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Concordato in Appello: preclude ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per riciclaggio che, dopo aver definito la pena con un concordato in appello, si era lamentato della mancata applicazione di sanzioni sostitutive. La Corte ribadisce che l’accordo sulla pena ha un effetto preclusivo, impedendo di sollevare in Cassazione questioni a cui si è implicitamente rinunciato.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: Quando l’Accordo sulla Pena Blocca il Ricorso in Cassazione

L’istituto del concordato in appello, introdotto dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo del contenzioso, ma le sue implicazioni procedurali possono essere definitive. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce come la scelta di accordarsi sulla pena in secondo grado precluda quasi ogni possibilità di un successivo ricorso al giudice di legittimità. Il caso analizzato riguarda un’imputazione per riciclaggio di un autoveicolo, dove l’imputato, dopo aver concordato la pena, ha tentato invano di sollevare una nuova questione in Cassazione.

I Fatti del Caso

La vicenda processuale ha origine dalla condanna in primo grado di un individuo per il reato di riciclaggio di un’autovettura. Successivamente, la Corte di Appello, accogliendo una richiesta congiunta delle parti, ha riformato la sentenza rideterminando la sanzione penale sulla base di un accordo, secondo quanto previsto dalla disciplina del concordato in appello.

Nonostante l’accordo raggiunto, l’imputato ha deciso di presentare ricorso per cassazione, lamentando un vizio della sentenza di secondo grado. Nello specifico, sosteneva che la Corte d’Appello avesse omesso di valutare la possibilità di sostituire la pena detentiva, inferiore a quattro anni di reclusione, con una delle sanzioni sostitutive previste dalla legge 689/1981, come introdotte dalla recente riforma.

La Decisione della Corte di Cassazione sul concordato in appello

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo su tutta la linea le argomentazioni della difesa. La decisione si fonda su due principi cardine, consolidati nella giurisprudenza di legittimità, che definiscono i limiti e gli effetti dell’accordo sulla pena in grado di appello.

Le Motivazioni della Suprema Corte

In primo luogo, i giudici hanno ribadito che l’adesione al concordato in appello comporta una rinuncia implicita a far valere qualsiasi altra doglianza, anche se relativa a questioni che il giudice potrebbe rilevare d’ufficio. L’accordo sulla pena, infatti, limita la cognizione del giudice di secondo grado ai soli termini dell’intesa raggiunta tra accusa e difesa. Questo produce un “effetto preclusivo” che si estende all’intero svolgimento processuale, incluso il giudizio di legittimità. Accettando il concordato, l’imputato di fatto rinuncia a contestare altri aspetti della sentenza, rendendo inammissibile un successivo ricorso basato su tali punti.

In secondo luogo, la Corte ha richiamato un importante principio espresso dalle sue Sezioni Unite: il giudice d’appello non ha il potere di applicare d’ufficio le sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi. Tale potere, che costituisce un’eccezione alla regola generale del principio devolutivo (secondo cui il giudice decide solo sui motivi proposti), può essere esercitato solo in presenza di una richiesta specifica e motivata nell’atto di appello. In assenza di tale istanza, il giudice non è tenuto, né ha la facoltà, di valutare autonomamente la sostituzione della pena.

Applicando questi principi al caso di specie, la Cassazione ha concluso che, non avendo le parti formulato alcuna richiesta esplicita per le sanzioni sostitutive nell’ambito del loro accordo, la Corte d’Appello non aveva alcun obbligo di pronunciarsi in merito. L’accordo si era cristallizzato sulla pena detentiva e la sua entità, e l’imputato, accettandolo, non poteva più sollevare la questione in una fase successiva.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza offre un importante monito per la pratica forense. La scelta di accedere al concordato in appello è una decisione strategica che deve essere ponderata con estrema attenzione. Sebbene possa offrire il vantaggio di una pena certa e potenzialmente più mite, essa chiude definitivamente le porte a ulteriori contestazioni. È fondamentale che la difesa valuti tutti i possibili vizi della sentenza di primo grado e decida consapevolmente a quali rinunciare in favore dell’accordo. Qualsiasi richiesta specifica, come quella relativa all’applicazione di sanzioni sostitutive, deve essere espressamente inclusa e negoziata nell’ambito del concordato stesso, poiché non potrà essere recuperata in un secondo momento.

È possibile presentare ricorso in Cassazione dopo aver raggiunto un concordato in appello?
No, di norma non è possibile. La Corte di Cassazione ha stabilito che l’accordo sulla pena in appello (art. 599-bis c.p.p.) implica una rinuncia a sollevare altre questioni, anche quelle che il giudice potrebbe rilevare di sua iniziativa. Questo effetto preclusivo rende inammissibile un successivo ricorso basato su tali punti.

Il giudice d’appello può applicare d’ufficio le sanzioni sostitutive a una pena detentiva breve?
No. Secondo un principio consolidato delle Sezioni Unite della Cassazione, il giudice d’appello non ha il potere di applicare d’ufficio le sanzioni sostitutive. È necessaria una richiesta specifica e motivata nell’atto di appello, altrimenti il giudice non può intervenire su quel punto.

In caso di concordato in appello, il giudice deve valutare la sostituzione della pena se non è stata richiesta?
No. La Corte ha chiarito che, anche nel contesto di un accordo sulla pena, il giudice non può e non deve sostituire d’ufficio la pena detentiva con sanzioni alternative se manca un’esplicita richiesta delle parti. L’accordo si perfeziona esclusivamente sui termini concordati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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