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Concordato in appello: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro una sentenza di ‘concordato in appello’ per reati legati agli stupefacenti. L’imputato lamentava la mancata valutazione delle condizioni per un proscioglimento immediato. La Corte ha ribadito che, aderendo al concordato, l’imputato rinuncia a tali doglianze, rendendo il ricorso proponibile solo per vizi specifici legati alla formazione della volontà o all’illegalità della pena, non presenti nel caso di specie.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: I Limiti del Ricorso in Cassazione

L’istituto del concordato in appello, disciplinato dall’articolo 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo del contenzioso, consentendo alle parti di accordarsi sulla pena da applicare in secondo grado. Tuttavia, quali sono i limiti all’impugnazione della sentenza che ne deriva? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce sui motivi per cui un ricorso può essere dichiarato inammissibile, ribadendo la natura abdicativa di tale scelta processuale.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da una sentenza della Corte di Appello di Roma, emessa in sede di rinvio. In tale pronuncia, veniva applicata a un imputato la pena concordata tra le parti di due anni di reclusione e 16.000 euro di multa per un delitto previsto dall’art. 73 del D.P.R. 309/90 (legge sugli stupefacenti).

Avverso tale sentenza, il difensore dell’imputato proponeva ricorso per cassazione. Il motivo principale sollevato era la presunta violazione di legge, in particolare per la mancata valutazione da parte del giudice d’appello delle condizioni per un proscioglimento immediato ai sensi dell’art. 129 del codice di procedura penale. Secondo la difesa, il giudice avrebbe dovuto verificare l’eventuale evidenza di cause di non punibilità prima di ratificare l’accordo sulla pena.

La Decisione della Corte: i limiti del concordato in appello

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici di legittimità hanno adottato una procedura de plano, ossia senza udienza, ritenendo i motivi del ricorso manifestamente infondati e non deducibili in quella sede.

Il cuore della decisione si fonda sulla natura stessa del concordato in appello. La Corte ha ribadito un principio consolidato: l’accordo sulla pena implica una rinuncia da parte dell’imputato a far valere determinate doglianze. La scelta di accedere a questo rito speciale comporta l’accettazione della condanna a una pena concordata, rinunciando a contestare nel merito la propria responsabilità, salvo casi eccezionali.

I Motivi Ammissibili di Ricorso

La Suprema Corte chiarisce che il ricorso contro una sentenza emessa ex art. 599-bis c.p.p. è ammissibile solo per motivi specifici e circoscritti, quali:

1. Vizi della volontà: Se la volontà della parte di accedere al concordato si è formata in modo viziato (ad esempio, per errore o violenza).
2. Mancanza di consenso del PM: Qualora manchi il consenso del pubblico ministero all’accordo.
3. Contenuto difforme della pronuncia: Se la sentenza del giudice si discosta dall’accordo raggiunto tra le parti.
4. Illegalità della pena: Se la pena applicata è illegale, ad esempio perché non rientra nei limiti edittali previsti dalla legge o è di una specie diversa da quella stabilita.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte sono nette. Le doglianze relative alla mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ex art. 129 c.p.p. rientrano tra i motivi a cui la parte rinuncia implicitamente con la richiesta di concordato. Accettare di patteggiare la pena significa, in sostanza, accettare il giudizio di colpevolezza e concentrare la discussione solo sulla quantificazione della sanzione.

Sollevare in Cassazione una questione sulla mancata assoluzione equivale a rimettere in discussione il merito della vicenda, un’operazione preclusa dalla scelta del rito. La Corte cita un precedente (Sez. 2, n. 22002 del 2019) per rafforzare questo principio, sottolineando che non sono ammissibili neppure le censure relative alla determinazione della pena, a meno che non si traducano in una vera e propria illegalità della sanzione inflitta.

Di conseguenza, poiché il motivo sollevato dal ricorrente non rientrava in nessuna delle eccezioni ammesse, il ricorso è stato giudicato inammissibile.

Le Conclusioni

L’ordinanza conferma la linea rigorosa della giurisprudenza sui limiti dell’impugnazione avverso le sentenze di concordato in appello. La scelta di questo rito processuale è una decisione strategica che offre il vantaggio di una definizione più rapida e potenzialmente più favorevole del processo, ma comporta la rinuncia a far valere gran parte delle eccezioni di merito. La declaratoria di inammissibilità ha comportato, come previsto dall’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro alla Cassa delle ammende, a titolo di sanzione per aver promosso un’impugnazione temeraria.

È possibile impugnare una sentenza di concordato in appello per qualsiasi motivo?
No, il ricorso è ammesso solo per motivi specifici. Questi includono vizi nella formazione della volontà di patteggiare, il mancato consenso del pubblico ministero, una sentenza difforme dall’accordo o l’applicazione di una pena illegale.

La mancata valutazione delle condizioni per un’assoluzione immediata (ex art. 129 c.p.p.) è un motivo valido per ricorrere contro un concordato in appello?
No, secondo la Corte di Cassazione questa è una delle doglianze a cui si rinuncia implicitamente aderendo al concordato. Pertanto, un ricorso basato su tale motivo è inammissibile.

Cosa succede se il ricorso contro una sentenza di concordato in appello viene dichiarato inammissibile?
Come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale, la declaratoria di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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