Concordato in appello: i limiti all’impugnazione in Cassazione
L’istituto del concordato in appello, disciplinato dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta un importante strumento di economia processuale. Tuttavia, una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci ricorda che l’accesso a tale accordo comporta precise conseguenze, soprattutto riguardo alla possibilità di impugnare la sentenza che ne deriva. Vediamo insieme i dettagli di questo caso e i principi affermati dalla Suprema Corte.
I Fatti del Caso
La vicenda processuale ha origine da una condanna per reati legati agli stupefacenti. La Corte di Appello, in parziale riforma della sentenza di primo grado, aveva rideterminato la pena inflitta a un imputato in 4 anni, 5 mesi e 10 giorni di reclusione. Tale decisione era il risultato di un accordo tra le parti, ovvero un concordato in appello.
Nonostante l’accordo raggiunto, l’imputato decideva di presentare ricorso per Cassazione, cercando di rimettere in discussione la sentenza.
Il ricorso in Cassazione e i motivi di doglianza
Il ricorso dell’imputato si fondava su due principali motivi:
1. Vizio del consenso: Sosteneva che il suo consenso al concordato, prestato mesi prima, fosse viziato. Addirittura, pochi giorni prima della sentenza di appello, aveva tentato di rinunciare all’accordo. Il vizio, a suo dire, derivava da un impedimento di salute (una frattura alla mano) che avrebbe minato la sua capacità di decidere serenamente.
2. Mancato proscioglimento: Contestava il fatto che la Corte di Appello non avesse valutato la possibilità di un suo proscioglimento nel merito, come previsto dall’art. 129 del codice di procedura penale.
La decisione della Corte sul concordato in appello
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile, respingendo entrambe le argomentazioni dell’imputato e condannandolo al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Il primo motivo: il vizio del consenso
La Suprema Corte ha chiarito un punto fondamentale: la dichiarazione con cui l’imputato rinuncia ai motivi di appello per accedere al concordato in appello non è revocabile. Essa perde effetto solo se il giudice non accoglie la proposta di pena concordata. Inoltre, i giudici hanno osservato che il problema di salute addotto (una frattura alla mano) non era tale da incidere sulla sfera psichica del ricorrente e, quindi, da invalidare il consenso validamente prestato.
Il secondo motivo: il mancato proscioglimento
Anche su questo punto, la Corte è stata netta. Richiamando la giurisprudenza consolidata, ha ribadito che il ricorso in Cassazione contro una sentenza emessa a seguito di concordato in appello è ammesso solo per motivi molto specifici, quali:
– Vizi nella formazione della volontà della parte di accedere all’accordo.
– Problemi relativi al consenso del pubblico ministero.
– Una pronuncia del giudice non conforme all’accordo raggiunto.
Sono invece inammissibili le doglianze relative ai motivi a cui si è rinunciato, alla mancata valutazione delle condizioni per il proscioglimento (ex art. 129 c.p.p.), e ai vizi sulla determinazione della pena, a meno che questa non sia illegale (ad esempio, fuori dai limiti previsti dalla legge).
Le motivazioni della Corte
Le motivazioni della Corte si basano sulla natura stessa del concordato in appello. Si tratta di un patto processuale in cui l’imputato, in cambio di uno sconto di pena, accetta la propria responsabilità e rinuncia a contestare nel merito la decisione di primo grado. Permettere una revoca tardiva o un ripensamento basato su motivi di merito renderebbe l’istituto inefficace e contraddittorio. La Corte ha sottolineato che le censure del ricorrente erano “palesemente rivalutative” e quindi non rientravano tra i limitati motivi per cui è possibile impugnare una sentenza di questo tipo.
Le conclusioni
Questa ordinanza conferma la rigidità dei presupposti per impugnare una sentenza frutto di concordato in appello. Chi sceglie questa via processuale deve essere consapevole che sta compiendo una rinuncia quasi definitiva alla possibilità di contestare la propria colpevolezza e la valutazione dei fatti. Il ricorso in Cassazione resta un’opzione percorribile solo per vizi che attengono alla correttezza procedurale dell’accordo stesso, e non per rimettere in discussione il merito della vicenda, ormai cristallizzato dal patto tra accusa e difesa.
È possibile revocare la rinuncia ai motivi di appello dopo aver raggiunto un concordato?
No, la dichiarazione di rinuncia dell’imputato ai motivi sulla responsabilità non è suscettibile di revoca, neppure implicita. Perde effetto solo nel caso in cui il giudice non accolga la proposta di pena concordata.
Un problema di salute può invalidare il consenso prestato per un concordato in appello?
Dipende dalla natura del problema. Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che una frattura alla mano non fosse una condizione tale da involgere la sfera psichica del ricorrente e, di conseguenza, non era sufficiente a viziare il consenso prestato.
È possibile contestare in Cassazione il mancato proscioglimento dopo un concordato in appello?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che sono inammissibili le doglianze relative alla mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento (ex art. 129 cod. proc. pen.) in un ricorso contro una sentenza emessa a seguito di concordato.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 30706 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 30706 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 11/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a CATANZARO il 22/11/1992
avverso la sentenza del 16/10/2024 della CORTE APPELLO di CATANZARO
dato avy.do alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 16 ottobre 2024, la Corte di appello di Catanzaro, in parziale riforma del decisione resa dal Tribunale di Catanzaro il 24 ottobre 2022, pronunciandosi ai sensi dell’a 599 bis cod. proc. pen., ha rideterminato in anni 4, mesi 5 e giorni 10 di reclusione, la p inflitta a NOME COGNOME in ordine ai reati di cui agli art. 74, commi 1, 2, 3 e 4 e 80, comma d.P.R. 309 del 1990; fatti accertati in Catanzaro dal 9 gennaio 2020 con condotta perdurante.
È stato proposto ricorso per cassazione, articolato su due motivi. Il primo, con il quale è eccepito il vizio di motivazione rispetto alla formazione del consenso, rilevandosi che il 7 ot 2024 Catania ha rinunciato al concordato, nel presupposto che fosse viziato il consenso da lu prestato il 26 gennaio 2024, è inammissibile, dovendosi richiamare la condivisa affermazione di questa Corte (cfr. Sez. 2, n. 43893 del 04/11/2021, Rv. 282312), secondo cui, nel cd. concordato in appello, la dichiarazione di rinuncia dell’imputato ai motivi sulla responsabilità suscettibile di revoca, neppure implicita, perdendo effetto, ai sensi dell’art. 599-bis, com cod. proc. pen., solo nel caso di mancato accoglimento della proposta di pena concordata, dovendosi a ciò solo aggiungere che l’impedimento di salute che aveva colpito l’imputat consisteva in una frattura alla mano e non era tale da involgere la sfera psichica del ricorre
Anche il secondo motivo di ricorso, con cui si contesta il mancato proscioglimento dell’imputat è inammissibile, dovendosi richiamare l’affermazione costante della giurisprudenza di legittimi (cfr. Sez. 2, n. 22002 del 10/04/2019, Rv. 276102 e Sez. 1, n. 944 del 23/10/2019, dep. 2020 Rv. 278170), secondo cui, in tema di concordato in appello, è ammissibile il ricorso in cassazio avverso la sentenza emessa ex art. 599-bis cod. proc. pen. che deduca motivi relativi al formazione della volontà della parte di accedere al concordato, al consenso del pubblico minister sulla richiesta e al contenuto difforme della pronuncia del giudice, mentre sono inammissibil doglianze relative a motivi rinunciati, alla mancata valutazione delle condizioni di proscioglim ex art. 129 cod. proc. pen. e, altresì, a vizi attinenti alla determinazione della pena che siano trasfusi nella illegalità della sanzione inflitta, in quanto non rientrante nei lim ovvero diversa da quella prevista dalla legge, non rientrando evidentemente le doglianz sollevate dal ricorrente, palesemente rivalutative, tra quelle ammesse in questa sede.
Non può quindi che concludersi nel senso dell’inammissibilità del ricorso, da ciò conseguendo, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento, nonché quello d versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in tremila euro.
P.Q.M.
e’
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese pro della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma l’il aprile 2025.