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Concordato in appello: limiti all’impugnazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso presentato contro una sentenza emessa a seguito di concordato in appello (art. 599-bis c.p.p.). L’ordinanza chiarisce che l’accordo tra le parti implica una rinuncia a sollevare ulteriori motivi di impugnazione, salvo rare eccezioni non riscontrate nel caso di specie. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 10 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in appello: l’accordo che preclude il ricorso in Cassazione

Il concordato in appello, disciplinato dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo del contenzioso che consente alle parti di accordarsi sull’esito del giudizio di secondo grado. Tuttavia, come chiarito da una recente ordinanza della Corte di Cassazione, questa scelta processuale comporta conseguenze significative sulla possibilità di impugnare ulteriormente la decisione. L’adesione all’accordo, infatti, equivale a una rinuncia a far valere quasi ogni altra doglianza nel successivo giudizio di legittimità.

I Fatti del Caso

Un imputato, dopo aver raggiunto un accordo con la Procura Generale in Corte d’Appello, perfezionatosi durante l’udienza, decideva comunque di presentare ricorso per Cassazione. Il motivo del ricorso verteva su un aspetto specifico della condanna, ovvero la revoca della confisca, un punto che non rientrava tra le eccezioni che consentono l’impugnazione di una sentenza emessa a seguito di concordato in appello. La Suprema Corte è stata quindi chiamata a valutare l’ammissibilità di tale ricorso.

Il Principio di Diritto: Il concordato in appello e la rinuncia all’impugnazione

Il fulcro della decisione della Cassazione risiede in un principio consolidato: l’accordo delle parti, che si perfeziona con il concordato in appello, implica una rinuncia implicita a dedurre nel successivo giudizio di legittimità ogni diversa doglianza. Accettando il concordato, l’imputato di fatto accetta l’esito del processo d’appello così come definito dall’accordo stesso, precludendosi la possibilità di contestare altri aspetti della sentenza davanti alla Suprema Corte.

Le Eccezioni alla Regola

La giurisprudenza ha individuato un numero limitato di eccezioni a questa regola generale. Un ricorso in Cassazione contro una sentenza ‘concordata’ è ammissibile solo se riguarda:
1. L’irrogazione di una pena illegale: ad esempio, una pena superiore ai limiti di legge o di una specie non consentita.
2. Vizi nella formazione della volontà: motivi che attengono a un vizio nel consenso prestato dall’imputato all’accordo.
3. Vizi nel consenso del pubblico ministero.
4. Contenuto della pronuncia difforme dall’accordo: se il giudice, nel pronunciare la sentenza, si discosta da quanto pattuito tra le parti.

Al di fuori di queste specifiche situazioni, l’accordo tra le parti assume un carattere vincolante che cristallizza la decisione d’appello.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

Nel caso esaminato, la Corte ha rilevato che il motivo di ricorso proposto – relativo alla confisca – non rientrava in nessuna delle eccezioni previste. L’accordo tra le parti era stato liberamente formato e la sentenza del giudice d’appello era conforme a quanto concordato. Pertanto, la volontà di contestare la confisca avrebbe dovuto essere manifestata prima o durante la negoziazione dell’accordo, non dopo la sua conclusione.
Di conseguenza, la Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. In applicazione dell’articolo 616 del codice di procedura penale, e non ravvisando un’assenza di colpa da parte del ricorrente nel causare l’inammissibilità, lo ha condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende.

Le Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce l’importanza e la serietà dell’istituto del concordato in appello. Per gli imputati e i loro difensori, la decisione di accedere a tale accordo deve essere ponderata attentamente, con la piena consapevolezza che essa comporta una sostanziale rinuncia a future impugnazioni. La scelta di concordare la pena preclude la possibilità di sollevare in Cassazione questioni non ricomprese nelle tassative eccezioni, anche se potenzialmente rilevabili d’ufficio. La pronuncia serve da monito: un ricorso presentato in violazione di questo principio non solo sarà respinto, ma comporterà anche significative conseguenze economiche per il ricorrente.

Dopo un concordato in appello è sempre possibile ricorrere in Cassazione?
No. Secondo la Corte, l’accordo tra le parti perfezionatosi in appello implica la rinuncia a dedurre nel successivo giudizio di legittimità ogni diversa doglianza, salvo specifiche e tassative eccezioni.

Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile in questo contesto?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, che nel caso di specie è stata fissata in 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende.

In quali casi eccezionali si può impugnare una sentenza nonostante un concordato in appello?
L’impugnazione resta possibile solo se riguarda l’irrogazione di una pena illegale, vizi relativi alla formazione della volontà delle parti di accedere all’accordo, il consenso del pubblico ministero o un contenuto della pronuncia del giudice difforme rispetto a quanto concordato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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