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Concordato in appello: no ricorso per errori di calcolo

La Corte di Cassazione ha stabilito che un errore nel calcolo della pena, commesso nei passaggi intermedi per raggiungere l’accordo, non rende ammissibile il ricorso contro una sentenza emessa a seguito di concordato in appello. L’impugnazione è possibile solo se la pena finale concordata è ‘illegale’, ovvero esce dai limiti previsti dalla legge. In questo caso, l’errata applicazione dell’aumento per la recidiva è stata considerata un errore intermedio irrilevante, poiché la pena finale rientrava nei limiti edittali.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in appello e errori di calcolo: quando il ricorso è inammissibile

Una recente sentenza della Corte di Cassazione penale ha ribadito un principio fondamentale riguardo i limiti di impugnazione delle sentenze emesse a seguito di concordato in appello. La pronuncia chiarisce che eventuali errori di calcolo commessi nelle fasi intermedie della determinazione della pena non giustificano un ricorso per cassazione, a meno che non si traduca in una pena finale ‘illegale’. Analizziamo i dettagli di questa importante decisione.

I Fatti del Processo

Il caso ha origine da una sentenza della Corte d’Appello di Napoli che, in parziale riforma di una decisione di primo grado, aveva ridotto la pena di un imputato in accoglimento di un accordo tra le parti. La pena finale concordata era stata fissata in due anni, due mesi e venti giorni di reclusione.

Il Concordato in Appello e la Contestazione

Il difensore dell’imputato ha presentato ricorso per cassazione, sostenendo che la pena concordata fosse illegale a causa di un errore di calcolo. Nello specifico, si contestava che la Corte d’Appello avesse applicato un aumento per la recidiva nella misura di due terzi, anziché della metà come, a dire del ricorrente, sarebbe stato corretto. Secondo la difesa, la pena finale giusta avrebbe dovuto essere di due anni di reclusione.

La questione giuridica sottoposta alla Suprema Corte era quindi la seguente: è ammissibile un ricorso basato su un presunto errore di calcolo intermedio, quando la pena finale è frutto di un concordato in appello?

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso infondato, aderendo all’orientamento giurisprudenziale maggioritario. I giudici hanno sottolineato che, nel procedimento di concordato in appello, le parti sono libere di determinare l’entità della pena finale. Il ruolo del giudice è quello di valutare la congruità di tale pena finale, senza sindacare i singoli passaggi che hanno portato alla sua determinazione.

La Distinzione tra Errore di Calcolo e Pena Illegale

Il punto cruciale della decisione risiede nella distinzione tra un semplice errore di calcolo e una ‘pena illegale’. L’accordo tra le parti si forma sulla pena finale, e una volta che questa viene recepita dal giudice, non può più essere contestata per vizi nei calcoli intermedi. L’unica eccezione a questa regola si ha quando la pena concordata risulta ‘illegale’.

Secondo le Sezioni Unite (sentenza ‘Sacchettino’), una pena è da considerarsi illegale solo quando:

1. Supera i limiti edittali generali previsti dal codice penale.
2. Supera i limiti edittali specifici previsti per la singola fattispecie di reato.
3. È di un genere diverso da quello stabilito dalla legge.

Nel caso di specie, l’errore sull’aumento per la recidiva, pur sussistendo, era un passaggio intermedio che non aveva portato a una pena finale al di fuori dei limiti legali. Pertanto, non poteva essere qualificato come ‘pena illegale’ e non poteva giustificare l’annullamento della sentenza.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha motivato la sua decisione affermando che con il concordato in appello, l’accordo si forma sui motivi non rinunciati e, di conseguenza, sulla pena finale. Le parti, accettando l’accordo, perdono interesse a contestare i singoli criteri di determinazione, che perdono di rilievo. Ciò che conta è esclusivamente la congruità e la legalità della pena finale. Riaprire la discussione sui calcoli intermedi significherebbe abbandonare unilateralmente un accordo già raggiunto, vanificando la natura stessa dell’istituto del concordato.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un principio di stabilità per gli accordi processuali. Chi sceglie la via del concordato in appello accetta la pena finale come risultato di una negoziazione complessiva, rinunciando implicitamente a contestare i singoli passaggi matematici che hanno condotto a quel risultato. Il ricorso per cassazione rimane una via percorribile solo nei casi eccezionali in cui l’accordo tra le parti sfoci in una sanzione palesemente contraria alla legge nei suoi limiti massimi o minimi, ma non per mere irregolarità di calcolo interne al percorso sanzionatorio.

È possibile impugnare in Cassazione una sentenza di ‘concordato in appello’ per un errore di calcolo della pena?
No, secondo l’orientamento maggioritario della Cassazione, il ricorso è inammissibile se si basa su errori di calcolo nei passaggi intermedi. L’impugnazione è ammessa solo se la pena finale concordata è ‘illegale’, cioè non conforme al paradigma normativo.

Cosa si intende per ‘pena illegale’ secondo la Cassazione?
Per ‘pena illegale’ si intende una pena che eccede i limiti edittali generali (minimi e massimi) previsti dagli articoli 23 e seguenti del codice penale, oppure i limiti specifici previsti per il singolo reato, o una pena di genere diverso da quella prevista dalla legge.

Con il ‘concordato in appello’, le parti rinunciano a contestare i passaggi intermedi del calcolo della pena?
Sì. La Corte afferma che l’accordo si forma sulla pena finale e sui motivi non rinunciati. Di conseguenza, i criteri di determinazione e i calcoli intermedi perdono di rilievo, in quanto le parti, per loro stessa volontà, li hanno superati raggiungendo un’intesa sul risultato finale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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