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Concordato in appello: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un’imputata contro una sentenza di patteggiamento della pena, o concordato in appello. La Corte ha stabilito che i motivi di ricorso sono estremamente limitati in questi casi. Inoltre, ha respinto una questione di legittimità costituzionale sulla Riforma Cartabia, chiarendo che non esistono vuoti normativi per l’applicazione delle sanzioni sostitutive. Infine, ha precisato che l’omessa pronuncia sulla restituzione di beni sequestrati non invalida la sentenza, ma deve essere risolta tramite un incidente di esecuzione.

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Pubblicato il 21 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: Limiti al Ricorso e Chiarimenti sulla Riforma Cartabia

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 21523/2024) offre importanti chiarimenti sui limiti dell’impugnazione di una sentenza emessa a seguito di concordato in appello. Questo strumento, che permette di accordarsi sulla pena nel secondo grado di giudizio, comporta una significativa restrizione dei motivi per cui è possibile ricorrere in Cassazione. La Corte ha inoltre colto l’occasione per dissipare i dubbi sull’applicazione delle norme transitorie della Riforma Cartabia.

I Fatti del Processo

Il caso nasce dalla condanna di un’imputata per un reato legato agli stupefacenti. In secondo grado, la difesa e l’accusa raggiungevano un accordo sulla pena, definito appunto ‘concordato in appello’. La Corte d’Appello di Perugia, recependo l’accordo, rideterminava la pena in quattro anni di reclusione e 18.000 euro di multa.

Nonostante l’accordo, la difesa presentava ricorso in Cassazione, sollevando due questioni principali.

I Motivi del Ricorso: Riforma Cartabia e Omessa Pronuncia

Il ricorso si basava su due doglianze:

1. Presunta Illegittimità Costituzionale della Riforma Cartabia: La difesa sosteneva che la disciplina transitoria della riforma (art. 95 d.lgs. 150/2022) avesse creato un ‘buco’ normativo. A suo dire, chi si trovava nella situazione dell’imputata – con una sentenza di appello emessa prima dell’entrata in vigore della riforma ma non ancora definitiva – non avrebbe potuto beneficiare delle nuove sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi. Ciò avrebbe creato una disparità di trattamento rispetto a chi aveva un processo ancora pendente in primo o secondo grado, violando i principi di uguaglianza e del diritto di difesa.

2. Omessa Pronuncia su un Bene Sequestrato: Il secondo motivo lamentava che la Corte d’Appello non si fosse pronunciata sulla richiesta di restituzione di un telefono cellulare sottoposto a sequestro, violando così le norme procedurali.

La Decisione della Corte di Cassazione e i Limiti del Concordato in Appello

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile in ogni sua parte, fornendo motivazioni nette e precise che delineano la natura e gli effetti del concordato in appello.

L’Inammissibilità dei Motivi dopo il Concordato

Il punto centrale della decisione è che, quando si accetta un concordato in appello, si rinuncia implicitamente a contestare la responsabilità e la qualificazione giuridica del fatto. Di conseguenza, il successivo ricorso in Cassazione è ammesso solo per motivi molto specifici, come vizi nella formazione della volontà di accordarsi, il mancato consenso del pubblico ministero o un’illegalità della pena (ad esempio, se fosse diversa da quella prevista dalla legge o fuori dai limiti edittali). I motivi sollevati dalla difesa non rientravano in queste ristrette categorie.

L’Infondatezza della Questione sulla Riforma Cartabia

La Corte ha definito la questione di legittimità costituzionale manifestamente infondata. Contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, non esiste alcun vuoto normativo. La Cassazione ha chiarito che, una volta emessa la sentenza di appello, il procedimento si considera pendente davanti alla Corte di Cassazione ai fini della disciplina transitoria. Pertanto, una volta che la condanna diventa definitiva, l’imputata potrà rivolgersi al giudice dell’esecuzione per chiedere l’applicazione delle sanzioni sostitutive previste dalla Riforma Cartabia. Non vi è, quindi, alcuna disparità di trattamento.

La Soluzione per i Beni in Sequestro

Anche il secondo motivo è stato giudicato infondato. La Corte ha ribadito un principio consolidato: l’omessa pronuncia del giudice sulla restituzione di beni sequestrati, in una sentenza di patteggiamento o concordato, non ne causa la nullità. L’unico strumento a disposizione dell’interessato per ottenere la restituzione del bene è l’attivazione di un apposito procedimento, l’incidente di esecuzione, dopo che la sentenza è diventata irrevocabile.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte di Cassazione si fonda sulla natura pattizia del concordato in appello. L’accordo sulla pena implica l’accettazione del merito della condanna, limitando drasticamente le successive possibilità di impugnazione. Qualsiasi altra interpretazione svuoterebbe di significato l’istituto stesso, che mira proprio a una definizione più rapida del processo in cambio di uno sconto di pena. Per quanto riguarda la Riforma Cartabia, la Corte ha adottato un’interpretazione logica e sistematica della norma transitoria, garantendo che i diritti del condannato possano essere esercitati nella fase esecutiva, senza creare ingiustificate lacune. Infine, la gestione dei beni sequestrati viene correttamente collocata nella fase dell’esecuzione, separata dal giudizio di merito sulla colpevolezza e sulla pena.

Le Conclusioni

Questa sentenza ribadisce tre importanti principi pratici. Primo: chi sceglie la via del concordato in appello deve essere consapevole che le possibilità di un successivo ricorso in Cassazione sono estremamente ridotte e non possono riguardare il merito della decisione. Secondo: le nuove sanzioni sostitutive introdotte dalla Riforma Cartabia sono accessibili anche per i processi che si trovavano in una fase di transizione al momento della sua entrata in vigore, attraverso un’istanza al giudice dell’esecuzione. Terzo: le questioni relative a beni sequestrati, se non decise con la sentenza, devono essere affrontate con un procedimento ad hoc (incidente di esecuzione) e non possono essere utilizzate come motivo per invalidare la sentenza stessa.

È possibile impugnare in Cassazione una sentenza emessa a seguito di concordato in appello per qualsiasi motivo?
No. La sentenza emessa ai sensi dell’art. 599-bis cod. proc. pen. è ricorribile in Cassazione solo per motivi specifici, come quelli relativi alla formazione della volontà, al consenso del pubblico ministero, o all’illegalità della pena inflitta, ma non per contestare la responsabilità o la valutazione dei fatti.

La Riforma Cartabia ha lasciato un vuoto normativo per chi aveva una sentenza di appello emessa prima del 30 dicembre 2022 ma non ancora definitiva?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che non esiste alcun vuoto normativo. Per tali processi, considerati pendenti in Cassazione, il condannato può chiedere l’applicazione delle sanzioni sostitutive al giudice dell’esecuzione una volta che la sentenza è diventata irrevocabile.

Cosa si può fare se il giudice, in una sentenza di concordato in appello, omette di decidere sulla restituzione di un bene sequestrato?
L’omessa pronuncia non determina la nullità della sentenza. La parte interessata deve attivare un apposito procedimento, chiamato ‘incidente di esecuzione’, per chiedere la restituzione del bene dopo che la sentenza è diventata definitiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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