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Concordato in appello: limiti del giudice alla condanna

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di due imputati che, dopo aver raggiunto un accordo sulla pena in secondo grado (cosiddetto ‘concordato in appello’) rinunciando a contestare la propria colpevolezza, avevano lamentato la mancata valutazione di una possibile assoluzione. La Suprema Corte ha stabilito che la rinuncia ai motivi di appello sulla responsabilità rende definitiva la condanna di primo grado su quel punto, limitando il potere del giudice ai soli aspetti oggetto dell’accordo, come la quantificazione della pena.

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Pubblicato il 12 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: Quando la Rinuncia ai Motivi Preclude l’Assoluzione

Il concordato in appello, introdotto dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo che permette di raggiungere un accordo sulla pena in secondo grado. Ma quali sono le conseguenze della rinuncia ai motivi di appello sulla responsabilità? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce che tale rinuncia preclude al giudice la possibilità di valutare un’eventuale assoluzione, rendendo definitiva la condanna su quel punto. Analizziamo insieme la decisione.

I Fatti Processuali

Il caso trae origine da una sentenza di primo grado del Tribunale di Bologna, che aveva condannato due persone per il reato di estorsione in concorso alla pena di 3 anni e 4 mesi di reclusione ciascuno. In secondo grado, davanti alla Corte d’appello, i difensori degli imputati, muniti di procura speciale, raggiungevano un accordo con la Procura Generale. L’accordo prevedeva la rinuncia ai motivi di appello relativi all’affermazione di responsabilità, in cambio di una rideterminazione della pena. La Corte d’appello, preso atto dell’accordo e ritenendo congrua la nuova pena, la rideterminava in 2 anni e 2 mesi di reclusione, revocando anche la pena accessoria.

La Questione Giuridica e il Ricorso in Cassazione

Nonostante l’accordo, gli imputati proponevano ricorso in Cassazione, sostenendo un vizio di motivazione. Secondo i ricorrenti, la Corte d’appello avrebbe errato nell’omettere una valutazione preliminare sulla sussistenza dei presupposti per un proscioglimento nel merito, come previsto dall’art. 129 del codice di procedura penale. In pratica, sostenevano che il giudice, prima di ratificare l’accordo sulla pena, avrebbe dovuto verificare d’ufficio se vi fossero le condizioni per un’assoluzione, a prescindere dalla rinuncia ai motivi di appello.

Le motivazioni della Cassazione sul concordato in appello

La Suprema Corte ha dichiarato i ricorsi inammissibili, fornendo una chiara interpretazione della natura e degli effetti del concordato in appello. I giudici hanno definito questo istituto come un “patteggiamento sui motivi”, in cui l’accordo si perfeziona solo su alcuni aspetti dell’impugnazione.

La Corte ha stabilito un principio fondamentale: la rinuncia ai motivi d’appello che contestano la responsabilità dell’imputato determina il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado su quel punto. Di conseguenza, il giudice di secondo grado perde il potere di esaminare nuovamente la colpevolezza dell’imputato.

In virtù dell’effetto devolutivo dell’impugnazione, la cognizione del giudice è limitata esclusivamente ai motivi che non sono stati oggetto di rinuncia. Nel caso di specie, l’accordo si concentrava sulla rideterminazione della pena, escludendo ogni discussione sulla responsabilità. Pertanto, la Corte d’appello non doveva, né poteva, motivare sul mancato proscioglimento, poiché la questione era ormai coperta dal giudicato. La rinuncia volontaria delle parti ha circoscritto l’ambito decisionale del giudice, rendendo infondata la pretesa di un controllo d’ufficio sulla colpevolezza.

Le conclusioni

Questa ordinanza consolida l’orientamento secondo cui il concordato in appello è un atto processuale con conseguenze definitive e non rinegoziabili. Chi sceglie di rinunciare a contestare la propria colpevolezza per ottenere un beneficio sulla pena, accetta la definitività della condanna di primo grado su quel punto. La decisione riafferma l’importanza della volontà delle parti nel definire l’oggetto del giudizio di appello e chiarisce che il dovere del giudice di prosciogliere ex art. 129 c.p.p. non opera su questioni che le parti stesse hanno sottratto al suo esame attraverso una rinuncia espressa.

Dopo un ‘concordato in appello’ il giudice deve comunque verificare se l’imputato può essere assolto?
No. Secondo la Cassazione, se l’imputato rinuncia ai motivi di appello relativi alla sua colpevolezza, quella parte della sentenza diventa definitiva e il giudice d’appello non può più riesaminarla per un’eventuale assoluzione ai sensi dell’art. 129 c.p.p.

Cosa significa che la rinuncia ai motivi d’appello determina il ‘passaggio in giudicato’ della sentenza?
Significa che la parte della decisione di primo grado relativa all’affermazione di responsabilità, non essendo più contestata, diventa irrevocabile e definitiva. Di conseguenza, l’accordo in appello può riguardare solo gli altri aspetti, come la determinazione della pena.

Perché i ricorsi in Cassazione sono stati dichiarati inammissibili?
Perché i ricorrenti lamentavano la mancata valutazione di una possibile assoluzione, ossia una questione che loro stessi avevano deciso di non sottoporre al giudice d’appello tramite la rinuncia ai relativi motivi. La loro rinuncia ha precluso alla Corte d’appello qualsiasi potere decisionale su quel punto, rendendo il successivo ricorso in Cassazione privo di fondamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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