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Concordato in appello: limiti all’impugnazione della pena

La Cassazione dichiara inammissibile il ricorso contro una sentenza di concordato in appello. La Corte ribadisce che non si può contestare la congruità della pena concordata, a meno che non sia illegale. L’imputato è stato condannato al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 24 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: Quando la Pena Concordata Diventa Intoccabile

Il concordato in appello, introdotto dall’articolo 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo del contenzioso che consente alle parti di accordarsi sulla pena in secondo grado. Tuttavia, quali sono i limiti all’impugnazione di una sentenza che ratifica tale accordo? Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: la congruità della pena concordata non può essere messa in discussione davanti ai giudici di legittimità, salvo il caso di palese illegalità.

I Fatti del Caso: Un Ricorso contro la Pena Patteggiata

Il caso analizzato nasce dal ricorso di un imputato contro una sentenza della Corte d’Appello di Venezia. Tale sentenza aveva applicato la pena concordata tra le parti per una serie di reati, tra cui sfruttamento del lavoro (art. 603-bis c.p.), impiego di manodopera clandestina e falso.

L’imputato, non soddisfatto dell’esito, ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su un unico motivo: la presunta omessa motivazione da parte della Corte d’Appello sulla congruità della pena, in violazione dei criteri stabiliti dagli articoli 133 e 133-bis del codice penale. In sostanza, si contestava non la legalità della pena, ma la sua adeguatezza al caso concreto.

I Limiti del Concordato in Appello secondo la Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile senza neppure la necessità di formalità di procedura, applicando l’articolo 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale. La decisione si fonda su un orientamento giurisprudenziale consolidato che definisce in modo netto i confini dell’impugnazione avverso le sentenze emesse a seguito di concordato in appello.

I giudici hanno chiarito che, una volta raggiunto l’accordo, le parti implicitamente rinunciano a far valere determinate censure. Di conseguenza, non è possibile presentare ricorso in Cassazione per lamentare:

* Motivi oggetto di rinuncia nell’accordo;
* La mancata valutazione di eventuali cause di proscioglimento previste dall’articolo 129 c.p.p.;
* Vizi relativi alla determinazione della pena, come la sua presunta eccessività o inadeguatezza.

L’Unica Eccezione: La Pena Illegale

L’unica via percorribile per contestare la sanzione è dimostrare la sua illegalità. Una pena è considerata illegale quando si verifica una delle seguenti condizioni:

1. Supera i limiti edittali: la sanzione applicata è superiore al massimo o inferiore al minimo previsto dalla legge per quel reato.
2. È di specie diversa: viene applicato un tipo di pena (es. detentiva) diverso da quello previsto dalla norma (es. pecuniaria).

Nel caso di specie, il ricorrente non contestava l’illegalità della pena, ma la sua congruità. Questa doglianza rientra pienamente tra quelle inammissibili.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha basato la propria decisione sul principio secondo cui il concordato in appello cristallizza l’accordo delle parti sulla quantificazione della pena. Accettando il concordato, l’imputato accetta la pena come congrua e rinuncia a contestarne il merito. Permettere un successivo ricorso sulla sua adeguatezza svuoterebbe di significato l’istituto stesso, che mira proprio a una rapida definizione del processo in secondo grado. La Corte territoriale, in sede di ratifica dell’accordo, non è tenuta a fornire una motivazione dettagliata sulla congruità della pena secondo i criteri dell’art. 133 c.p., poiché tale valutazione è già stata compiuta dalle parti e rientra nella loro libera determinazione. Il controllo del giudice si limita a verificare la correttezza del calcolo, la qualificazione giuridica del fatto e l’assenza di cause di proscioglimento evidenti.

Le Conclusioni

La pronuncia in esame conferma la natura ‘tombale’ del concordato in appello per quanto riguarda la misura della pena. Salvo il caso eccezionale di pena palesemente illegale, la porta della Cassazione resta chiusa per chi, dopo aver raggiunto un accordo, intenda rimetterlo in discussione. La conseguenza per il ricorrente è stata non solo la conferma della condanna, ma anche l’obbligo di pagare le spese processuali e un’ulteriore sanzione pecuniaria di quattromila euro a favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 c.p.p. in caso di inammissibilità del ricorso. Questa decisione serve da monito: la scelta di un rito alternativo come il concordato deve essere ponderata, poiché preclude future contestazioni sul merito della pena.

È possibile impugnare in Cassazione una sentenza di concordato in appello lamentando che la pena è troppo alta?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che sono inammissibili le doglianze relative alla congruità della pena concordata. L’impugnazione è consentita solo se la pena applicata è illegale, cioè non rientra nei limiti previsti dalla legge o è di un genere diverso da quello stabilito.

Cosa succede quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
A norma dell’art. 616 del codice di procedura penale, la parte che ha proposto il ricorso viene condannata al pagamento delle spese del procedimento e, se non vi sono ragioni di esonero, anche al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende a titolo di sanzione pecuniaria.

Quali sono i motivi di ricorso non ammessi contro una sentenza di concordato in appello?
Non sono ammessi i ricorsi basati su motivi a cui si è rinunciato, sulla mancata valutazione di cause di proscioglimento (ex art. 129 c.p.p.), o su vizi relativi alla determinazione della pena, a meno che questa non sia illegale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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