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Concordato in appello: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che, dopo aver raggiunto un accordo sulla pena in secondo grado (cosiddetto concordato in appello), aveva impugnato la sentenza lamentando la mancata valutazione delle condizioni per un proscioglimento immediato. La Suprema Corte ha ribadito che l’adesione al concordato in appello comporta la rinuncia a tali motivi, rendendo il successivo ricorso palesemente infondato e sanzionabile con il pagamento delle spese e di una multa.

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Pubblicato il 17 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: L’Impossibilità di Appellarsi a Motivi Rinunciati

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sui limiti del ricorso per Cassazione a seguito di un concordato in appello. La Suprema Corte ha stabilito che, una volta raggiunto un accordo sulla pena in secondo grado, l’imputato non può più sollevare questioni che si considerano implicitamente rinunciate, come la mancata applicazione del proscioglimento immediato. Vediamo nel dettaglio la vicenda e i principi di diritto affermati.

I Fatti del Caso

Un soggetto, condannato in primo grado per una serie di reati contro il patrimonio (tra cui furto aggravato e ricettazione in concorso), decideva di accedere al rito del concordato in appello, previsto dall’articolo 599-bis del codice di procedura penale. La Corte d’Appello, preso atto dell’accordo tra le parti, rideterminava la pena in senso più favorevole all’imputato, confermando però la sua responsabilità penale.

Nonostante l’accordo, l’imputato proponeva ricorso per Cassazione, sostenendo un unico motivo: la Corte d’Appello avrebbe omesso di valutare la sussistenza delle condizioni per un proscioglimento immediato ai sensi dell’art. 129 c.p.p., che impone al giudice di assolvere l’imputato in ogni stato e grado del processo qualora ne ricorrano i presupposti evidenti.

Le Implicazioni del Concordato in Appello e la Decisione della Corte

Il ricorso è stato giudicato inammissibile dalla Corte di Cassazione con una procedura semplificata, senza udienza formale. La decisione si fonda su un principio consolidato in giurisprudenza: l’accordo sulla pena in appello implica una rinuncia a far valere determinate censure.

In particolare, la richiesta di applicazione dell’art. 129 c.p.p. è incompatibile con la volontà di concordare la pena. L’imputato, accettando una condanna (seppur mitigata), rinuncia implicitamente a sostenere la propria totale estraneità ai fatti o l’insussistenza del reato. Pertanto, sollevare tale questione in Cassazione costituisce una doglianza su un motivo rinunciato, che non può essere esaminata.

La Condanna alle Spese e alla Sanzione Pecuniaria

La Corte non si è limitata a dichiarare l’inammissibilità del ricorso. Ha anche condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di quattromila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa sanzione aggiuntiva è giustificata dalla palese infondatezza del ricorso. Secondo la Cassazione, l’inammissibilità era così evidente da configurare una colpa da parte del ricorrente nel proporre l’impugnazione, attivando inutilmente la macchina della giustizia.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte sono chiare e lineari. L’istituto del concordato in appello si basa su una logica deflattiva e premiale: lo Stato ottiene una definizione rapida del processo, mentre l’imputato beneficia di una riduzione di pena. Questo equilibrio si regge sulla rinuncia dell’imputato a contestare nel merito la propria colpevolezza. Sostenere, dopo aver accettato l’accordo, che si sarebbe dovuti essere assolti, rappresenta una contraddizione logica e giuridica. La giurisprudenza citata nell’ordinanza (tra cui Cass. n. 944/2020 e n. 22002/2019) conferma in modo unanime che sono inammissibili le doglianze relative a motivi rinunciati e alla mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ex art. 129 c.p.p. in caso di concordato. La decisione di procedere de plano (cioè senza discussione orale) e di irrogare una sanzione pecuniaria sottolinea la gravità di un utilizzo improprio degli strumenti di impugnazione.

Le Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale per chi affronta un processo penale: la scelta di un rito alternativo, come il concordato in appello, ha conseguenze definitive e non reversibili. Se da un lato offre il vantaggio di una pena certa e ridotta, dall’altro preclude la possibilità di contestare la condanna su determinati punti. La decisione di ricorrere in Cassazione deve essere ponderata attentamente, poiché un’impugnazione basata su motivi palesemente inammissibili non solo viene respinta, ma comporta anche significative conseguenze economiche per il ricorrente.

Cosa succede se presento un ricorso in Cassazione dopo aver accettato un concordato in appello?
Se il ricorso si basa su motivi che sono considerati implicitamente rinunciati con l’accordo (come la mancata assoluzione ex art. 129 c.p.p.), la Corte di Cassazione lo dichiarerà inammissibile.

Posso contestare la mia colpevolezza dopo aver firmato un concordato in appello?
No. Secondo la Corte, l’adesione al concordato in appello implica l’accettazione della condanna e la rinuncia a sollevare questioni incompatibili con essa, come l’esistenza di cause di proscioglimento.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile in questo contesto?
Oltre a non ottenere alcun risultato, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria (in questo caso 4.000 euro) da versare alla Cassa delle ammende, a causa della colpa nel proporre un ricorso evidentemente infondato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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