Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 17169 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 17169 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 17/04/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME nato a CATANIA il 22/12/1994 COGNOME NOME Santo nato a CATANIA il 01/11/1996 NOME COGNOME nato a CATANIA il 15/02/2002 COGNOME NOME nato a CATANIA il 13/03/1991 COGNOME NOME nato a CATANIA il 04/05/2003
avverso la sentenza del 23/10/2024 della Corte d’appello di Catania udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME
udito il PG, NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi.
Ritenuto in fatto
Con sentenza del 23 ottobre 2024 la Corte d’appello di Catania, sull’appello presentato dalla difesa degli imputati contro la sentenza, emessa in rito
abbreviato, del Tribunale di Catania del 20 luglio 2023, che aveva condannato NOME COGNOME e NOME COGNOME per i reati di rissa aggravata (art. 588, comma 2, cod. pen.), porto in luogo pubblico di armi da sparo (artt. 2 e 4 I. I. 2 ottobre 1967, n. 895) e tentato omicidio (artt. 56 e 575 cod. pen.), e NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME per il solo reato di rissa aggravata (art. 588, comma 2, cod. pen.), ha accolto la richiesta di concordato presentato dalle parti e rideterminato la pena inflitta nei confronti di Miano in anni 6, mesi e 20 giorni di reclusione, nei confronti di NOME COGNOME in 5 anni e 8 mesi di reclusione, nei confronti di NOME COGNOME in 1 anno di reclusione, mentre, per i due coimputati che non avevano presentato richiesta di concordato, ha confermato la condanna di Gagliano, cui ha concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena, e respinto, invece, del tutto l’appello di NOME COGNOME confermando per tutto il resto la sentenza di primo grado.
Avverso il predetto provvedimento hanno proposto ricorso gli imputati, per il tramite dei rispettivi difensori, con i seguenti motivi, di seguito descritti nei strettamente necessari ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Ricorso Miano
Con unico motivo deduce vizio di motivazione perché nella sentenza impugnata mancherebbe una motivazione sul giudizio di responsabilità dell’imputato, motivazione che si limita all’accoglimento del concordato ed alla constatazione della corrispondenza tra i fatti contestati e la qualificazione giuridica che ad essi è stata data.
2.2. Ricorso Patanè
Con un unico motivo deduce violazione di legge con riferimento all’aumento per la continuazione interna per il delitto di cui al capo n. 3 e per la continuazione con i delitti di cui ai capi nn. 1 e 2 attesa la mancanza di motivazione sulla misura degli aumenti inflitti.
2.3. Ricorso Napoli
Con un unico motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione per la mancata concessione delle attenuanti generiche, difettando del tutto in sentenza una motivazione della decisione; nel caso concreto, sia la giovane età che il comportamento processuale avrebbero imposto la concessione delle attenuanti.
2.4. Ricorso COGNOME
Con il primo motivo deduce vizio di motivazione perché è stata travisata la prova alla base del giudizio di responsabilità dell’imputato; entrambe le sentenze di merito hanno omesso di valutare la prova costituita dalle immagini allegate al fascicolo e al ricorso che inficiano le dichiarazioni rese dal teste COGNOME e quelle rese dal coimputato COGNOME; le dichiarazioni del teste COGNOME sono contraddette dagli esiti del sistema di videosorveglianza che consente di apprezzare che l’imputato viene espulso dal locale e non vi ritorna; non è vero, inoltre, che le dichiarazioni del testimone COGNOME siano confermate da quelle del testimone COGNOME
Con il secondo motivo deduce vizio di motivazione perché il ruolo di istigatore attribuito all’imputato nella sentenza di primo grado era fondato sulla esistenza di una precedente rissa, asseritamente avvenuta nella notte tra il 16 e il 17 aprile, che, però, non è mai avvenuta.
2.5. Ricorso Gagliano
Con il primo motivo deduce vizio di motivazione nella parte in cui la sentenza ritiene provata la presenza dell’imputato, e non di suo fratello NOME COGNOME alla rissa quale persona ritratta nei fotogrammi estrapolati dai video delle telecamere di sicurezza; la difesa aveva chiesto un riconoscimento con metodo scientifico, ovvero una perizia antropometrica, che però non ha ottenuto, ciò avrebbe dovuto indurre il giudice dell’abbreviato ad accettare la richiesta di abbreviato condizionato oppure a usare i poteri a lui spettanti d’ufficio; per lo stesso motivo è illegittimo il diniego di rinnovazione istruttoria in grado di appello.
Con il secondo motivo deduce violazione di legge in quanto, anche a voler concedere che l’imputato possa essere stato presente sui luoghi, egli non ha fatto altro che caricare sulla moto uno dei coimputati, e quindi tale condotta, al più, può costituire un favoreggiamento personale.
Con il terzo motivo deduce vizio di motivazione in relazione alla mancata concessione delle attenuanti generiche, che avrebbero dovuto essere riconosciute all’imputato per il comportamento processuale, per la giovane età, per l’incensuratezza.
3. La difesa dell’imputato Napoli ha chiesto la discussione orale.
Con requisitoria orale, anticipata per iscritto, il Procuratore generale, NOME COGNOME ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi.
Nessuno è stato presente in udienza per gli imputati.
Considerato in diritto
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I ricorsi sono inammissibili.
1. I ricorsi di Miano, Patanè e Napoli, imputati che hanno definito il giudizio in grado di appello mediante l’istituto del concordato di cui all’art. 599-bis cod. pen., sono inammissibili, perché il giudice di appello ha accolto le loro richieste e “nel caso in cui il giudice di appello abbia raccolto le richieste concordemente formulate dalle parti, queste ultime non possono dedurre in sede di legittimità difetto di motivazione o altra questione relativa ai motivi rinunciati” (Sez. 3, n. 51557 del 14/11/2023, COGNOME, Rv. 285628 – 02).
Infatti, “in tema di concordato in appello, è ammissibile il ricorso in cassazione avverso la sentenza emessa ex art. 599 bis cod. proc. pen. che deduca motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato in appello, al consenso del Procuratore generale sulla richiesta ed al contenuto difforme della pronuncia del giudice, mentre sono inammissibili le doglianze relative a motivi rinunciati o alla mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen.” (Sez. 2, n. 30990 del 01/06/2018, Gueli, Rv. 272969 – 01), con la precisazione, successivamente effettuata dalle Sezioni Unite, che la pronuncia di un provvedimento difforme da quello richiesto dalle parti si può giustificare, ma soltanto “in quanto l’esercizio del predetto potere-dovere dà luogo a un provvedimento che si pone in rapporto di alternatività e di priorità logica rispetto a quello domandato dalle parti” (Sez. U, Sentenza n. 19415 del 27/10/2022, dep. 2023, Fazio, Rv. 284481, in motivazione), perché per il resto “il giudice, qualora ritenga di accedere all’accordo, non può discostarsi dai termini in cui è stato prospettato” (ibidem).
Nel caso in esame, tutti e tre i ricorsi propongono motivi proprio sul difetto di motivazione della sentenza impugnata (Miano sul giudizio di responsabilità, Patanè sugli aumenti per continuazione, Napoli sulle attenuanti generiche), ed essi, sono, pertanto, inammissibili, attenendo essi a motivi che, con la presentazione della istanza di concordato, sono stati rinunciati.
2. E’ inammissibile anche il ricorso di COGNOME.
2.1. Il primo motivo deduce che sarebbe stata travisata la prova alla base del giudizio di responsabilità dell’imputato, perché le dichiarazioni dell’addetto al servizio di vigilanza sarebbero contraddette dagli esiti del sistema di videosorveglianza che consentono di apprezzare che l’imputato è stato espulso dal locale e poi non vi rientra più.
Il motivo è inammissibile per difetto di specificità (Sez. 2, Sentenza n. 17281 del 08/01/2019, COGNOME, Rv. 276916, nonché, in motivazione, Sez. U, Sentenza n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268823),
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perché non si confronta con il percorso logico attraverso cui la sentenza impugnata è pervenuta al giudizio di responsabilità dell’imputato, atteso che lo stesso è stato condannato per essere stato l’autore materiale della prima parte della rissa (quella che si sviluppa all’interno, pure indicata nel capo di imputazione) ed essere comunque l’ispiratore anche della seconda parte della rissa (quella che avviene fuori).
Pertanto, la circostanza che NOME non sia mai tornato all’interno del locale, dopo esserne stato allontanato per aver colpito il rivale COGNOME (prima parte della condotta di rissa), è irrilevante per contrastare il percorso logico che ha portato al giudizio di responsabilità.
Il ricorso deduce poi che le dichiarazioni del testimone COGNOME (in realtà, COGNOME) sarebbero smentite da quelle del testimone COGNOME ma l’argomento è manifestamente infondato, perchè la lettura della parte delle dichiarazioni del testimone COGNOME che il difensore del ricorrente, ha trascritto nel ricorso, ne rispetto del principio dell’autosufficienza (Sez. 2, n. 20677 del 11/04/ 2017, COGNOME, rv. 270071; Sez. 4, n. 46979 del 10/11/2015, COGNOME, rv. 265053; Sez. 2, n. 26725 del 01/03/2013, Natale, rv. 256723), non consente di apprezzare l’esistenza di travisamenti della prova nella decisione impugnata, atteso che, nella parte riportata in ricorso, COGNOME dichiara espressamente che COGNOME ha aggredito COGNOME, in modo conforme a come, d’altronde, ricostruito nella sentenza impugnata.
2.2. E’ inammissibile anche il secondo motivo, in cui il ricorso deduce che il ruolo di istigatore morale attribuito all’imputato nella sentenza di primo grado era fondato sulla precedente rissa della notte tra il 16 e il 17 aprile e sarebbe stato scardinato dalle dichiarazioni rese dai soggetti che lavorano nel locale da cui emerge che questa precedente rissa non vi era mai stata.
Si tratta di una riproposizione di un motivo che era stato proposto nell’atto di appello, cui la sentenza di secondo grado ha risposto, però, che la esistenza o meno della rissa di qualche giorno prima rispetto al fatto contestato è del tutto irrilevante nel giudizio di responsabilità, atteso che l’imputato è stato condannato per una condotta materiale che ha tenuto nell’interno del locale e per il ruolo avuto la notte dei fatti in quelli accaduti all’esterno dello stesso.
Il ricorso sul punto è, pertanto, inammissibile, perché non si confronta con il percorso logico della sentenza impugnata continuando a riproporre un argomento che era stato proposto in appello contro la sentenza dii primo grado, e che era stato superato in quella di secondo grado.
3. E’ inammissibile anche il ricorso di Gagliano.
3.1. Il primo motivo deduce anzitutto vizio di motivazione nella parte in cui la sentenza impugnata ritiene provato che l’autore del reato ritratto nei fotogrammi delle telecamere di sicurezza del locale sia l’imputato, e non il fratello NOME COGNOME
L’argomento è inammissibile, perché si limita a chiedere una rivalutazione delle evidenze probatorie, che non è ammessa in sede di legittimità (Sez. 2, Sentenza n. 9106 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 280747; Sez. 3, Sentenza n. 18521 del 11/01/2018, COGNOME, Rv. 273217; Sez. 2, n. 29480 del 07/02/2017, COGNOME, Rv. 270519).
Nel giudizio di legittimità, infatti, il sindacato sulla correttezza del valutazione della prova è molto ristretto, perchè non può consistere nella rivalutazione della gravità, della precisione e della concordanza degli indizi, dato che ciò comporterebbe inevitabilmente apprezzamenti riservati al giudice di merito, ma deve limitarsi al controllo logico e giuridico della struttura della motivazione, al fine di verificare se sia stata data esatta applicazione ai criteri legali ed alle regole della logica nell’interpretazione dei risultati probatori.
Nel caso in esame, il ricorrente censura come profili di illogicità della motivazione quelle che sono in realtà conclusioni cui è pervenuta la sentenza di appello, che dedica quattro pagine alla questione della possibilità che l’imputato possa essere stato scambiato per il fratello per giungere, sulla base della valutazione del materiale probatorio a sua disposizione, ovvero la circostanza che la polizia giudiziaria abbia riconosciuto l’imputato nelle immagini delle telecamere di sicurezza e che non risulta evidenza di possibili errori in tale individuazione, ad una conclusione, motivata in modo non illogico, negativa.
Il ricorso deduce anche che la difesa aveva chiesto che il riconoscimento della persona ritratta nelle immagini fosse effettuato non in modo empirico ma con metodo scientifico, ovvero con una perizia antropometrica.
L’argomento è inammissibile, perché, una volta scelto il rito abbreviato, e definito il giudizio in primo grado con tale rito, la richiesta di perizia, a maggi ragione per quella riproposta in grado di appello, è diventata una mera sollecitazione probatoria non idonea a far sorgere in capo all’istante quel diritto alla prova, al cui esercizio ha rinunciato formulando la richiesta di rito alternativo.
Il mancato accoglimento di tale richiesta non può costituire, pertanto, vizio censurabile ex art. 606, comma 1, lett. d), cod. proc. pen. (cfr. Sez. 1, Sentenza n. 3253 del 12/06/2018, dep. 2019, Benvenuti, Rv. 276395: in tema di giudizio abbreviato non condizionato, non è deducibile come motivo di ricorso per cassazione la mancata assunzione di una prova decisiva al cui esercizio l’imputato ha rinunziato formulando la richiesta di rito alternativo; conforme Sez. 5, Sentenza n. 27985 del 5/2/2013, Rossi, Rv. 255566).
Né la deduzione del vizio può tornare sotto forma di critica alla motivazione con cui i giudici di primo e di secondo grado hanno ritenuto di non disporre l’integrazione d’ufficio del materiale probatorio sottoposto alla sua cognizione tramite il rito abbreviato, perché l’esercizio del potere del giudice d’integrazione della prova resta non suscettibile di sindacato in sede di legittimità (Sez. 5, Sentenza n. 1763 del 04/10/2021, dep. 2022, Pazienza Rv. 282395: In tema di giudizio abbreviato, l’esercizio del potere d’integrazione della prova, riconosciuto al giudice dall’art. 441, comma 5, cod. proc. pen., non è sindacabile in sede di legittimità, trattandosi di valutazione discrezionale).
3.2. E’ inammissibile anche il secondo motivo, in cui il ricorso deduce che, al più, il fatto integrerebbe un favoreggiamento personale, perché, se è vero che l’unico comportamento certo che si può attribuire a COGNOME è aver portato via uno degli autori del reato dopo la rissa perché nelle immagini egli non è ripreso materialmente corrissare, però l’argomento di ricorso non si confronta con il complessivo percorso logico della sentenze di merito, che evidenziano che COGNOME è presente ai fatti dall’inizio alla fine sempre insieme al suo gruppo di amici, e da ciò in modo non illogico ricavano un suo concorso nella partecipazione al crimine, parte della motivazione che non è attaccata in ricorso, che incorre, pertanto, in tale punto o nel difetto di specificità del motivo.
3.3. E’ inammissibile anche il terzo motivo che deduce vizio di motivazione in relazione alla mancata concessione delle attenuanti generiche.
Il ricorso deduce, in particolare, che le attenuanti avrebbero dovuto essergli riconosciute per il comportamento processuale, per la giovane età, per l’incensuratezza, ma l’argomento è inammissibile per difetto di specificità perché non prende posizione sulla motivazione della sentenza impugnata che ha respinto la richiesta delle attenuanti per la gravità dei fatti e l’inquietante inserimento de soggetto nella criminalità organizzata, argomenti con cui il ricorso non si confronta, limitandosi a dedurne altri che, a suo giudizio, avrebbero dovuto essere ritenuti prevalenti nel giudizio di cui all’art 62-bis cod. pen., ma per consolidata giurisprudenza di legittimità, in ordine alle attenuanti generiche il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli pur sempre indicati nell’art. 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell’esclusione (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME, Rv. 271269-01; Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, COGNOME, Rv. 265826-01; Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, COGNOME, Rv. 259899-01).
4. Ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., alla decisione consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento, nonché al
versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma determinata, in via equitativa, nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso il 17 aprile 2025.