratifica un concordato in appello non può essere impugnata per motivi che sono stati oggetto di rinuncia o che riguardano il contenuto dell’accordo stesso, come la misura della pena.

Le Motivazioni della Cassazione

I giudici di legittimità hanno ribadito che il ricorso avverso una sentenza “concordata” è ammissibile solo in casi eccezionali e specifici. In particolare, è possibile ricorrere solo se si deducono:

1. Vizi della volontà: se il consenso dell’imputato all’accordo è stato espresso per errore, violenza o dolo.
2. Mancato consenso del Procuratore Generale: se l’accordo è stato raggiunto senza il necessario consenso dell’accusa.
3. Contenuto difforme della pronuncia: se la decisione del giudice si discosta da quanto pattuito tra le parti.

Al di fuori di queste ipotesi, ogni doglianza relativa ai motivi rinunciati o alla valutazione delle condizioni per il proscioglimento (ex art. 129 c.p.p.) è preclusa. Soprattutto, è inammissibile contestare l’entità della pena concordata, a meno che essa non si traduca in una sanzione illegale, cioè una pena non prevista dall’ordinamento per quel tipo di reato. L’accordo, una volta consacrato nella sentenza, non può essere unilateralmente modificato.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

L’ordinanza in esame conferma la natura vincolante del concordato in appello. La scelta di aderire a tale accordo è una decisione strategica che produce effetti quasi irreversibili. L’imputato e il suo difensore devono ponderare con estrema attenzione i benefici di una pena certa e potenzialmente più mite a fronte della rinuncia a far valere ulteriori motivi di impugnazione. La Suprema Corte sancisce che, una volta siglato il patto, non è possibile “tornare indietro” e rimettere in discussione il merito della decisione, salvo le limitatissime eccezioni procedurali. La conseguenza di un ricorso proposto fuori da questi binari è, come nel caso di specie, la sua inammissibilità, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione a favore della Cassa delle ammende.

È possibile ricorrere in Cassazione contro una sentenza che applica un “concordato in appello”?
Sì, ma solo per motivi molto specifici: vizi nella formazione della volontà di aderire al concordato, dissenso del Procuratore Generale, o se la decisione del giudice è difforme dall’accordo. Non è possibile contestare i motivi a cui si è rinunciato o la misura della pena concordata, a meno che non sia illegale.

Se si accetta un concordato in appello sulla pena, si può poi contestare la sua entità in Cassazione?
No, l’accordo sulla pena, una volta ratificato dal giudice, diventa un “negozio processuale” che non può essere modificato unilateralmente. L’unica eccezione è se la pena concordata e applicata risulti illegale, cioè non prevista dalla legge per quel reato.

Cosa succede se il ricorso contro una sentenza di concordato in appello viene dichiarato inammissibile?
Come stabilito dall’art. 616 del codice di procedura penale, la parte che ha proposto il ricorso viene condannata al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in 3.000 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati