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Concordato in appello: limiti del ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro una sentenza basata su un concordato in appello per reati di droga. L’ordinanza ribadisce che, una volta accettato l’accordo, non è possibile contestare in Cassazione la valutazione sulla responsabilità penale, se non per vizi specifici legati alla formazione della volontà delle parti o al consenso del PM.

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Pubblicato il 7 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

L’istituto del concordato in appello, disciplinato dall’articolo 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo del contenzioso, permettendo alle parti di accordarsi sulla pena in secondo grado. Tuttavia, la scelta di aderire a tale accordo comporta significative limitazioni al diritto di impugnazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 30470/2024) ha ribadito con fermezza i confini del ricorso avverso le sentenze emesse in seguito a un patteggiamento in appello, chiarendo quali motivi sono ammissibili e quali no.

I Fatti del Caso: Un Accordo sulla Pena in Appello

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte di Appello di Lecce. In secondo grado, le parti avevano raggiunto un accordo sulla pena, rinunciando ai motivi di appello relativi alla responsabilità penale per un reato previsto dalla normativa sugli stupefacenti (art. 73 D.P.R. 309/1990).
Nonostante l’accordo, l’imputato ha deciso di presentare ricorso per cassazione, sostenendo un vizio di motivazione. A suo dire, il giudice d’appello si era limitato a utilizzare formule di stile, senza argomentare adeguatamente in merito alla sussistenza della responsabilità penale, un dovere che, secondo il ricorrente, permane anche in caso di accordo tra le parti.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile senza neppure la necessità di formalità di rito, applicando l’articolo 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale. La decisione si fonda su un principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità: l’adesione al concordato in appello preclude la possibilità di sollevare in Cassazione questioni che sono state oggetto di rinuncia.
Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di quattromila euro in favore della Cassa delle ammende.

Le Motivazioni: i limiti del concordato in appello

La Corte di Cassazione ha spiegato in modo inequivocabile le ragioni della sua decisione. L’ordinanza si allinea a un orientamento giurisprudenziale costante, secondo cui, in tema di concordato in appello, il perimetro del successivo ricorso per cassazione è estremamente ristretto.

In particolare, non possono essere dedotti in sede di legittimità:

1. Questioni oggetto di rinuncia: Tutti i motivi di appello a cui si è rinunciato per raggiungere l’accordo, come quelli relativi all’affermazione della responsabilità penale, non possono essere riproposti.
2. Mancata valutazione di cause di proscioglimento: Non è possibile lamentare la mancata valutazione delle condizioni per un proscioglimento secondo l’art. 129 c.p.p. (ad esempio, perché il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha commesso).
3. Vizi sulla determinazione della pena: Eventuali errori nel calcolo della pena non sono sindacabili, a meno che non si traducano in una sanzione illegale (ad esempio, una pena superiore al massimo edittale).

L’impugnazione è considerata ammissibile solo ed esclusivamente se riguarda vizi specifici che inficiano la validità dell’accordo stesso. Questi includono:

* Vizi nella formazione della volontà: Ad esempio, se il consenso dell’imputato all’accordo è stato estorto con violenza o inganno.
* Vizi nel consenso del Pubblico Ministero: Irregolarità nel consenso fornito dalla pubblica accusa.
* Pronuncia difforme dall’accordo: Se la sentenza del giudice applica una pena o condizioni diverse da quelle pattuite tra le parti.

Nel caso di specie, il motivo addotto dal ricorrente – l’insufficiente motivazione sulla responsabilità – esulava completamente da queste eccezioni, configurandosi come una questione implicitamente rinunciata con l’adesione al concordato.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

Questa ordinanza della Suprema Corte ha un’importante valenza pratica. Essa conferma che la scelta di accedere al concordato in appello è una decisione strategica che deve essere ponderata con estrema attenzione dalla difesa. Se da un lato può portare a un beneficio in termini di riduzione della pena, dall’altro comporta una quasi totale preclusione alla possibilità di un successivo ricorso in Cassazione.

L’imputato e il suo difensore devono essere pienamente consapevoli che, accettando l’accordo, rinunciano a contestare il merito della decisione sulla colpevolezza. Il vaglio della Cassazione rimane aperto solo per garantire la correttezza procedurale e la genuinità del consenso che hanno portato alla formazione dell’accordo, ma non per rimettere in discussione il cuore della sentenza di condanna.

È possibile impugnare in Cassazione una sentenza di “concordato in appello” lamentando una motivazione insufficiente sulla responsabilità penale?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che, aderendo all’accordo, si rinuncia implicitamente ai motivi di appello relativi alla responsabilità. Pertanto, non è possibile sollevare tale questione in sede di legittimità.

Quali sono gli unici motivi per cui si può ricorrere in Cassazione contro una sentenza emessa a seguito di “concordato in appello”?
Il ricorso è ammissibile solo se si contestano vizi relativi alla formazione della volontà della parte di aderire all’accordo, al consenso del pubblico ministero, oppure se il contenuto della sentenza del giudice è difforme rispetto a quanto pattuito.

Cosa succede se un ricorso contro una sentenza di “concordato in appello” viene dichiarato inammissibile?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro, determinata secondo equità dalla Corte, in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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