Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 3305 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 3305 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/12/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: NOME nato a NAPOLI il 16/10/1982 NOME nato a NAPOLI il 25/05/1980
avverso la sentenza del 21/05/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
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udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
R.G. 34655/2024 GLYPH -GLYPH Rel. COGNOME -GLYPH Ud. 18.12.2024
Considerato che COGNOME NOME e COGNOME NOME ricorrono avverso la sentenza della Corte di appello di Roma, che, su accordo delle parti ex art. 599-bis cod. proc. pen., ha rideterminato la pena irrogata nei sensi concordati dalle parti, confermando nel resto la sentenza di primo grado, con la quale gli imputati erano stati ritenuti responsabili, entrambi, del reato di cui all’art. 291 bis DPR 43/1973 e, il solo COGNOME NOME, anche del reato di cui all’art. 497 bis co. 1 e 2 cod. pen.;
Considerato che COGNOME NOME, con tre motivi di ricorso, lamenta inosservanza delle norme processuali in ordine all’applicazione della circostanza aggravante della recidiva e alla continuazione esterna a lui riferita in sentenza (denunziando una reformatio in peius e la difformità tra accordo e pena rideterminata) e che COGNOME NOME, con un solo motivo di ricorso, denunzia erronea applicazione della legge penale e vizi di motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio;
Considerato che le questioni sul trattamento sanzionatorio sono inammissibili alla luce del modulo definitorio prescelto in appello. L’art. 599-bis, comma 1, cod. proc. pen., introdotto dalla legge n. 103 del 23 giugno 2017, prevede che la Corte di appello provveda in camera di consiglio anche quando le parti, nelle forme previste dall’articolo 589 dello stesso codice, ne fanno richiesta dichiarando di concordare sull’accoglimento, in tutto o in parte, dei motivi di appello, con rinuncia agli altri eventuali motivi. Se i motivi dei quali viene chiesto l’accoglimento comportano una nuova determinazione della pena, il pubblico ministero, l’imputato e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria indicano al giudice anche la pena sulla quale sono d’accordo.
Come questa Corte ha già avuto occasione di affermare sia al cospetto di ricorsi proposti avverso sentenze emesse ex art. 599-bis cod. proc. pen., sia avverso sentenze pronunziate nel vigore del similare istituto previsto dell’art. 599, comma 4, cod. proc. pen. (successivamente abrogato dal decreto legge 23 maggio 2008 n. 92, conv. con modif. nella I. 24 luglio 2008 n. 125), è inammissibile il ricorso per cassazione proposto in relazione alla misura della pena concordata, atteso che il negozio processuale liberamente stipulato dalle parti, una volta consacrato nella decisione del giudice, non può essere unilateralmente modificato, salva l’ipotesi di illegalità della pena concordata
(Sez. U, Ordinanza n. 5466 del 28/01/2004, COGNOME, Rv. 226715; Sez. 3, n. 19983 del 09/06/2020, COGNOME, Rv. 279504; Sez. 5, n. 7333 del 13/11/2018, dep. 2019, Alessandria, Rv. 275234).
Le Sezioni Unite, nell’ordinanza COGNOME, hanno, in particolare, statuito che la richiesta di applicazione della pena e il consenso prestato «sono, infatti, espressioni della volontà delle parti di esercitare il potere dispositivo riconosciuto loro dalla legge e concorrono alla formazione di un negozio giuridico processuale, liberamente stipulato, che, una volta ricevuto con la ratifica del giudice il crisma della conformità ai canoni ordinamentali, non può essere unilateralmente modificato da colui che lo ha promosso o vi ha aderito, con l’allegazione, per giunta, di ragioni precluse dall’implicita rinuncia a farle valere contenuta nella stessa proposta di determinazione del trattamento sanzionatorio in una certa misura».
Ne consegue che, non potendo essere messo in discussione il trattamento sanzionatorio concordato tra le parti, neanche la parte si può dolersi dell’assenza di motivazione sul punto.
Considerato – quanto alle doglianze di NOME COGNOME in ordine alla difformità tra decisione e accordo e alla reformatio in peius che avrebbe caratterizzato la sentenza impugnata – che:
la pena rideterminata in dispositivo, secondo il calcolo esplicitato alla quarta pagina della sentenza impugnata, è conforme all’accordo raggiunto tra le parti;
il riferimento, nella quinta pagina della sentenza impugnata, all’aumento per la recidiva quanto a NOME COGNOME e l’accenno, nella quarta pagina della sentenza impugnata, all’esclusione della recidiva per il solo COGNOME NOME da parte della sentenza di primo grado, sono meri errori materiali nella redazione della motivazione della decisione avversata, come è evidente laddove si ponga mente alla circostanza che la Corte di merito ha comunque dato atto, nella terza pagina e nella quarta pagina della sentenza impugnata, della scelta del Giudice di prime cure di escludere la recidiva anche per NOME COGNOME e, soprattutto, non ne ha tenuto conto nel calcolo della pena, che ha operato la diminuzione per le circostanze attenuanti generiche sulla pena base, senza coinvolgere le attenuanti nel giudizio di comparazione che sarebbe stato ineludibile qualora si fosse ritenuta applicabile la recidiva;
analogo errore materiale (con un’inversione tra gli imputati) si coglie nella pagina quarta della sentenza impugnata a proposito della continuazione
esterna, che poi nel calcolo della pena è stata correttamente attribuita a NOME COGNOME e non a NOME COGNOME;
Rilevato, pertanto, che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili senza formalità di procedura, ai sensi dell’art. 610 comma 5-bis cod. proc. pen., e che i ricorrenti devono essere condannati al pagamento delle spese processuali, mentre il solo NOME COGNOME deve essere altresì condannato al pagamento di una somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, così equitativamente determinata in relazione ai motivi di ricorso che inducono a ritenere la parte in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. 13/6/2000 n.186); analoga valutazione non può essere svolta per NOME COGNOME che è stato indotto a formulare le censure da oggettivi errori materiali nella sentenza impugnata.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e il solo COGNOME NOME al pagamento della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 18 dicembre 2024
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estensore GLYPH
Il Presidente