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Concordato in appello: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro una sentenza di patteggiamento in appello. L’imputato sosteneva di non aver prestato il proprio consenso all’accordo, ma la Corte ha respinto il motivo per genericità, evidenziando la presenza agli atti di una procura speciale conferita al difensore. L’ordinanza ribadisce che il concordato in appello preclude la possibilità di sollevare ulteriori doglianze in sede di legittimità.

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Pubblicato il 1 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in appello: l’importanza del consenso e i limiti al ricorso

Il concordato in appello, disciplinato dall’articolo 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo che consente alle parti di accordarsi su una parziale riforma della sentenza di primo grado. Ma cosa succede se l’imputato, dopo la sentenza d’appello, sostiene di non aver mai acconsentito a tale accordo? Con l’ordinanza n. 6803/2024, la Corte di Cassazione fornisce un chiarimento decisivo, dichiarando inammissibile un ricorso basato su una simile contestazione, quando questa risulta generica e smentita dagli atti processuali.

I fatti di causa

Il caso trae origine dalla condanna di un individuo per reati legati agli stupefacenti. In secondo grado, la Corte d’Appello, su richiesta concorde delle parti, aveva parzialmente riformato la sentenza, riducendo la pena a 3 anni e 4 mesi di reclusione e 14.000 euro di multa. Successivamente, l’imputato proponeva ricorso per Cassazione, lamentando una violazione di legge: a suo dire, la Corte d’Appello aveva emesso la sentenza basata su un accordo senza che vi fosse il suo effettivo consenso.

Analisi del ricorso e il valore del concordato in appello

Il motivo del ricorso si fondava su un presupposto molto serio: la mancanza della volontà dell’imputato nel definire il processo tramite il concordato in appello. Tuttavia, la Suprema Corte ha qualificato tale doglianza come inammissibile per due ragioni fondamentali.

In primo luogo, il ricorso è stato ritenuto generico, in quanto non supportato da evidenze concrete e specifici riferimenti che potessero avvalorare la tesi del dissenso. Affermare semplicemente di non aver acconsentito non è sufficiente a scalfire la validità di un atto processuale formalizzato.

In secondo luogo, e in modo dirimente, la sentenza d’appello impugnata dava atto espressamente che l’imputato, tramite il suo procuratore speciale, aveva non solo raggiunto un accordo sulla pena ma aveva anche rinunciato ai restanti motivi di impugnazione. La presenza agli atti della procura speciale, rilasciata dall’imputato al proprio difensore, ha costituito la prova documentale che smentiva la tesi del ricorrente.

Le motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha ribadito un principio consolidato, già formatosi sotto la vigenza della normativa precedente (art. 599, comma 4, c.p.p.) e pienamente applicabile all’attuale istituto del concordato in appello. L’accordo tra le parti sui motivi da accogliere determina un effetto preclusivo: l’imputato, accettando il concordato, rinuncia implicitamente ed esplicitamente a far valere ogni altra doglianza nel successivo giudizio di legittimità.

Questa rinuncia si estende anche a questioni che, in assenza di accordo, potrebbero essere rilevate d’ufficio dal giudice. L’effetto devolutivo dell’appello viene così limitato ai soli punti concordati, e l’accettazione della pena definisce il perimetro del giudizio. Di conseguenza, tentare di rimettere in discussione l’accordo in Cassazione, senza prove concrete di un vizio della volontà, si traduce in un ricorso privo di fondamento e, pertanto, inammissibile.

Conclusioni

La decisione in commento sottolinea la natura vincolante e definitiva del concordato in appello. Una volta che l’imputato, attraverso gli strumenti formali previsti dalla legge come la procura speciale, manifesta la sua volontà di aderire a un accordo sulla pena, non può più contestare tale scelta in sede di legittimità con mere asserzioni. L’ordinanza serve da monito sull’importanza di una scelta consapevole e informata da parte dell’imputato, il cui consenso, una volta formalizzato, cristallizza l’esito del giudizio d’appello e preclude quasi ogni possibilità di un successivo ricorso.

È possibile ricorrere in Cassazione contro una sentenza d’appello basata su un “concordato” sostenendo di non aver dato il consenso?
No, se il ricorso è generico e non supportato da prove concrete. In questo caso, la Corte ha ritenuto inammissibile il ricorso perché esisteva una procura speciale con cui l’imputato aveva autorizzato il suo avvocato a raggiungere l’accordo, smentendo la sua affermazione.

Cosa comporta la stipula di un “concordato in appello” riguardo ai motivi di ricorso?
Comporta la rinuncia a tutti gli altri eventuali motivi di appello e impedisce di sollevare diverse questioni nel successivo giudizio di Cassazione, anche se relative a vizi che, in teoria, il giudice potrebbe rilevare d’ufficio.

Qual è la conseguenza se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
La parte che ha presentato il ricorso viene condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende, come avvenuto nel caso di specie.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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