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Concordato in appello: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato che, dopo aver ottenuto una riduzione di pena tramite un concordato in appello per un reato legato agli stupefacenti, aveva impugnato la decisione. La Suprema Corte ha stabilito che la legge preclude il ricorso in Cassazione dopo tale accordo processuale, condannando il ricorrente al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 8 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello e Ricorso in Cassazione: Analisi di una Dichiarazione di Inammissibilità

Il concordato in appello, introdotto dalla riforma Orlando (Legge n. 103/2017), rappresenta uno strumento processuale volto a deflazionare il carico giudiziario e a velocizzare la definizione dei processi. Tuttavia, la scelta di avvalersi di questa procedura comporta conseguenze significative sulla possibilità di impugnare ulteriormente la decisione. Con la recente ordinanza n. 12249/2024, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: una volta siglato l’accordo in appello, la via del ricorso in Cassazione è, di regola, preclusa. Analizziamo insieme il caso e le motivazioni della Suprema Corte.

I Fatti del Caso

Il ricorrente era stato condannato in primo grado dal Tribunale di Roma per violazione della normativa sugli stupefacenti (art. 73, comma 4, d.P.R. 309/1990). In sede di appello, la difesa aveva raggiunto un accordo con la pubblica accusa ai sensi dell’art. 599-bis del codice di procedura penale. La Corte d’Appello di Roma, accogliendo la richiesta congiunta, aveva parzialmente riformato la sentenza di primo grado, rideterminando e riducendo la pena, confermando nel resto la condanna.

Nonostante l’accordo raggiunto, l’imputato decideva di presentare ricorso per Cassazione, lamentando un presunto difetto di motivazione e una violazione di legge in merito alla commisurazione della pena applicata dalla Corte d’Appello.

Il Ricorso in Cassazione dopo il Concordato in Appello

L’essenza del concordato in appello risiede in un patto processuale: l’imputato rinuncia a tutti i motivi di appello, ad eccezione di quelli relativi alla determinazione della pena, sulla quale le parti propongono un accordo alla Corte. Se il giudice ritiene l’accordo congruo e legittimo, lo ratifica con la propria sentenza. La normativa ha previsto una specifica conseguenza per chi sceglie questa strada. Il ricorso dell’imputato si fondava sull’idea che, pur in presenza di un accordo, il giudice mantenesse un obbligo di motivazione pieno sulla quantificazione della pena, la cui assenza avrebbe viziato la sentenza.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. Le motivazioni della decisione sono nette e si basano su un’interpretazione letterale e sistematica della legge.

Il punto centrale è l’articolo 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale. Questa norma, introdotta contestualmente all’art. 599-bis, stabilisce chiaramente che, in caso di sentenza emessa a seguito di concordato, il ricorso in Cassazione è inammissibile. La Corte Suprema ha sottolineato che la sentenza d’appello non è altro che l’applicazione dell’accordo raggiunto tra le parti, previa verifica da parte del giudice della sua legittimità e correttezza giuridica. L’accordo stesso, che include la pena, sostituisce la necessità di un’ampia motivazione sulla sua commisurazione, poiché è il frutto della volontà delle parti.

Pertanto, presentare un ricorso che contesta proprio l’elemento oggetto dell’accordo è una contraddizione logica e giuridica che la legge sanziona con l’inammissibilità de plano, ovvero senza necessità di udienza.

Le Conclusioni: Effetti del Patto Processuale

L’ordinanza in esame conferma che la scelta del concordato in appello è una decisione strategica con effetti definitivi. A fronte del beneficio di una pena concordata e ridotta, si accetta la rinuncia a ulteriori gradi di giudizio nel merito. La sentenza della Corte d’Appello che recepisce l’accordo acquisisce una stabilità che non può essere messa in discussione davanti alla Cassazione.

La declaratoria di inammissibilità ha comportato, come previsto dall’art. 616 c.p.p., non solo la conferma della decisione impugnata, ma anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di quattromila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa pronuncia serve da monito: gli strumenti processuali premiali richiedono una valutazione attenta e consapevole delle loro implicazioni, poiché chiudono la porta a future contestazioni.

È possibile presentare ricorso in Cassazione dopo aver raggiunto un “concordato in appello”?
No, la legge (art. 610, comma 5-bis, c.p.p.) stabilisce espressamente che il ricorso è inammissibile. L’accordo tra le parti sulla pena, ratificato dal giudice, preclude di regola ulteriori impugnazioni su quel punto.

Qual è la conseguenza di un ricorso dichiarato inammissibile dalla Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, il cui importo è stabilito dalla Corte, da versare alla Cassa delle ammende.

Cosa valuta la Corte d’Appello quando le parti propongono un “concordato”?
La Corte d’Appello non si limita a ratificare passivamente l’accordo. Come indicato nell’ordinanza, essa compie una verifica, seppur sintetica, sulla legittimità dell’iniziativa e sulla correttezza giuridica del concordato proposto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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