Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 23459 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 23459 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/04/2024
SENTENZA
Sui ricorsi proposti da COGNOME NOME nato a AVERSA il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a AVERSA il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a AVERSA il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a CASERTA il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a CESA il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a CASERTA il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a AVERSA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza resa il 7 luglio 2023 dalla CORTE di APPELLO di Napoli visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricórso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; sentite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale COGNOME NOME COGNOME COGNOME che ha chiesto l’inammissibilità dei ricorsi
Sentiti gli avvocati COGNOME NOME in difesa di COGNOME NOME; NOME COGNOME in difesa di COGNOME NOME e di COGNOME NOME, COGNOME NOME in difesa di COGNOME NOME; COGNOME(:) COGNOME NOME in difesa di COGNOME NOME e COGNOME NOME che chiedono l’accoglimento dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Napoli, parzialmente riformando la sentenza resa all’esito di giudizio abbreviato dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli il 24 giugno 2022, per quel che qui rileva, in accoglimento del concordato sui motivi di appello proposto dagli imputati NOME COGNOME, NOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, ha parzialmente modificato il trattamento sanzionatorio a carico dei predetti; ha riconosciuto le circostanze attenuanti generiche in regime di equivalenza con le contestate aggravanti ad esclusione di quella prevista dall’articolo 416 bis.1 codice penale in favore di COGNOME NOME, modificando per l’effetto la pena inflitta e le pene accessorie e ha integralmente confermato la sentenza di primo grado nei confronti di COGNOME NOME e COGNOME NOME.
2.Avverso detta sentenza hanno proposto ricorso gli imputati.
2.1 COGNOME NOME deduce:
2.1.1 violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla determinazione del trattamento sanzionatorio che non è stato applicato nel minimo edittale, così come le attenuanti generiche non sono state concesse nella loro massima estensione.
2.1.2 Violazione di legge in ordine alla determinazione della pena e al computo delle aggravanti privilegiate e vizio di motivazione.
Nello specifico osserva il ricorrente che la Corte territoriale non ha applicato il minimo edittale ma è partita da una pena di gran lunga più elevata (anni sei mesi uno giorni 20 di reclusione ) e ha applicato la seconda aggravante ad effetto speciale privilegiata in misura superiore ad 1/3, con la conseguenza che la pena avrebbe dovuto essere determinata in anni otto, mesi uno e giorni sei mentre è stata determinata in anni 9 di reclusione e poi ridotta per le attenuanti generiche ad anni sei.
2.2.COGNOME NOME E NOME COGNOME, tramite atto sottoscritto dal comune difensore hanno dedotto la nullità della sentenza perché la Corte avrebbe omesso di valutare gli elementi fondanti una possibile pronuncia di proscioglimento, evidenziati dalla difesa nell’atto di appello, e prima di ratificare la proposta di concordato avrebbe dovuto valutare la sussistenza delle condizioni di cui all’articolo 129 codice di rito.
NOME con separato ricorso sottoscritto dall’AVV_NOTAIO contesta violazione di legge per difetto assoluto di motivazione in ordine alle circostanze attenuanti generiche e all’articolo 133 codice penale.
Con nota trasmessa 1’8/3/2024 l’AVV_NOTAIO ha presentato motivi nuovi deducendo violazione di legge in ordine all’aggravante ex art. 416 bis.1 cod.pen. in quanto non sarebbe stato applicato l’aumento sanzionatorio per la detta aggravante.
2.3 COGNOME NOME deduce vizio di motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio e alle attenuanti generiche. Rileva che il giudizio di appello è stato definito ai sensi dell’articolo 599 bis cod.proc.pen. mediante rinunzia al motivo di gravame con cui si chiedeva l’assoluzione, ma non si rinunciava al motivo relativo alla dosimetria della pena e la Corte negava le attenuanti generiche e la richiesta di esclusione della circostanza aggravante di cui all’articolo 416 bis.1 cod.pen. ,rideterminando la pena senza spendere neanche una parola in motivazione.
2.COGNOME ha dedotto la nullità della sentenza perché la Corte avrebbe omesso di valutare gli elementi fondanti una possibile pronuncia di proscioglimento, evidenziati dalla difesa nell’atto di appello e, prima di ratificare la proposta concordato, avrebbe dovuto valutare la sussistenza delle condizioni di cui all’articolo 129 codice di rito.
2.5 COGNOME NOME, condannato per il reato di tentata estorsione di cui al capo 1, ha dedotto:
2.5.1 violazione di legge e vizio di motivazione poiché la sentenza impugnata non ha evidenziato gli elementi probatori ritenuti idonei a dimostrare il concorso dell’imputato nella tentata estorsione ai danni dell’imprenditore NOME COGNOME contestato al capo 1 e non ha fornito alcuna motivazione in ordine al contributo causale o psicologico del ricorrente nella realizzazione del delitto programmato, limitandosi a valorizzare il contenuto dell’intercettazione ambientale del 14 novembre 2020, nel corso della quale l’imputato avrebbe ricevuto da altro correo indicazioni utili ad individuare il soggetto da estorcere; nei confronti del ricorrente nessun elemento è stato indicato che confermasse la sua presenza all’incontro tra i coimputati per la pianificazione del delitto: la segretar della persona offesa ha indicato l’estorsore in una persona diversa e anche la persona offesa e la moglie, pur fornendo elementi ricostruttivi della vicenda delittuosa, non hanno mai offerto dati utili per la individuazione vocale dell’interlocutore delle telefonat e non hanno riconosciuto COGNOME.
2.5.2 Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all’aggravante della agevolazione mafiosa poiché la Corte, nonostante le specifiche doglianze sul punto, ha omesso di motivare sull’aggravante, pur utilizzandola per confermare la pena.
Nel caso in esame l’azione delittuosa contestata all’imputato è priva dei connotati tipici della intimidazione mafiosa, poiché nessuna richiesta estorsiva risulta essere stata rivolta dall’imputato alla persona offesa.
2.5.3 Violazione degli articoli 56 comma 3 cod.pen. e 129 cod.proc.pen. e vizio di motivazione poiché la Corte ha ritenuto infondata la deduzione difensiva in ordine alla mancata applicazione della desistenza, interpretando male il contenuto delle intercettazioni, e ha ritenuto l’imputato responsabile della tentata estorsione, mentre dall’analisi dei colloqui emerge chiaramente che l’imputato ha desistito dal portare a termine il proposito criminoso, come si desume inequivocabilmente dai colloqui
intercettati in ambientale ai n. 2189 e 2190 richiamate a pagina 29 della comunicazione notizie di reato.
2.5.4 Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento dell’attenuante prevista dall’art. 114 comma primo cod.pen. , poiché la Corte ha fornito al riguardo una motivazione apparente mentre il contributo causale dell’imputato ha avuto un’efficienza del tutto marginale rispetto all’evento e l’azione delittuosa era stata proseguita dagli altri correi, a prescindere dal suo contributo. Inoltre la Corte ha negato le circostanze attenuanti generiche richiamando formule di stile e osservando che non potevano essere concesse in quanto i giudici di merito pur contestando le circostanze aggravanti nel capo di imputazione non le avevano applicate nel calcolo della pena. In questo modo la Corte ha fornito una motivazione non corretta e anziché rispondere alle doglianze dell’appellante ha negato la concessione delle generiche per correggere un errore dei giudici.
2.6 COGNOME NOME condannato per diverse estorsioni aggravate dal metodo e dall’agevolazione mafiosa contestate ai capi 7,8,9 e per detenzione di armi di cui al capo 10, deduce:
Violazione degli artt. 628 comma 3 n. 3 cod.pen. e 416 bis.1 cod.pen. e vizio di motivazione in quanto non è dato comprendere in che forma l’aggravante di cui all’art. 416 bis .1 cod.pen. sia stata ritenuta sussistente, se per il metodo o per l’agevolazione, poiché in sentenza si fa dapprima riferimento alla forza intimidatrice del RAGIONE_SOCIALE e poi alla partecipazione del padre del ricorrente ad altra associazione camorristica, denominata RAGIONE_SOCIALE. Dopo essersi soffermato sulla natura oggettiva e soggettiva dei due differenti profili della aggravante prevista dalla disposizione in questione, il ricorrente osserva che nel caso in esame non sussiste l’aggravante del metodo mafioso poiché le vittime non hanno affatto percepito la pericolosità degli atti intimidatori e non hanno infatti reagito con la condizione di omertà e soggezione che si riscontra in quei casi. La Corte di appello a pagina 17 ha ritenuto che l’aggravante ricorra sotto entrambi i profili, ma va ricordato che nel caso di minaccia silente o larvata non esplicita, la capacità intimidatoria è correlata solo alla qualità soggettiva del appartenenza alla RAGIONE_SOCIALE mafiosa del soggetto che realizza la minaccia.
2.7 NOME COGNOME, condannato per il delitto di tentata estorsione di cui al capo 7 in danno di NOME COGNOME, deduce:
2.8.1 Violazione degli articoli 192 cod.proc.pen., COGNOME 56 e 629 cod.pen. e vizio di motivazione non avendo i giudici di secondo grado motivato adeguatamente in ordine alla prova della partecipazione di NOME COGNOME alla presunta condotta estorsiva e al ruolo da questi assunto nella vicenda criminosa. La sentenza impugnata, dopo avere richiamato l’apparato motivazionale della sentenza di primo grado, non ha superato le doglianze difensive, se non travisando la prova che riposa sulle dichiarazioni della
persona offesa e sul contenuto delle conversazioni telefoniche ambientali intercorse tra i concorrenti nel reato, e non ha considerato le emergenze favorevoli al predetto.
Inoltre, operando una ricostruzione della vicenda fondata esclusivamente sul contenuto delle intercettazioni, non ha rispettato i criteri di valutazione indicati d giurisprudenza. Il ricorrente lamenta infine che la persona offesa COGNOME è stato smentito dal teste NOME COGNOME, il quale ha riferito in sede di indagini difensive che NOME frequentava la casa del primo e che era stato in passato incaricato di svolgere alcune incombenze, quali controllare gli operai ed effettuare dei pagamenti.
Detta testimonianza incide sulla valutazione di credibilità dell’COGNOME, che riferiva di non conoscere l’imputato, aggiungendo di avere compreso che si trattava di emissari della camorra. Inoltre risulta apodittica l’affermazione della sentenza che individua nel tenore delle intercettazioni riscontro alle dichiarazioni della persona offesa. Detta affermazione é invece frutto di un travisamento della prova e, al netto dell’assenza di intercettazioni captate nei confronti del ricorrente, l’unico elemento probatorio a carico di COGNOME è rappresentato dal contenuto della dichiarazione della persona offesa.
Infine a pagina 29 la sentenza riporta la prima intercettazione captata nei confronti di altri soggetti, da cui non emerge la natura del rapporto intercorrente tra NOME e la presunta persona offesa; l’intercettazione ambientale n. 1875 del 23 gennaio 2021 mostra, contrariamente a quanto sostenuto in denunzia dalla persona offesa, il pregresso rapporto di conoscenza col ricorrente e l’esistenza di un rapporto commerciale.
2.7.2 Violazione dell’art. 393 cod.pen. e vizio di motivazione poiché la Corte ha escluso la possibilità di qualificare la condotta dell’imputato nell’ambito dell’esercizio arbitra delle proprie ragioni, attesa la natura illegittima della pretesa avanzata e i coinvolgimento di soggetti legati ad ambienti criminali. Il ricorrente osserva invece che la condotta era sicuramente sostenuta da una pretesa legittima dettata da una controversia di natura commerciale.
2.7.3 Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla circostanza aggravante ad effetto speciale di cui all’art. 416 bis.1 codice penale poiché i giudici hanno affermato che tutte le richieste sono state formulate evocando la forza intimidatoria del RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE, ma la Corte omette di verificare la reale percezione da parte della persona offesa in ordine alla provenienza della richiesta estorsiva. Inoltre il ricorrente osserva che per poter riconoscere la sussistenza dell’aggravante occorre l’effettivo utilizzo del metodo mafioso nell’occasione delittuosa, mentre nel caso in esame la genericità delle dichiarazioni della persona offesa e la equivocità del suo coinvolgimento non consentono di ritenerla dimostrata.
2.7.4 Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al diniego delle attenuanti generiche e alla mancata concessione dell’attenuante del risarcimento del danno.
La Corte per negare le attenuanti generiche ha valorizzato formule generiche richiamando le modalità dell’offesa e la gravità del reato commesso ma non ha in alcun
modo considerato l’effettivo comportamento processuale assunto dall’imputato nel corso del giudizio nonché l’effettivo disvalore della condotta posta in essere ai danni della persona offesa. La difesa aveva inoltre sollevato disparità di trattamento nel diniego delle attenuanti generiche nei confronti del coimputato COGNOME mentre la Corte nel rispondere ha fatto riferimento al coimputato COGNOME. Inoltre non viene fornita alcuna motivazione in ordine alla richiesta di riconoscimento dell’attenuante del risarcimento del danno, sebbene NOME, per il tramite dei suoi familiari, abbia provveduto a risarcire il danno arrecato alla persona offesa già nella fase delle indagini.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Preliminarmente va rilevato che il collegio, accogliendo l’istanza di rinvio per legittimo impedimento dell’AVV_NOTAIO per l’odierna udienza, ha disposto lo stralcio della posizione di NOME COGNOME.
Tutti gli altri ricorsi, oggetto del presente giudizio, sono inammissibili per le ragi che verranno esposte.
E’ opportuno premettere che gli imputati NOME COGNOME, NOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno avuto accesso al concordato sulla pena ex art. 599 bis cod.proc.pen., che impone significativi limiti alla possibilità proporre impugnazione.
La giurisprudenza di legittimità ha reiteratamente affermato che, in tema di concordato in appello, è inammissibile il ricorso in cassazione avverso la sentenza emessa ex art. 599-bis cod. proc. pen. che deduca – oltre alle doglianze inerenti ai motivi rinunciati ed alla mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. – motivi relativi a vizi attinenti alla determinazione della pena che non si siano trasfusi nella illegalità della sanzione inflitta, in quanto non rientrante limiti edittali ovvero diversa da quella prevista dalla legge (Sezione 1, n. 50710 del 10/11/2023, COGNOME, Rv. 285655 – 01; Sezione 6, n. 23614 del 18/5/2022, COGNOME, Rv. 283284 – 01; Sezione 2, n. 22002 del 10/4/2019, COGNOME, Rv. 276102 – 01).
Il giudice di secondo grado, nell’accogliere la richiesta di pena concordata, non deve motivare sul mancato proscioglimento dell’imputato per una delle cause previste dall’art. 129 cod. proc. pen., né sull’insussistenza di cause di nullità assoluta o d inutilizzabilità delle prove, in quanto, in ragione dell’effetto devolutivo prop dell’impugnazione, una volta che l’imputato abbia rinunciato ai motivi di appello, la cognizione del giudice è limitata ai motivi non oggetto di rinuncia. (Sez. 4 – , Sentenza n. 52803 del 14/09/2018 Cc. (dep. 23/11/2018 ) Rv. 274522 – 01)
Inoltre nel procedimento di cui all’art. 599-bis cod. proc. pen. le parti sono libere d determinare l’entità della pena finale, senza che il giudice possa sindacare il trattamento sanzionatorio stabilito all’esito del concordato, se non con riguardo alla congruità della pena finale. In altri termini, ciò che conta è la pena finale che le parti sottopongono al giudice affinché ne valuti la congruità, a nulla rilevando se nella sua determinazione siano stati compiuti errori di calcolo, per cui, una volta recepita dal giudice la pen concordata, la sua entità non potrà più essere contestata, se non nei casi di pena illegale.
Ne consegue che, nelle ipotesi di «concordato in appello ex art. 599-bis cod. proc. pen., le parti non sono vincolate a criteri di determinazione della pena e il giudice può sindacare esclusivamente la congruità della pena finale concordata, senza che rilevino eventuali errori di calcolo nei passaggi intermedi . (Sez. 1 – , Sentenza n. 50710 del 10/11/2023 Ud. (dep. 19/12/2023 ) Rv. 285655 – 01;Sezione 6, n. 23614/2022 cit.), poiché la pena è frutto dell’accordo tra le parti recepito dal collegio giudicante in appell e non può essere oggetto di impugnazione se non nell’ipotesi di pena illegale.
E’ stato inoltre precisato che non configura un’ipotesi di pena illegale “ah origine” la sanzione che sia complessivamente legittima ma determinata secondo un percorso argomentativo viziato (nella specie: erroneo aumento della pena per le circostanze aggravanti, pur muovendo da una pena base corretta) (In motivazione la S.C. ha precisato che rientra nella nozione di pena illegale “ah origine” quella che si risolve in una pena diversa, per specie, da quella stabilita dalla legge, ovvero quantificata in misura inferiore o superiore ai relativi limiti edittali) (Sez. 5, Sentenza n. 8639 de 20/01/2016 Ud. (dep. 02/03/2016 ) Rv. 266080 – 01)
E’ vero che anche dopo la riforma del 2017, deve essere «esclusa l’introduzione di speciali limiti di ricorribilità in cassazione per la sentenza emessa a seguito di concordato in appello» (Sezioni Unite “Fazio”, in motivazione), ma l’entità della pena che è stata concordata con il Procuratore Generale non può essere oggetto di impugnazione con ricorso per Cassazione anche per carenza di interesse, poiché la parte che ha dato il suo consenso all’accordo sull’entità della pena finale, che non comporti la sua illegalità nei termini suindicati, non può poi lamentare le modalità dei calcoli intermedi per ottenere l’annullamento della sentenza fondata sull’accordo.
Alla stregua di questi principi, verranno sinteticamente esaminati i singoli ricorsi degl imputati che hanno accettato il concordato sulla pena ex art. 599 bis cod.proc.pen.
3.Ricorso COGNOME
Entrambe le censure formulate nell’interesse di COGNOME sono inammissibili poiché si incentrano sulla determinazione del trattamento sanzionatorio, oggetto precipuo dell’accordo e, pur deducendo l’illegalità della pena, si riferiscono a situazioni che esulano da tale nozione e non legittimano l’impugnazione, in quanto attengono a calcoli intermedi che non comportano la violazione della specie e dei limiti edittali della pena finale.
4.Ricorso COGNOME e NOME COGNOME
Le censure, incentrate sulla mancata verifica delle condizioni di cui all’articolo 129 cod.proc.pen. e sulla determinazione del trattamento sanzionatorio e sulla concessione delle attenuanti generiche, sono inammissibili in forza dei principi già esposti.
La censura proposta con i motivi nuovi, relativa all’aggravante ex art. 416 bis.1 cod.pen. è inammissibile sia come conseguenza dell’inammissibilità del ricorso principale, sia perchè con i motivi nuovi non possono essere dedotte questioni che non sono state affrontate con i motivi del ricorso principale; la censura infine risulta non sostenuta da adeguato interesse poiché lamenta un presunto errore in favor dell’imputato.
5.Ricorsi COGNOME e COGNOME
I ricorsi deducono motivi generici e non consentiti, in ragione dei limiti già esposti all’impugnabilità del concordato in appello.
6.Ricorso COGNOME
6.1 Il primo motivo è manifestamente infondato poiché l’imputato risponde di concorso nel tentativo di estorsione e la Corte ha valorizzato il compendio probatorio da cui emerge in maniera inconfutabile che il predetto ha partecipato al progetto criminoso e agli atti esecutivi del delitto , che non sono stati portati a compimento in ragione dell pronta reazione della persona offesa, la quale si è rivolta alle Forze dell’Ordine, così inducendo i responsabili dell’estorsione a desistere dal loro intento.
Il concorso dell’imputato ha trovato conferma non soltanto nella intercettazione ambientale del 14 novembre 2020, indicata dalla difesa, ma anche in altre conversazioni registrate successivamente e valorizzate soprattutto nella sentenza di primo grado, da cui emerge che l’imputato ha fornito un contributo materiale all’esecuzione del reato nella piena consapevolezza di collaborare con gli altri correi per la riuscita del progetto criminoso.
Inoltre poiché si tratta di un reato consumato in forma concorsuale la circostanza che COGNOME non sia stato identificato come il soggetto che ebbe a contattare la persona offesa e a pronunziare la minaccia estorsiva non ha rilevanza dirimente e non inficia il giudizio di colpevolezza, che si basa sul tenore complessivo delle intercettazioni da cui emerge l’inequivoco contributo causale offerto dall’imputato all’esecuzione del tentativo.
6.2 La censura in ordine alla sussistenza dell’aggravante del metodo mafioso è manifestamente infondata poiché a pagina 25 la Corte richiama espressamente il tenore della frase pronunziata dal soggetto che aveva contattato la persona offesa, esplicitamente diretta a provocare la cogente intimidazione della vittima evocando la RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE ben noto e radicato nella zona del Casertano. In forza dei principi in materia trattandosi di circostanza obiettiva la stessa si estende non soltanto al coimputato consapevole del ricorso a tale forma di intimidazione ma anche al correo che per colpa l’abbia ignorata ex art. 59 cod.pen. .
E nel caso in esame dalle conversazioni intercettate non emerge la incolpevole ignoranza del COGNOME.
6.3 Anche la terza censura è generica e reiterativa poiché a pagina 26 la Corte ha risposto in modo specifico al motivo di appello e ha respinto la prospettazione difensiva della desistenza volontaria osservando che, come emerge dalle intercettazioni, l’azione delittuosa è stata interrotta non spontaneamente, come richiesto dalla previsione normativa, ma soltanto per effetto della denuncia della persona offesa e del conseguente controllo intrapreso dalle Forze dell’Ordine allertate al riguardo.
Inoltre non va trascurato che in tema di tentativo, il concorrente nel reato plurisoggettivo, per beneficiare della desistenza volontaria, non può limitarsi ad interrompere la propria azione criminosa, occorrendo, invece, un “quid pluris” consistente nell’annullamento del contributo dato alla realizzazione collettiva e nella eliminazione delle conseguenze dell’azione che fino a quel momento si sono prodotte.
(Sez. 2 – , Sentenza n. 22503 del 24/04/2019 Ud. (dep. 22/05/2019 ) Rv. 275421 01) Nel caso in esame non emerge alcuna condotta dell’imputato che integri detto quid pluris.
6.4 La quarta censura in merito al diniego dell’attenuante di cui all’art. 114 cod.pen. è generica poiché la Corte ha ritenuto che il ruolo dell’imputato non sia stato marginale e il ricorrente non ha censurato in modo specifico detta affermazione; la doglianza per il diniego delle circostanze attenuanti generiche è manifestamente infondata poiché la Corte ha negato dette attenuanti in ragione della gravità dei fatti di cui si è res responsabile l’imputato, che ha agito al fine di coadiuvare un gruppo criminale connotato da estrema pericolosità. Il ricorrente non si confronta con questa motivazione pienamente legittima e in questo modo incorre anche nel vizio di genericità.
Solo nel successivo passaggio motivazionale la Corte ha osservato che la pena era congrua e che le aggravanti non erano state conteggiate nella determinazione della pena, sicchè quest’ultima argomentazione risulta secondaria e non dirimente rispetto alla prima, che il ricorrente trascura del tutto e non contesta in modo specifico.
7. Ricorso COGNOME
L’unica censura formulata con il ricorso è inammissibile .
NOME COGNOME ha ammesso gli addebiti in sede di dichiarazioni spontanee e ha rinunciato ai motivi di merito insistendo soltanto sui motivi quoad poenam.
E’ noto che la rinuncia a tutti i motivi di appello, ad esclusione soltanto di quel riguardanti la misura della pena, comprende anche il motivo concernente la sussistenza delle circostanze aggravanti del reato, in quanto relativo a un punto della decisione distinto e autonomo rispetto a quello afferente al trattamento sanzionatorio. (Fattispecie relativa all’aggravante di cui all’art. 7, d.l. 13 maggio 1991, n. 152, convertito in leg 12 luglio 1991, n. 203). (Sez. 4 – , Sentenza n. 46150 del 15/10/2021 Ud. (dep. 17/12/2021 ) Rv. 282413 – 01; (Sez. 4, Sentenza n. 3398 del 14/12/2023 Ud. (dep. 29/01/2024 ) Rv. 285702 – 03)
Non va infine trascurato che la Corte di appello a pagina 17 ha comunque confermato la sussistenza dell’aggravante prevista dall’articolo 416 bis.1 cod.pen. nella duplice accezione del metodo mafioso e della agevolazione del RAGIONE_SOCIALE capeggiato dal padre del ricorrente e ha indicato specifici elementi di fatto a riprova del caratter camorristico dell’agire del ricorrente, secondo un modus operandi tipico delle organizzazioni criminali che attraverso un avvertimento intendono rendere palese il proprio controllo del territorio.
8.Ricorso NOME
8.111 primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
La Corte risponde ai motivi di appello sulla responsabilità a pag. 30 della sentenza e il GUP a pag. 58 della sentenza espone il compendio probatorio costituito non soltanto dalle dichiarazioni della persona offesa COGNOME NOME, titolare di una impresa di coltivazione di fragole, che ha ritenuto pienamente attendibile; questi ha raccontato di essere stato avvicinato da NOME COGNOME e NOME COGNOME nel dicembre 2020 , di avere ricevuto una proposta che aveva rifiutato e di avere quindi subito un danneggiamento per un valore economico di oltre 8.000 C.
Ed infatti le dichiarazioni dell’COGNOME hanno trovato sicuro e autonomo riscontro in un’intercettazione ambientale in cui NOME COGNOME racconta al padre che COGNOME NOME è una persona affidabile che ha sempre pagato e che in precedenza versava il “pizzo” nelle mani di NOME e NOME, facilmente individuabili nell’odierno ricorrente e nel coimputato COGNOME.
Anche nella conversazione del 15 Febbraio 2021 NOME COGNOME sottolinea che la sua RAGIONE_SOCIALE è più importante della zona e NOME riferisce di aver intrattenuto rapporti con NOME COGNOME, il quale si era risollevato economicamente abusando del suo ruolo per ottenere finanziamenti e lo aveva costretto a pagare cifre esose, creandogli molti problemi.
Alla stregua di questi elementi le dichiarazioni rese dal teste COGNOME in sede di indagini difensive, incentrate sulla pregressa conoscenza da parte della persona offesa del COGNOME, non inficiano il giudizio di attendibilità della persona offesa e la prospettazion accusatoria, mentre il ricorso invoca una diversa lettura del compendio probatorio che non è consentita in questa sede ed esula dal sindacato di legittimità.
8.2 Anche in ordine alla qualificazione giuridica della condotta ascritta all’imputato ai sensi dell’art. 629 cod.pen. e non dell’art.393 cod.pen. la Corte ha reso congrua e corretta motivazione in punto di diritto che risulta immune dai vizi dedotti in modo generico con il ricorso.
8.3 La terza censura è manifestamente infondata poiché la persona offesa ha affermato di avere inteso che la richiesta estorsiva proveniva dalla criminalità organizzata locale e tanto basta a radicare la maggiore intimidazione realizzata dalla forza del vincolo associativo in zone storicamente sottoposte al capillare controllo della criminalità organizzata da anni radicata sul territorio. La giurisprudenza richiamata dal ricorrente, secondo cui la minaccia silente integra al più l’aggravante dell’appartenenza al sodalizio mafioso di chi opera e non quella del metodo mafioso prevista dall’art. 416 bis.1 cod.pen. è minoritaria e il collegio non la condivide, considerato che in forza del tenore letterale della norma deve ritenersi sufficiente che l’autore si avvalga della forza del vincolo mafioso e detto avvalimento deve essere valutato non solo in relazione alle modalità della condotta ma anche alle caratteristiche del contesto e del territorio in cui opera. Nel caso di specie, peraltro, vi era stato da parte del COGNOME l’evocazione di una sua capacità di comando nella zona di riferimento che non può qualificarsi come silente ma si palesa esplicitamente.
8.4 La quarta censura è manifestamente infondata in quanto la Corte ha reso in relazione al diniego delle circostanze attenuanti generiche sufficiente motivazione che non si palesa manifestamente illogica o contraddittoria, né si pone in contrasto con i principi più volte ribaditi dalla giurisprudenza in tema.
Deve convenirsi con il ricorrente che la motivazione resa dalla Corte di merito a pag. 33 in ordine all’attenuante del risarcimento del danno non è condivisibile poiché per respingere la richiesta valorizza il mancato ravvedimento dell’imputato e la tempistica del risarcimento, intervenuto subito dopo l’applicazione della misura cautelare, elementi che non sono previsti dalla statuizione normativa.
E tuttavia deve rilevarsi la genericità del motivo di appello con cui detta attenuante era stata invocata, senza esplicitare e allegare gli elementi di fatto e le ragioni di diri su cui tale richiesta si fondava. Va ricordato che in presenza di una censura generica non si realizza l’effetto devolutivo, sicchè non rileva il merito della motivazione con cui la richiesta era stata respinta, trattandosi di censura la cui inammissibilità può essere rilevata in qualunque grado del giudizio.
Parimenti, il motivo di ricorso non è specifico poiché non espone le ragioni per cui l’attenuante avrebbe dovuto essere concessa, esponendo entità e tempi dell’eventuale offerta risarcitoria, sicchè il collegio giudicante non può apprezzare la sussistenza dei presupposti dell’istituto invocato e l’eventuale illegittimità del diniego.
Va poi osservato che nell’appello si richiamava la posizione di altro coimputato che aveva ottenuto il riconoscimento delle generiche senza identificarlo compiutamente, sicchè il ricorrente non può dolersi che la Corte abbia ritenuto che il riferimento fosse al
coimputato COGNOME, coinvolto nel medesimo episodio delittuoso, COGNOME piuttosto che all’COGNOME, imputato di altra vicenda estorsiva. Né può contestare che ad altro coimputato, responsabile di vicenda diversa, siano state riconosciute dette attenuanti negate al ricorrente, trattandosi di situazioni distinte e giudizi non omologabili.
Per le ragioni sin qui esposte i ricorsi devono ritenersi inammissibili con la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende Roma 24 aprile 2024
FUNZIONARIO G COGNOME
CORTE DI CASSAZIONE .R.P. CENTRALE
L Ce –1– R 4 uLd -=. 9 ")--s.- 1Li j v e - i l e ., .·0'-:›'tt.... COGNOME .,. - (',,. , t,u. ek s COGNOME , 1,<L:1 .-'-r,,,.. COGNOME iuqH)i4 i , V.. 1 kr Q ey:, ,-<,, n ),,,. cywa \ COGNOME . ' COGNOME 1 i il I COGNOME Ci t 2i1 f -QA-ÀL) ' v () -k ' -)':·:)( 'e ( t n I i–k—L 0 · C 01. Vd. li , ,,,,'”( v!, ,, ),J e k ..-,,j,’0 , ‘ – u-c-x-> Ak k ‘) -t,.; -1 –. COGNOME i s ) v – .0 t’‘ ; C- ,- – e- f -n ,.. COGNOME ‘) “, ‘ . s Z L n .– E, el . 1,-(4-,· COGNOME* ‘ \’ –,–) k Q
À °