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Concordato in appello: limiti del ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di cinque imputati avverso una sentenza di “concordato in appello” per il reato di ricettazione. L’ordinanza ribadisce che tale sentenza è impugnabile solo per vizi procedurali specifici (es. formazione della volontà, illegalità della pena) e non per motivi attinenti alla valutazione di merito, come la richiesta di proscioglimento. Si tratta di una decisione che cristallizza la natura negoziale dell’istituto, precludendo riesami successivi non previsti dalla legge.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: i Limiti Invalicabili del Ricorso in Cassazione

Il concordato in appello, noto anche come ‘patteggiamento in appello’, rappresenta uno strumento cruciale nel nostro sistema processuale penale, volto a definire il giudizio di secondo grado in modo più celere. Tuttavia, la sua natura negoziale impone limiti precisi alla possibilità di impugnare la sentenza che ne deriva. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre l’occasione per chiarire quali sono questi confini e perché non possono essere superati.

I Fatti di Causa

Il caso in esame ha origine dal ricorso presentato da cinque persone avverso una sentenza della Corte di Appello di Roma. Tale pronuncia aveva applicato le pene concordate tra le parti per il reato di ricettazione. Nonostante l’accordo raggiunto, gli imputati decidevano di rivolgersi alla Suprema Corte, lamentando una presunta violazione di legge e un difetto di motivazione in merito alla mancata pronuncia di una sentenza di proscioglimento. In sostanza, dopo aver acconsentito alla pena, cercavano di rimettere in discussione il merito della loro colpevolezza.

La Decisione della Corte sul concordato in appello

La Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi inammissibili, ribadendo un principio consolidato nella sua giurisprudenza. La sentenza emessa ai sensi dell’art. 599-bis del codice di procedura penale, ovvero a seguito di un concordato in appello, non è una decisione imposta dall’alto, ma il risultato di un ‘negozio processuale’ liberamente stipulato tra le parti.

Una volta che questo accordo viene consacrato nella decisione del giudice, esso non può essere modificato unilateralmente da chi lo ha promosso o vi ha aderito. L’impugnazione diventa quindi un’opzione eccezionale, non la regola. L’accesso al concordato in appello implica una rinuncia implicita a far valere motivi di ricorso diversi da quelli tassativamente previsti.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha chiarito che il ricorso avverso una sentenza di patteggiamento in appello è ammissibile solo ed esclusivamente per motivi specifici, che non erano presenti nel caso di specie. Tali motivi sono:

1. Vizi relativi alla formazione della volontà: Se la parte può dimostrare che il suo consenso all’accordo era viziato (ad esempio, per errore o violenza).
2. Vizi nel consenso del pubblico ministero: Qualora vi fossero irregolarità nell’assenso fornito dall’accusa.
3. Contenuto difforme della pronuncia: Se la pena applicata dal giudice è diversa da quella che era stata concordata tra le parti.
4. Illegalità della pena: Nel caso in cui la sanzione pattuita sia illegale (ad esempio, perché inferiore ai minimi edittali o di una specie non consentita dalla legge).

Qualsiasi altro motivo, inclusa la contestazione sulla sussistenza dei presupposti per un proscioglimento, esula da questo perimetro. Voler rimettere in discussione la colpevolezza dopo aver accettato una pena concordata è una contraddizione logica e giuridica. Di conseguenza, l’inammissibilità del ricorso ha comportato anche la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle Ammende.

Le Conclusioni

L’ordinanza conferma la natura definitiva e vincolante del concordato in appello. Chi sceglie questa strada processuale deve essere consapevole delle sue conseguenze: si ottiene una definizione più rapida del processo e spesso una pena più mite, ma si rinuncia alla possibilità di un riesame completo del merito in Cassazione. La decisione di patteggiare in appello è una scelta strategica che chiude le porte a successive contestazioni sulla responsabilità penale, salvo i rari e specifici casi di vizi procedurali sopra elencati. È un monito per la difesa a ponderare attentamente ogni passo, poiché le strade processuali, una volta imboccate, non sempre consentono di tornare indietro.

È possibile impugnare in Cassazione una sentenza emessa a seguito di “concordato in appello”?
Sì, ma solo per un numero molto limitato di motivi specificamente previsti dalla legge, che non riguardano la valutazione della colpevolezza.

Quali sono i motivi ammessi per ricorrere contro una sentenza di patteggiamento in appello?
I motivi ammessi riguardano esclusivamente vizi nella formazione della volontà della parte di accedere all’accordo, nel consenso del pubblico ministero, una difformità tra la pena concordata e quella applicata dal giudice, oppure l’illegalità della pena stessa.

Cosa succede se si propone un ricorso per motivi non consentiti dalla legge?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione. Di conseguenza, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle Ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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