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Concordato in appello: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibili i ricorsi di alcuni imputati condannati per reati legati agli stupefacenti. La decisione si fonda sul fatto che gli imputati avevano precedentemente stipulato un “concordato in appello” (art. 599-bis c.p.p.), rinunciando così ai motivi di gravame. La Corte chiarisce che tale accordo preclude la possibilità di sollevare in Cassazione questioni relative alla responsabilità penale o al trattamento sanzionatorio, salvo casi eccezionali come una pena illegale, non riscontrati nel caso di specie.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: La Cassazione Chiarisce i Limiti del Ricorso

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cruciale in materia di concordato in appello, noto anche come ‘patteggiamento in appello’. La scelta di questo rito processuale, sebbene vantaggiosa per la definizione della pena, comporta una conseguenza drastica: la quasi totale preclusione alla possibilità di ricorrere successivamente in Cassazione. La pronuncia in esame offre un’analisi dettagliata degli effetti della rinuncia ai motivi di gravame che tale accordo implica.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da una condanna in primo grado per plurimi episodi legati alla violazione della normativa sugli stupefacenti. Gli imputati, in sede di giudizio di secondo grado, decidevano di accedere al concordato in appello, come previsto dall’art. 599-bis del codice di procedura penale. La Corte d’Appello di Roma, accogliendo l’accordo tra le parti, rideterminava la pena inflitta. Nonostante l’accordo raggiunto, gli imputati proponevano comunque ricorso per Cassazione, sollevando diverse doglianze che spaziavano da vizi di motivazione sulla responsabilità penale, al mancato riconoscimento di attenuanti, fino alla congruità del trattamento sanzionatorio.

La Decisione della Corte sul concordato in appello

La Suprema Corte, con l’ordinanza in commento, ha dichiarato inammissibili tutti i ricorsi proposti. La decisione si basa su un’interpretazione consolidata degli effetti derivanti dalla scelta del concordato in appello. I giudici di legittimità hanno ribadito che l’accordo tra imputato e pubblico ministero sulla rideterminazione della pena implica una rinuncia implicita e radicale a tutti i motivi di appello precedentemente formulati. Di conseguenza, viene meno la possibilità di contestare in una sede successiva quegli stessi punti ai quali si è volontariamente rinunciato.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha spiegato che il concordato in appello introdotto dalla riforma Orlando (L. 103/2017) determina una radicale inammissibilità di doglianze che si riferiscano ai motivi a cui le parti hanno espressamente rinunciato. Questo vale anche per le questioni relative alla quantificazione della pena, a meno che essa non risulti ‘illegale’, ossia determinata in violazione di legge (ad esempio, al di fuori dei limiti edittali).

L’accordo processuale, infatti, limita la cognizione del giudice di secondo grado ai soli punti concordati e preclude un esame completo del merito. Questo effetto si estende al successivo giudizio di legittimità. I ricorsi avverso una sentenza emessa ex art. 599-bis c.p.p. sono ammessi solo entro un numerus clausus di motivi, quali:

1. Vizi nella formazione della volontà della parte di accedere al concordato.
2. Mancanza del consenso del pubblico ministero.
3. Contenuto della pronuncia del giudice difforme rispetto all’accordo stipulato.

Nel caso di specie, nessuna di queste eccezioni era stata sollevata. Le lamentele degli imputati riguardavano proprio il merito della responsabilità e la valutazione delle circostanze, temi coperti dalla rinuncia implicita nell’accordo. Pertanto, la Corte ha concluso che i ricorsi erano manifestamente infondati e, di conseguenza, inammissibili.

Le Conclusioni

La pronuncia in esame serve da monito fondamentale per la difesa e per l’imputato. La scelta di accedere al concordato in appello è una decisione strategica che offre il vantaggio di una pena certa e potenzialmente più mite, ma al costo di una rinuncia quasi totale al diritto di impugnare ulteriormente la sentenza. Accettando l’accordo, l’imputato cristallizza la propria posizione processuale, precludendosi la via del ricorso per Cassazione per contestare l’affermazione di responsabilità o la congruità della sanzione. È una scelta che chiude il processo, con la sola, remota possibilità di contestare la legalità della pena o i vizi genetici dell’accordo stesso.

Che cos’è il concordato in appello?
È un accordo processuale, previsto dall’art. 599-bis c.p.p., tra l’imputato e il pubblico ministero per determinare l’entità della pena nel giudizio di appello. L’accordo implica la rinuncia da parte dell’imputato ai motivi di gravame presentati.

È possibile presentare ricorso per Cassazione dopo aver raggiunto un accordo sulla pena in appello?
No, di regola non è possibile. La stipula del concordato implica la rinuncia ai motivi di appello, rendendo inammissibile un successivo ricorso per Cassazione basato su tali motivi. L’impugnazione è consentita solo per motivi eccezionali, come vizi nella formazione della volontà di accordarsi, mancanza del consenso del PM o una decisione del giudice non conforme all’accordo.

Perché i ricorsi degli imputati sono stati dichiarati inammissibili in questo caso specifico?
I ricorsi sono stati dichiarati inammissibili perché, avendo gli imputati aderito al concordato in appello, avevano rinunciato ai motivi di impugnazione. Le loro successive lamentele in Cassazione riguardavano proprio aspetti (responsabilità penale, trattamento sanzionatorio, attenuanti) coperti da tale rinuncia, e non rientravano nelle poche eccezioni previste dalla legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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