Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 4198 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 2 Num. 4198 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME nato a Monza il 10/08/1967
avverso la sentenza del 04/07/2024 della Corte d’appello di Milano
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 04/07/2024, la Corte d’appello di Milano, aderendo all’accordo intercorso tra le parti ex art. 599-bis cod. proc. pen., in parziale riforma della sentenza del 29/09/2023 del Tribunale di Monza, concesse le circostanze attenuanti generiche, rideterminava in nove mesi di reclusione ed C 500,00 di multa la pena irrogata a NOME COGNOME per i reati, unificati dal vincolo della continuazione, di furto in concorso (capo “A” dell’imputazione) e di indebito utilizzo di una carta di credito (capo “B” dell’imputazione).
Avverso l’indicata sentenza del 04/07/2024 della Corte d’appello di Milano, ha proposto ricorso per cassazione, per il tramite del proprio difensore avv. NOME COGNOME, NOME COGNOME affidato a un unico motivo, con il quale lamenta, in relazione all’art. 606, comma 1, lett. b) , cod. proc. pen., l’«errore di diritto» della richiesta che era stata concordata tra le parti costituito dal fatto che la diminuzione di pena per le concesse circostanze attenuanti generiche, mentre per la pena detentiva era stata operata nella misura di un terzo (da un anno di reclusione a otto mesi di reclusione), per la pena pecuniaria era stata invece erroneamente
operata in misura inferiore a un terzo (da € 500,00 di multa a € 400,00 di multa), ciò che sarebbe «non solo incoerente e illogico ma anche in danno dell’imputato» e costituirebbe un «vidente errore», con le conseguenze che la Corte d’appello di Milano «avrebbe dovuto evidenziare detto difetto di formulazione e invitare le parti a una nuova esplicazione» e che, non avendolo fatto, la sentenza impugnata si dovrebbe ritenere «nulla per errore di diritto».
3. In tema di concordato in appello, è ammissibile il ricorso per cassazione avverso la sentenza emessa ex art. 599-bis cod. proc. pen. che deduca motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato, al consenso del pubblico ministero sulla richiesta e al contenuto difforme della pronuncia del giudice, mentre sono inammissibili le doglianze relative ai motivi rinunciati, alla mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen. – salvo il caso in cui sia dedotta l’estinzione del reat per prescrizione maturata anteriormente alla pronuncia della sentenza di appello (Sez. U, n. 19415 del 27/10/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 284481-01) – nonché ai vizi attinenti alla determinazione della pena, che non si siano trasfusi nell’illegalit della sanzione inflitta, in quanto non rientrante nei limiti edittali ovvero diversa da quella prevista dalla legge (Sez. 1, n. 944 del 23/10/2019, dep. 2020, M., Rv. 278170-01; Sez. 2, n. 22002 del 10/04/2019, COGNOME Rv. 276102-01).
La Corte di cassazione ha altresì specificamente chiarito che, in tema di “patteggiamento in appello” ex art. 599-bis cod. proc. pen., è inammissibile il ricorso per cassazione proposto in relazione alla misura della pena concordata, atteso che il negozio processuale liberamente stipulato dalle parti, una volta consacrato nella decisione del giudice, non può essere unilateralmente modificato, salva l’ipotesi di illegalità della pena concordata (Sez. 3, n. 19983 del 09/06/2020, COGNOME, Rv. 279504-01; Sez. 5, n. 7333 del 13/11/2018, dep. 2019, Alessandria, Rv. 275234-01).
Ciò rammentato, si deve rilevare che l’unico motivo di ricorso, con il quale il ricorrente lamenta che la richiesta concordata tra le parti non prevedesse, per le concesse circostanze attenuanti generiche, la diminuzione della pena pecuniaria nella stessa misura di un terzo che era stata concordata per la pena detentiva, non integra alcuna illegalità della sanzione inflitta – considerato che la Corte di cassazione ha chiarito che il giudice, nell’ipotesi in cui debba applicare una circostanza attenuante a una fattispecie sanzionata con pena congiunta, non ha l’obbligo di ridurre nella stessa misura la pena detentiva e quella pecuniaria, potendo la diversa entità delle riduzioni essere funzionale al migliore adeguamento del trattamento sanzionatorio al reato e al suo autore (Sez. 4, n. 48541 del 28/11/2013, Lange, Rv. 258099-01) -, sicché lo stesso motivo non rientra tra i
menzionati casi per i quali è ammesso il ricorso per cassazione avverso la sentenza resa all’esito di concordato in appello.
Trattandosi di impugnazione avverso una sentenza pronunciata a norma dell’art. 599-bis cod. proc. pen. dopo l’entrata in vigore della novella di cui alla legge 23 giugno 2017, n. 103 – il cui art. 1, comma 62, ha aggiunto all’art. 610 cod. proc. pen. il comma 5 -bis il ricorso deve essere trattato nelle forme de plano, ai sensi del secondo periodo di quest’ultimo comma.
Per le ragioni sopra indicate, il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento, nonché, essendo ravvisabili profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 14/01/2025.