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Concordato in appello: limiti del ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 3167/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro una sentenza emessa a seguito di ‘concordato in appello’ (art. 599 bis c.p.p.). L’imputato lamentava la mancata valutazione di cause di proscioglimento. La Corte ha ribadito che, una volta accettato il concordato, l’impugnazione è possibile solo per vizi legati alla formazione della volontà, al consenso del PM o a una pena difforme dall’accordo, e non per motivi di merito cui si è rinunciato.

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Pubblicato il 27 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in appello: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile?

Il concordato in appello, disciplinato dall’articolo 599 bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo del contenzioso che consente alle parti di accordarsi sulla pena, rinunciando ad altri motivi di impugnazione. Ma cosa succede se, dopo aver raggiunto tale accordo, l’imputato decide comunque di rivolgersi alla Corte di Cassazione? Un’ordinanza recente della Suprema Corte, la n. 3167 del 2024, offre chiarimenti cruciali sui limiti di questa possibilità, confermando un orientamento giurisprudenziale consolidato.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dalla decisione della Corte d’appello di Roma che, accogliendo una richiesta concorde delle parti, aveva rideterminato la pena per un imputato condannato per il reato di rapina aggravata. Nonostante l’accordo raggiunto, l’imputato presentava ricorso per cassazione, lamentando che la Corte d’appello avesse omesso di valutare la possibile sussistenza di cause di proscioglimento, come previsto dall’art. 129 del codice di procedura penale (obbligo di immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità).

La Decisione della Corte di Cassazione e i Limiti del Concordato in Appello

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, trattandolo con la procedura semplificata de plano prevista per i casi di manifesta infondatezza. La decisione si fonda su un principio cardine relativo alla natura del concordato in appello: l’accordo tra le parti comporta una rinuncia implicita a far valere determinate censure.

La Suprema Corte ha richiamato un suo precedente orientamento (sentenza n. 22002/2019), specificando che il ricorso contro una sentenza emessa ex art. 599 bis c.p.p. è ammissibile solo in casi eccezionali e ben definiti.

Le Motivazioni della Suprema Corte

Le motivazioni della Corte sono state nette e precise. I giudici hanno chiarito che, in tema di concordato in appello, il ricorso in Cassazione è consentito esclusivamente per motivi che attengono a:

1. Vizi nella formazione della volontà della parte di accedere all’accordo.
2. Problemi relativi al consenso del pubblico ministero sulla richiesta.
3. Un contenuto della sentenza difforme da quanto concordato tra le parti.

Sono invece considerate inammissibili tutte le doglianze relative ai motivi d’appello cui si è rinunciato. Tra queste rientra esplicitamente la mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 c.p.p., così come le censure sulla determinazione della pena, a meno che questa non risulti illegale (ad esempio, perché fuori dai limiti edittali o di specie diversa da quella prevista dalla legge).

Nel caso specifico, la lamentela dell’imputato riguardava proprio un motivo rinunciato, ovvero la valutazione nel merito di una possibile assoluzione. Di conseguenza, il suo ricorso è stato considerato al di fuori dei casi consentiti dalla legge, rendendolo inammissibile.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza rafforza la natura dispositiva e negoziale del concordato in appello. La scelta di aderire a tale istituto è strategica e implica una consapevole rinuncia a determinate facoltà processuali. La decisione della Cassazione serve come monito: una volta siglato l’accordo e ottenuta la ratifica del giudice, non è possibile “ripensarci” e tentare di riaprire il merito della questione davanti alla Suprema Corte, se non per i vizi specifici che inficiano la validità dell’accordo stesso. L’imputato che accetta il concordato ottiene un beneficio (la rideterminazione della pena) ma, in cambio, accetta la definitività della pronuncia su tutti gli altri aspetti, salvo le eccezioni tassativamente previste. La conseguenza dell’inammissibilità del ricorso è stata, come da prassi, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

È sempre possibile impugnare in Cassazione una sentenza emessa a seguito di concordato in appello?
No, non è sempre possibile. Il ricorso è ammesso solo per motivi specifici e limitati, come vizi della volontà, problemi nel consenso del PM o una pena diversa da quella pattuita. Non si possono riproporre i motivi di merito a cui si è rinunciato con l’accordo.

Si può lamentare la mancata assoluzione in un ricorso contro una sentenza di concordato in appello?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che la doglianza relativa alla mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento (ex art. 129 c.p.p.) rientra tra i motivi rinunciati con l’accordo e, pertanto, rende il ricorso inammissibile.

Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile contro una sentenza di concordato in appello?
Quando il ricorso viene dichiarato inammissibile, la sentenza impugnata diventa definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e di una sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle ammende, come avvenuto nel caso di specie.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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