LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Concordato in appello: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 13489/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro una sentenza della Corte d’Appello. Il caso verteva sul **concordato in appello**, un accordo tra le parti sulla pena. La Suprema Corte ha ribadito che, una volta raggiunto e formalizzato, tale accordo non può essere impugnato unilateralmente, salvo l’ipotesi di pena illegale, condannando il ricorrente al pagamento delle spese e di una sanzione.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 10 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in appello: l’accordo sulla pena non si può più discutere

L’ordinanza n. 13489 del 2024 della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sulla natura e gli effetti del concordato in appello, l’istituto previsto dall’art. 599-bis del codice di procedura penale. La Suprema Corte ha stabilito un principio netto: l’accordo raggiunto tra le parti sulla pena, una volta recepito dal giudice, assume carattere vincolante e non può essere successivamente messo in discussione in modo unilaterale. Vediamo nel dettaglio la vicenda e le motivazioni della Corte.

I Fatti di Causa

Un imputato, condannato per il reato di furto aggravato, proponeva ricorso per Cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello. La particolarità del caso risiedeva nel fatto che la decisione di secondo grado era stata emessa proprio a seguito di un concordato in appello. Le parti, infatti, avevano raggiunto un accordo sull’accoglimento parziale dei motivi di appello e sulla conseguente rideterminazione della pena, come previsto dall’art. 599-bis c.p.p., introdotto dalla riforma del 2017.
Nonostante l’accordo, il ricorrente decideva di impugnare la sentenza, censurando la motivazione relativa al trattamento sanzionatorio, ossia proprio l’elemento che era stato oggetto del patto processuale.

L’analisi del concordato in appello secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, basando la propria decisione sulla natura stessa dell’istituto del concordato in appello. Questo strumento processuale consente all’imputato e al pubblico ministero di trovare un’intesa sull’esito del giudizio di secondo grado. Le parti possono accordarsi sull’accoglimento di uno o più motivi, rinunciando agli altri, e definire consensualmente la pena da applicare.
Il giudice d’appello, a questo punto, è chiamato a verificare la correttezza dell’accordo e, se lo ritiene congruo, a recepirlo nella propria sentenza. Una volta che questo accade, l’accordo si consolida e diventa parte integrante della decisione giudiziale.

Le Motivazioni della Decisione

I giudici della Suprema Corte hanno chiarito che l’accordo sulla pena costituisce un vero e proprio “negozio processuale”. Si tratta di un patto liberamente stipulato tra le parti che, una volta consacrato nella decisione del giudice, non può essere unilateralmente modificato o contestato. Consentire a una delle parti di rimettere in discussione un punto su cui si era precedentemente accordata minerebbe la stabilità e la funzione stessa dell’istituto, finalizzato a deflazionare il carico giudiziario.
La Corte ha specificato che l’unica eccezione a questa regola si verifica nell’ipotesi di “illegalità della pena concordata”. Solo se la pena pattuita tra le parti e ratificata dal giudice fosse contraria a norme imperative di legge (ad esempio, inferiore ai minimi edittali o di specie diversa da quella prevista), sarebbe possibile un’impugnazione. Nel caso di specie, il ricorrente contestava la motivazione della sanzione, non la sua illegalità, rendendo il suo motivo di ricorso palesemente inammissibile.

Le Conclusioni

La decisione della Cassazione rafforza il principio di autoresponsabilità delle parti nel processo penale. Chi sceglie la via del concordato in appello accetta consapevolmente di definire la propria posizione processuale attraverso un accordo, rinunciando a future contestazioni sui punti concordati. L’ordinanza serve da monito: l’accordo sulla pena è una scelta strategica con effetti vincolanti e irreversibili, non una decisione temporanea che può essere messa in discussione a piacimento. La conseguenza per il ricorrente è stata non solo la conferma della condanna, ma anche l’aggiunta del pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di quattromila euro a favore della Cassa delle Ammende.

È possibile impugnare una sentenza basata su un accordo tra le parti in appello?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che una volta che le parti hanno liberamente stipulato un accordo sulla pena (concordato in appello) e questo è stato recepito nella decisione del giudice, tale accordo non può essere modificato o impugnato unilateralmente.

In quali casi un concordato in appello può essere contestato?
L’unica eccezione prevista per contestare un accordo sulla pena già formalizzato è l’ipotesi di ‘illegalità della pena concordata’. Se la pena pattuita è contraria alla legge, allora può essere oggetto di ricorso.

Cosa succede se si presenta un ricorso inammissibile contro un concordato in appello?
Se il ricorso viene dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende, come sanzione per aver adito la giustizia senza fondati motivi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati