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Concordato in appello: limiti del ricorso in Cassazione

Una ricorrente ha impugnato in Cassazione una sentenza emessa a seguito di ‘concordato in appello’, lamentando vizi di motivazione su un capo d’imputazione. La Corte Suprema ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che l’accordo sulla pena implica la rinuncia a contestare la responsabilità penale. Il ricorso è consentito solo per vizi nella formazione della volontà, nel consenso del PM o per pene illegali, non per motivi a cui si è rinunciato con il concordato in appello.

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Pubblicato il 9 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in appello: quando il ricorso in Cassazione è precluso

L’istituto del concordato in appello, introdotto dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo che consente alle parti di accordarsi sulla pena, rinunciando a parte dei motivi di impugnazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha chiarito in modo netto i limiti del successivo ricorso avverso la sentenza che recepisce tale accordo, stabilendo principi fondamentali sulla rinuncia e l’inammissibilità.

I fatti di causa: dalla condanna all’accordo sulla pena

Il caso trae origine dalla condanna di un’imputata per reati legati al narcotraffico, tra cui la partecipazione a un’associazione finalizzata allo spaccio (art. 74 D.P.R. 309/90) e specifici episodi di cessione di stupefacenti (art. 73 D.P.R. 309/90). In secondo grado, la difesa e l’accusa raggiungevano un accordo ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p. La Corte d’appello, preso atto del consenso, rideterminava la pena in sei anni di reclusione, riformando la decisione di primo grado.

Nonostante l’accordo, la difesa proponeva ricorso per cassazione, lamentando un vizio di motivazione sulla partecipazione dell’imputata al reato associativo e una presunta non corrispondenza tra la pena concordata e quella inflitta.

La decisione della Corte di Cassazione sul concordato in appello

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, svolgendo un’analisi rigorosa sulla natura e sugli effetti del concordato in appello. I giudici hanno ribadito un principio cardine: l’accordo sulla pena ha un effetto preclusivo che si estende all’intero svolgimento processuale, compreso il giudizio di legittimità.

L’inammissibilità dei motivi rinunciati

Il punto centrale della decisione è che, aderendo al concordato, l’interessato rinuncia a contestare la propria responsabilità penale per i reati oggetto dell’accordo. Di conseguenza, non è possibile sollevare in Cassazione questioni relative alla sussistenza dei reati o alla colpevolezza, poiché tali motivi si intendono implicitamente abbandonati con la stipula dell’accordo. La doglianza sulla carenza di motivazione riguardo al reato associativo è stata quindi ritenuta non proponibile.

I limiti del sindacato di legittimità

La Corte ha precisato che il ricorso avverso una sentenza emessa ex art. 599-bis c.p.p. è consentito solo per vizi specifici, quali:
1. Difetti nella formazione della volontà della parte di accedere al concordato.
2. Mancanza del consenso del Procuratore Generale.
3. Contenuto della pronuncia del giudice difforme rispetto all’accordo.
4. Illegalità della sanzione inflitta.

Al di fuori di queste ipotesi, ogni altra doglianza relativa a motivi rinunciati è inammissibile.

La corrispondenza tra pena concordata e pena inflitta

Anche il secondo motivo di ricorso, relativo alla presunta discrepanza tra pena richiesta e pena applicata, è stato rigettato. La sentenza d’appello, in quanto atto pubblico, fa piena prova fino a querela di falso. Nel caso di specie, la Corte d’appello aveva chiaramente dato atto di aver recepito l’accordo delle parti, esplicitando nel dettaglio il calcolo della pena. Il riferimento della difesa a una precedente e diversa proposta di accordo è stato ritenuto irrilevante rispetto all’accordo finale trasfuso nella sentenza.

Le motivazioni

Le motivazioni della Cassazione si fondano sulla natura dispositiva dell’istituto del concordato in appello. La legge conferisce alle parti un potere che, se esercitato, limita la cognizione del giudice e produce effetti preclusivi. Analogamente a una rinuncia all’impugnazione, l’accordo cristallizza la responsabilità penale e la pena, escludendo la possibilità di rimettere in discussione tali punti in un momento successivo, salvo i ristretti casi di vizi genetici dell’accordo o di palese illegalità della pena.

Le conclusioni

Questa pronuncia consolida l’orientamento giurisprudenziale sui limiti dell’impugnazione delle sentenze frutto di concordato in appello. Chi sceglie questa via processuale deve essere consapevole che sta compiendo una scelta strategica che implica una rinuncia definitiva alla maggior parte dei motivi di contestazione. Il ricorso in Cassazione non può diventare uno strumento per aggirare gli effetti dell’accordo raggiunto, ma resta un rimedio eccezionale per tutelare la corretta formazione della volontà delle parti e la legalità della pena inflitta.

Quali sono i limiti di un ricorso in Cassazione contro una sentenza basata su un concordato in appello?
Il ricorso è ammissibile solo per motivi specifici, come vizi nella formazione della volontà delle parti, mancanza del consenso del PM, una pronuncia del giudice difforme dall’accordo o l’illegalità della pena. Non è possibile contestare questioni relative alla responsabilità penale o altri motivi a cui si è rinunciato con l’accordo.

Dopo aver stipulato un concordato in appello, si può ancora contestare la propria colpevolezza per un reato incluso nell’accordo?
No. Secondo la Corte di Cassazione, l’accordo sulla pena comporta un’implicita rinuncia a contestare la responsabilità penale per i reati oggetto del concordato. Pertanto, un motivo di ricorso basato sulla carenza di motivazione riguardo alla colpevolezza è inammissibile.

Cosa succede se la difesa sostiene che la pena applicata non corrisponde a quella proposta?
Se la sentenza della Corte d’appello dà atto di aver recepito l’accordo tra le parti e ne esplicita il calcolo, tale statuizione fa piena prova in quanto contenuta in un atto pubblico. Per contestarla, non è sufficiente allegare una precedente e diversa proposta; sarebbe necessario un procedimento specifico come la querela di falso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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