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Concordato in appello: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 13462/2025, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro una sentenza di concordato in appello. La Corte ha chiarito che non si possono contestare motivi rinunciati o la determinazione della pena, salvo che questa sia illegale, confermando la condanna al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 6 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in appello: la Cassazione chiarisce i limiti del ricorso

Il concordato in appello, disciplinato dall’articolo 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo che consente alle parti di accordarsi sulla rideterminazione della pena in secondo grado. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 13462/2025, ribadisce un principio fondamentale: una volta raggiunto l’accordo, le possibilità di impugnare la sentenza diventano molto ristrette. Vediamo nel dettaglio il caso e la decisione della Suprema Corte.

I Fatti del Caso

Un soggetto, condannato per una serie di reati gravi tra cui rapina aggravata, lesioni personali, spaccio di lieve entità e ricettazione, proponeva ricorso in appello. In quella sede, la sua difesa raggiungeva un accordo con la Procura Generale per la rideterminazione della pena, secondo la procedura del concordato in appello.

Nonostante l’accordo, l’imputato decideva di presentare ricorso per Cassazione contro la sentenza della Corte d’Appello. I motivi del ricorso si concentravano su due punti principali: l’omessa motivazione sulla possibilità di un proscioglimento nel merito (ai sensi dell’art. 129 c.p.p.) e la quantificazione della pena concordata.

Limiti all’impugnazione con il concordato in appello

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile senza neppure la necessità di formalità di procedura. La decisione si fonda su un orientamento giurisprudenziale consolidato, che limita fortemente le doglianze proponibili avverso una sentenza che ratifica un concordato in appello.

La logica dietro questa restrizione è semplice: l’accordo tra le parti implica una rinuncia ai motivi di appello che non riguardano l’accordo stesso. L’imputato, accettando il concordato, di fatto accetta la pena e rinuncia a contestare altri aspetti della sentenza di primo grado, come la valutazione delle prove o la sussistenza dei reati.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha spiegato che, in caso di sentenza emessa a seguito di concordato, sono inammissibili le doglianze relative a:

1. Motivi rinunciati: L’essenza stessa dell’accordo è la rinuncia a determinate contestazioni in cambio di una pena certa e potenzialmente più mite.
2. Mancata valutazione per il proscioglimento: La richiesta di un proscioglimento nel merito (ex art. 129 c.p.p.) è una delle questioni a cui si rinuncia implicitamente con l’accordo, salvo casi di palese e immediata evidenza di non colpevolezza che il giudice avrebbe dovuto rilevare d’ufficio.
3. Determinazione della pena: Non è possibile contestare la quantificazione della pena concordata, a meno che non si dimostri la sua ‘illegalità’. Una pena è considerata illegale non quando è ritenuta semplicemente ‘troppo alta’, ma solo quando esce dai limiti edittali (minimo e massimo) previsti dalla legge per quel reato, o quando è di un genere diverso da quello prescritto (es. ergastolo invece di reclusione).

Poiché nel caso specifico il ricorrente non aveva lamentato un’illegalità della sanzione, ma solo una generica critica alla sua quantificazione, il suo ricorso è stato respinto. Di conseguenza, è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione di 4.000 euro a favore della Cassa delle ammende.

Conclusioni

Questa ordinanza conferma che la scelta del concordato in appello è una decisione strategica con conseguenze definitive. Se da un lato offre il vantaggio di una pena certa e concordata, dall’altro chiude la porta alla maggior parte delle contestazioni successive. L’unica via percorribile per un ricorso in Cassazione rimane quella, molto stretta, di dimostrare una palese illegalità della pena applicata, un’ipotesi che non ricorreva nel caso esaminato. La decisione rafforza la natura negoziale di questo istituto, sottolineando che gli accordi processuali, una volta conclusi, devono essere rispettati.

Posso impugnare una sentenza emessa dopo un concordato in appello per qualsiasi motivo?
No, l’impugnazione è fortemente limitata. Come stabilito dall’ordinanza, non si possono contestare motivi a cui si è rinunciato con l’accordo, né la mancata valutazione per un proscioglimento ex art. 129 c.p.p., né la quantificazione della pena.

Quando è possibile contestare la pena decisa con un concordato in appello?
La contestazione sulla pena è ammissibile solo se la sanzione inflitta è ‘illegale’, cioè se non rientra nei limiti minimi e massimi previsti dalla legge per quel reato, oppure se è di un tipo diverso da quello legalmente previsto.

Cosa succede se il ricorso contro un concordato in appello viene dichiarato inammissibile?
In caso di inammissibilità, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, come avvenuto nel caso di specie con una sanzione di quattromila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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