Concordato in Appello: Limiti all’Impugnazione in Cassazione
Il concordato in appello, introdotto dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo del contenzioso che permette alle parti di accordarsi sulla rideterminazione della pena nel secondo grado di giudizio. Tuttavia, l’adesione a tale accordo comporta importanti conseguenze sulla possibilità di impugnare la successiva sentenza. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini del ricorso, ribadendo un principio consolidato: non ci si può dolere della motivazione sulla pena dopo averla concordata.
I Fatti di Causa
Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte di Appello. Quest’ultima aveva applicato una pena determinata tramite un concordato in appello. In particolare, l’imputato era stato condannato per il grave reato di associazione di tipo mafioso (art. 416-bis c.p.), in continuazione con altri reati per i quali era già intervenuta una precedente condanna.
Con un unico motivo di ricorso, la difesa lamentava un vizio di motivazione della sentenza d’appello in relazione al trattamento sanzionatorio, ovvero al calcolo della pena inflitta per il reato più grave. Si contestava, in sostanza, il modo in cui i giudici avevano giustificato la misura della pena, seppur questa fosse il risultato di un accordo tra le parti.
La Decisione della Corte e la Logica del Concordato in Appello
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un’interpretazione rigorosa della natura e degli effetti del concordato in appello. I giudici hanno richiamato il proprio orientamento consolidato, secondo cui la sentenza emessa a seguito di un accordo ex art. 599-bis c.p.p. può essere impugnata in Cassazione solo per motivi molto specifici.
Questi motivi eccezionali includono:
1. Vizi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere all’accordo (es. errore, violenza, dolo).
2. Problemi relativi al consenso prestato dal pubblico ministero.
3. Un contenuto della sentenza difforme rispetto all’accordo raggiunto tra le parti.
4. L’applicazione di una pena illegale, ovvero una sanzione che non rientra nei limiti edittali previsti dalla legge o che è di tipo diverso da quello prescritto.
Al di fuori di queste ipotesi, l’accordo tra le parti ha un effetto preclusivo: l’imputato, accettando la pena, rinuncia implicitamente a contestare tutti gli altri aspetti della sentenza che sono logicamente collegati all’accordo stesso, come la motivazione sulla congruità della pena.
Le motivazioni
La Corte ha spiegato che la doglianza relativa al vizio di motivazione sulla misura della pena non rientra in nessuna delle categorie di ricorso ammesse. Scegliendo la via del concordato in appello, l’imputato accetta non solo l’entità della pena, ma anche il percorso logico-giuridico che la sostiene, a patto che non si traduca in un’illegalità della sanzione. Contestare la motivazione sarebbe una contraddizione in termini, poiché significherebbe rimettere in discussione un punto su cui si è già raggiunto un accordo definitivo con la pubblica accusa, cristallizzato dalla sentenza del giudice.
La Suprema Corte ha sottolineato che sono inammissibili anche le doglianze relative a motivi rinunciati, come la mancata valutazione di cause di proscioglimento evidenti (ex art. 129 c.p.p.), poiché la scelta del concordato implica una valutazione di convenienza che supera tali questioni. Pertanto, il ricorso dell’imputato, incentrato su un aspetto coperto dall’accordo, è stato ritenuto privo dei requisiti di ammissibilità.
Le conclusioni
Questa ordinanza conferma la natura pattizia e tombale del concordato in appello. Si tratta di un istituto che offre un beneficio (la certezza di una pena concordata e spesso ridotta) in cambio di una significativa rinuncia al diritto di impugnazione. Per gli avvocati e i loro assistiti, ciò significa che la decisione di accedere a un concordato deve essere ponderata con estrema attenzione, avendo piena consapevolezza che le possibilità di un successivo ricorso in Cassazione saranno drasticamente limitate. La pronuncia si chiude, come di prassi in caso di inammissibilità, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, a causa della colpa nell’aver promosso un’impugnazione non consentita dalla legge.
È possibile ricorrere in Cassazione contro una sentenza che applica un ‘concordato in appello’ per lamentare un vizio di motivazione sulla pena?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che tale motivo di ricorso è inammissibile. Accettando il concordato, l’imputato rinuncia a contestare la motivazione sulla misura della pena concordata, poiché tale doglianza è coperta dall’accordo stesso.
In quali casi è ammissibile il ricorso in Cassazione dopo un concordato in appello?
Il ricorso è ammissibile solo per motivi specifici, come quelli relativi a vizi nella formazione della volontà di accedere al concordato, al consenso del pubblico ministero, o se la sentenza del giudice è difforme dall’accordo raggiunto. È anche ammesso se la pena applicata è illegale (ad esempio, fuori dai limiti di legge).
Cosa succede se un ricorso viene dichiarato inammissibile in questi casi?
Come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale, la parte che ha proposto il ricorso inammissibile viene condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, a causa della colpa nel determinare la causa di inammissibilità.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 11806 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 2 Num. 11806 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a CATANIA il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 21/04/2023 della CORTE APPELLO di CATANIA
letti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; a seguito di trattazione con procedura de plano.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
COGNOME NOME, per il tramite del proprio difensore, ricorre avverso la sentenza in data 21/04/2023 della Corte di appello di Catania che ha applicato la pena indicata dalle parti, così come da loro determinata con l’accordo raggiunto ai sensi dell’art. 599-bis, cod.proc.pen.
1.1. Con un unico motivo deduce il vizio di motivazione in relazione al trattamento sanzionatorio in relazione al reato di cui all’art. 416-bis cod. pen., ritenuto in continuazione con reati per cui aveva riportato condanna cori sentenza in data 22/0472020 della Corte di appello di Catania.
Ciò premesso, il ricorso è inammissibile perché propone questioni non consentite in presenza di una sentenza pronunciata a seguito di rinuncia ai motivi di ricorso, dovendosi richiamare il consolidato insegnamento della Corte di cassazione secondo il quale «in tema di concordato in appello, è ammissibile il ricorso in cassazione avverso la sentenza emessa ex art. 599-bis cod. proc:. pen. che deduca motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato, al consenso del pubblico ministero sulla richiesta ed al contenuto difforme della pronuncia del giudice, mentre sono inammissibili le doglianze relative a motivi rinunciati, alla
mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. e, altresì, a vizi attinenti alla determinazione della pena che non si siano trasfusi nella illegalità della sanzione inflitta, in quanto non rientrante nei limiti edittali ovve diversa da quella prevista dalla legge», (Sez. 1, Sentenza n. 944 cel 23/10/2019 Cc., dep. 13/01/2020, Rv. 278170).
Il vizio di motivazione in ordine alla misura della pena inflitta per il reato ritenuto in continuazione così come concordato dalle parti, dunque, si pone al di fuori delle ipotesi per cui è consentito il ricorso per cassazione nei confronti di una sentenza emessa ai sensi dell’art. 599-bis, cod. proc. pen.. Da qui l’inammissibilità del ricorso.
Alla declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in data 22/02/2024
Il Consigliere est.
COGNOME Il Presidente,