Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 29974 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 29974 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a BARI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/10/2023 della CORTE APPELLO di BARI
visti gli atti, il provvedimento impugnato, il ricorso e la memoria difensiva; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso.
udito il difensore
AVV_NOTAIO COGNOME NOME in difesa di COGNOME NOME insiste per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
COGNOME NOME ricorre per cassazione, a mezzo del difensore di fiducia, avverso:
l’ordinanza della Corte di appello di Bari del 12/10/2023, con cui è stata rigettata la richiesta di concordato sottoscritto dalle parti con riferimento al trattamento sanzionatorio, deducendo l’omessa motivazione in ordine alle ragioni del diniego;
la sentenza della Corte di appello di Bari del 12/10/2023, con cui è stata confermata la condanna inflitta al ricorrente dal Tribunale di Bari con sentenza del 14/10/2022, in ordine a quattro episodi di usura aggravata in concorso. Al riguardo, lamenta, con due motivi, la violazione di legge ed il vizio di motivazione con riferimento alla determinazione del trattamento sanzionatorio e agli aumenti operati per la continuazione.
Con memoria del 4 luglio 2024, la difesa del ricorrente ha insistito per l’accoglimento dei motivi di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Quanto al tema relativo all’impugnazione dell’ordinanza di rigetto della proposta di concordato, il Collegio intende dare continuità all’orientamento di legittimità a mente del quale è ricorribile per cassazione da parte dell’imputato il provvedimento di diniego del concordato di pena ex art. 599-bis cod. proc. pen., unitamente alla sentenza resa all’esito del giudizio, sussistendo l’interesse ad impugnare della parte, posto che tale meccanismo definitorio produce effetti favorevoli anche ulteriori rispetto al trattamento sanzionatorio e che non costituisce ostacolo la tassatività dei mezzi di impugnazione, essendo gravato, in uno alla sentenza, un provvedimento interlocutorio, avente parziale valenza decisoria (Sez. 3, n. 16692 del 16/01/2024, Azza, Rv. 286181 – 01; Sez. 2, n. 30624 del 07/06/2023, Suma, Rv. 284869 – 01; Sez. 6, n. 31556 del 13/07/2022, Eze, Rv. 283610 – 01; Sez. 4, n. 7216 del 24/01/2024, COGNOME).
Tanto premesso, non fondato, però, si rivela il vizio di motivazione denunziato, in quanto, dalla lettura del verbale di udienza risulta che la Corte di appello ha rigettato la proposta di concordato ritenendo non congrua la pena proposta dalle parti. A conferma di ciò depone il riferimento al “trattamento sanzionatorio” che si lega alla successiva proposizione di rigetto (“e pertanto la rigetta”) espressa dalla Corte territoriale. Nell’accordo delle parti, infatti, la pen
base era l’unico punto del trattamento sanzionatorio che era stato modificato. Di talché, la motivazione resa non può ritenersi né mancante, né apparente, in quanto si nutre delle ragioni poste a fondamento del calcolo della pena dal primo giudice, la cui sentenza costituisce, unitamente ai motivi di impugnazione, uno dei termini di valutazione ai fini della decisione di accoglimento o meno della proposta di concordato. Peraltro, ai fini della valutazione del rigetto della proposta di concordato deve anche tenersi conto di quanto, poi, argomentato dalla Corte di merito con la sentenza che ha disatteso i motivi di appello dedotti dall’imputato in punto di trattamento sanzionatorio, rinvenendosi plurimi argomenti giustificativi del giudizio di assenza di congruità in precedenza espresso.
In ordine alle censure che investono il trattamento sanzionatorio, dalla lettura della sentenza impugnata risulta che la Corte di merito ha fatto riferimento, a corredo del giudizio di congruità della pena e del giudizio di equivalenza espresso dal primo giudice, alla gravità del fatto, in ragione dello spessore della condotta usuraria e alla notevole continuità temporale (circa 10 anni) dei gravi e numerosi episodi di usura ascritti. Si tratta di profili di disvalore significativi e coerenti l’editto accusatorio e l’affermazione di responsabilità per ben quattro episodi di usura aggravata in concorso, che rendono motivatamente recessivi gli indici positivi evidenziati dalla difesa, tra i quali quello confessorio di cui la stessa sentenza impugnata dà espressamente atto, quale elemento di prova unitamente però alle indicazioni provenienti dalle vittime, dai coimputati e dalle intercettazioni telefoniche.
Al riguardo debbono richiamarsi i seguenti principi affermati dalla Corte di legittimità:
deve ritenersi adempiuto l’obbligo di motivazione del giudice di merito sulla determinazione in concreto della misura della pena allorché siano indicati nella sentenza gli elementi ritenuti rilevanti o determinanti nell’ambito della complessiva dichiarata applicazione di tutti i criteri di cui all’art. 133 c.p. (Sez. 1, n. 3155 25/09/2013, dep. 2014, Waychey, Rv. 258410; Sez. 6, n. 9120 del 02/07/1998, Urrata, Rv. 211582 – 01), con conseguente esclusione del paventato vizio di motivazione allorché il giudice del merito non faccia espresso riferimento alla minor valenza degli indici positivi addotti dalla difesa nell’ambito di un giudizio che, in relazione alla pena finale inflitta, risulti logicamente congruo;
le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra opposte circostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfuggono al sindacato di legittimità qualora non siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che per giustificare la soluzione dell’equivalenza si sia limitata a ritenerla la più
idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto (Sez. U, n. 10713 del 25/02/2010, COGNOME, Rv. 245931);
– in tema di determinazione della pena nel reato continuato, non sussiste obbligo di specifica motivazione per ogni singolo aumento, essendo sufficiente indicare le ragioni a sostegno della quantificazione della pena-base, vieppiù quando non è possibile dubitare del rispetto del limite legale del triplo della pena base ex art. 81, comma 1, cod. pen., in considerazione della misura contenuta degli aumenti di pena irrogati (rispettivamente mesi nove e mesi sei di reclusione in ordine ai reati di usura aggravata di cui ai capi 1 e 2, nonché mesi nove di reclusione quanto all’ulteriore usura aggravata di cui al capo 4), e i reati posti in continuazione siano integrati da condotte criminose seriali ed omogenee (in termini, espresso da Sez. 5, n. 32511 del 14/10/2020, COGNOME, Rv. 279770 – 01; Sez. 6, n. 44428 del 05/10/2022, COGNOME, Rv. 284005 – 01; Sez. 7, ordinanza n. 540 del 9/11/2023, dep. 2024, COGNOME, non mass.; Sez. 4, n. 51604 del 6712/2023, dep. 2024, COGNOME, non mass.; Sez. 2, n. 27877 del 16/05/2023, RAGIONE_SOCIALE, non mass.; Sez. 3, n. 22091 del 9/03/2023, RAGIONE_SOCIALE, non mass.; Sez. 1 n. 7781 del 21/12/2022, dep. 2023, RAGIONE_SOCIALE, non mass.).
5. In conclusione, dal rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso, il 19 luglio 2024
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Il Consigliere 9tensore
Il Presidente