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Concordato in appello: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione chiarisce i limiti del ricorso dopo un concordato in appello. In una vicenda di traffico di stupefacenti, la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che, dopo aver concordato la pena in secondo grado, chiedeva il proscioglimento. Si stabilisce che l’accordo implica la rinuncia ad altri motivi. Inammissibile anche il ricorso del coimputato sull’aggravante dell’ingente quantità, ritenuta attribuibile anche per semplice colpa o errore colposo.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in appello: la Cassazione ne definisce i limiti

L’istituto del concordato in appello, disciplinato dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo del contenzioso, ma quali sono le sue conseguenze sull’ammissibilità di un successivo ricorso in Cassazione? Con una recente ordinanza, la Suprema Corte ha ribadito principi consolidati, dichiarando inammissibili i ricorsi di due imputati condannati per traffico di stupefacenti, fornendo importanti chiarimenti sia sulla rinuncia ai motivi di ricorso sia sull’imputazione soggettiva delle aggravanti.

La vicenda processuale

Due soggetti venivano condannati in primo grado per detenzione e spaccio di un’ingente quantità di marijuana. La Corte d’Appello di Trieste, su richiesta concorde delle parti, riformava parzialmente la sentenza per uno dei due imputati, riducendone la pena in applicazione del concordato in appello. La condanna del coimputato, invece, veniva confermata.

Entrambi decidevano di ricorrere in Cassazione. Il primo, nonostante l’accordo sulla pena, deduceva una violazione di legge chiedendo il proscioglimento. Il secondo lamentava un vizio di motivazione riguardo all’applicazione dell’aggravante dell’ingente quantità, sostenendo la mancanza dell’elemento psicologico necessario per attribuirgliela.

Il ricorso dopo il concordato in appello è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso dell’imputato che aveva beneficiato del concordato in appello. I giudici hanno richiamato un principio ormai consolidato, definito ius receptum: l’adesione al concordato sulla pena implica una rinuncia ai motivi di appello precedentemente formulati.

Di conseguenza, il potere decisionale del giudice d’appello è limitato alla verifica della correttezza dell’accordo e non si estende alla valutazione di eventuali cause di proscioglimento ex art. 129 c.p.p. Presentare un ricorso in Cassazione lamentando il mancato proscioglimento è, pertanto, una doglianza inammissibile, poiché riguarda motivi a cui l’imputato ha implicitamente rinunciato.

L’aggravante dell’ingente quantità e la colpa

Anche il secondo ricorso è stato giudicato manifestamente infondato. L’imputato contestava l’attribuzione dell’aggravante dell’ingente quantità (quasi 3 kg di principio attivo), sostenendo di non essere pienamente consapevole dell’enorme quantitativo di droga detenuto per conto del correo.

La Corte ha smontato questa tesi, ricordando che, ai sensi dell’art. 59, comma 2, c.p., per l’imputazione di una circostanza aggravante oggettiva non è necessario il dolo (piena consapevolezza e volontà), ma è sufficiente che essa sia stata ignorata per colpa o ritenuta inesistente per un errore determinato da colpa. Nel caso specifico, era ampiamente prevedibile che un borsone, destinato a contenere numerosi sacchetti da un chilo ciascuno, avrebbe ospitato un quantitativo ingente. Aver lasciato al complice la libertà di riempire il borsone senza alcuna supervisione integra quel minimo di coefficiente psicologico colposo sufficiente a giustificare l’applicazione dell’aggravante.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La decisione della Suprema Corte si fonda su due pilastri argomentativi distinti per i due ricorrenti.

Per quanto riguarda il primo, la Corte sottolinea che l’effetto devolutivo dell’impugnazione viene neutralizzato dalla rinuncia ai motivi che è insita nell’accordo sulla pena. Il giudice del concordato in appello non è tenuto a motivare sul perché non abbia prosciolto l’imputato, poiché la sua cognizione è limitata ai termini dell’accordo. Questo orientamento, già consolidato, rafforza la natura negoziale dell’istituto e la sua funzione di rapida definizione del processo.

Per il secondo ricorrente, i giudici hanno evidenziato come la motivazione della Corte d’Appello fosse logica e congrua. La prevedibilità dell’ingente quantità era desumibile da elementi concreti: l’imputato aveva visto il contenuto del borsone, con 15 sacchetti di cui 13 da oltre un chilo, e aveva ammonito il complice sulla rischiosità della detenzione. Era quindi illogico sostenere una totale inconsapevolezza. La Corte ribadisce che per le aggravanti oggettive basta la colpa, ovvero la possibilità di rappresentarsi l’esistenza della circostanza usando l’ordinaria diligenza.

Conclusioni: implicazioni pratiche della sentenza

L’ordinanza in esame offre due importanti lezioni pratiche. In primo luogo, conferma che la scelta del concordato in appello è una strada senza ritorno: l’imputato ottiene uno sconto di pena ma perde la facoltà di contestare nel merito la propria responsabilità in Cassazione. È una scelta strategica che va ponderata attentamente con il proprio difensore. In secondo luogo, ribadisce un principio fondamentale in materia di concorso di persone nel reato: non ci si può nascondere dietro un’asserita ignoranza quando le circostanze oggettive rendevano una situazione, come la presenza di un’ingente quantità di droga, facilmente prevedibile.

È possibile presentare ricorso in Cassazione dopo aver raggiunto un accordo sulla pena in appello (concordato in appello)?
No, il ricorso è inammissibile se deduce motivi relativi alla formazione della volontà, al consenso del Procuratore o a un contenuto difforme della pronuncia. L’adesione al concordato implica la rinuncia ai motivi di appello, inclusa la richiesta di proscioglimento ex art. 129 c.p.p.

Perché il giudice d’appello non deve motivare il mancato proscioglimento se c’è un concordato sulla pena?
A causa dell’effetto devolutivo proprio dell’impugnazione, una volta che l’imputato ha rinunciato ai motivi di appello aderendo al concordato, la cognizione del giudice è limitata ai soli motivi non oggetto di rinuncia. Pertanto, non è tenuto a pronunciarsi su cause di proscioglimento che non sono state oggetto del gravame residuo.

Come può essere attribuita l’aggravante dell’ingente quantità a un concorrente che non era pienamente consapevole dell’esatto quantitativo?
Secondo l’art. 59, comma 2, c.p., non è necessario il dolo (piena consapevolezza). È sufficiente che la circostanza aggravante sia stata ignorata per colpa o ritenuta inesistente per un errore determinato da colpa. Se le circostanze del caso rendevano prevedibile la presenza di un ingente quantitativo, l’aggravante è correttamente applicata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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