Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8240 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 8240 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 06/07/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
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udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Con sentenza del 6 luglio 2023 la Corte di Appello di Milano pronunciandosi ai sensi dell’art. 599-bis cod. proc. pen. ed in parziale riforma della sentenza del 7 aprile 2021 del GIP presso il Tribunale di Monza resa in esito a giudizio abbreviato, ha rideterminato in anni 1 di reclusione ed euro 10.000,00 di multa la pena inflitta a COGNOME per il reato di cui gli artt. 81 e 110 cod. pen. e 73 connma 1 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, ponendo detta sentenza in continuazione con altra pronuncia del Tribunale di Lecco.
Avverso tale sentenza – allegando vizio di legittimità – è stato proposto ricorso per cassazione, in forza del quale sono state censurate omessa motivazione e violazione di legge.
Il ricorso (da trattarsi ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis cod. proc. pen.) è inammissibile perché proposto avverso sentenza di concordato in appello per motivi non consentiti.
Vero è che il giudizio di appello è stato definito con pronuncia di cui all’art. 599-bis cod. proc. pen. e che parte ricorrente non tiene in alcun conto la situazione processuale così creatasi, laddove la Corte territoriale aveva dato conto della rinuncia a tutti i motivi di gravame diversi dalla rideterminazione della pena, a nulla rilevando le sospettate questioni circa la riqualificazione del reato.
A seguito delle modifiche apportate al codice di rito dalla legge. n. 103 del 2017, entrata in vigore il 03/08/2017, è stato introdotto l’art. 599-bis, comma 1, secondo cui la Corte di appello provvede in camera di consiglio anche quando le parti, nelle forme previste dall’articolo 589, ne fanno richiesta dichiarando di concordare sull’accoglimento, in tutto o in parte, dei motivi di appello, con rinuncia agli altri eventuali motivi. Se i motivi dei quali viene chiesto l’accoglimento comportano una nuova determinazione della pena, il pubblico ministero, l’imputato e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria indicano al giudice anche la pena sulla quale sono d’accordo.
Quanto ai vizi deducibili, è stato affermato in tema di concordato in appello (Sezione 7, Ord. n. 16788 del 6/04/2022), è ammissibile il ricorso in cassazione avverso la sentenza emessa ex art. 599-bis c.p.p. che deduca motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato in appello, al consenso del Procuratore generale sulla richiesta ed al contenuto difforme della pronuncia del giudice, mentre sono inammissibili le doglianze relative a motivi rinunciati o alla mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ex art. 129 c.p.p. (Sez. 2, ord. n. 30990 del 1° giugno 2018, Gueli, Rv. 272969).
E in altra condivisibile pronuncia si è ribadito che è inammissibile il ricorso per cessazione relativo a questioni, anche rilevabili d’ufficio, alle quali l’interessato abbia rinunciato in funzione dell’accordo sulla pena in appello, in quanto il potere dispositivo riconosciuto alla parte dal nuovo art. 599-bis c.p.p., introdotto dalla I. 23 giugno 2017, n. 103, non solo limita la cognizione del giudice di secondo grado, ma ha effetti preclusivi sull’intero svolgimento processuale, ivi compreso il giudizio di legittimità, analogamente a quanto avviene nella rinuncia all’impugnazione (così Sez. 5, ord. n. 29243 del 4 giugno 2018, Casero, Rv. 273194, che, in applicazione del principio, in un caso analogo a quello che ci occupa, ha ritenuto inammissibile il ricorso relativo alla valutazione sulla sussistenza di cause di non punibilità ex art. 129 c.p.p.).
Costituisce, pertanto, ius receptum che, a seguito della reintroduzione del c.d. «patteggiamento in appello» ad opera dell’art. 1, comma 56, della I. n. 103 del 2017, il giudice di secondo grado, nell’accogliere la richiesta formulata a norma del nuovo art. 599-bis c.p.p., non deve motivare sul mancato proscioglimento dell’imputato per una delle cause previste dall’art. 129 c.p.p., né sull’insussistenza di circostanze aggravanti in quanto, a causa dell’effetto devolutivo proprio dell’impugnazione, una volta che l’imputato abbia rinunciato ai motivi di appello, la cognizione del giudice è limitata ai motivi non oggetto di rinuncia (così Sez. 3, n. 30190 dell’8 marzo 2018, COGNOME e altro, Rv. 273755).
4. Non può quindi che concludersi nel senso dell’inammissibilità del ricorso.
Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso in Roma il 15 dicembre 2023
Il Consigliere estensore
Il Presidente