Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6487 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6487 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a APRILIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 05/07/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
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udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
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Con sentenza del 5 luglio 2023 la Corte di Appello di Roma, pronunciandosi ai sensi dell’art. 599-bis cod. proc. pen. ed in parziale riforma della sentenza del 30 novembre 2022 del Tribunale di Roma, ha rideterminato in anni tre di reclusione ed euro 14.000,00 di multa la pena inflitta a COGNOME NOME per il reato di cui agli artt. 110 cod. pen. e 73, commi 1 e 4 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
È stato proposto ricorso per cassazione, in forza del quale il ricorrente ha lamentato il vizio di motivazione quanto alla mancata riqualificazione della fattispecie contestata in quella di cui all’art. 73 comma 5 del citato d.P.R. e quanto al trattamento sanzionatorio.
Il ricorso (da trattarsi ai sensi dell’art. 610, comma 5 -bis cod. proc. pen.) è inammissibile.
In relazione al motivo di censura, a norma dell’art. 599-bis, comma 1, cod. proc. pen., siccome inserito dalla legge 23 giugno 2017, n. 103, la Corte di appello provvede in camera di consiglio quando le parti ne fanno richiesta dichiarando di concordare sull’accoglimento, in tutto o in parte, dei motivi di appello, con rinuncia agli altri eventuali motivi. Se i motivi dei quali viene chiesto l’accoglimento comportano una nuova determinazione della pena, il Pubblico ministero, l’imputato e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria indicano al giudice anche la pena sulla quale sono d’accordo.
Quanto ai vizi denunciabili è stato affermato che nell’applicazione di tale norma si è così affermato che è ammissibile il ricorso in cassazione avverso la sentenza emessa ex art. 599 bis cod. proc. pen. che deduca motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato in appello, al consenso del Procuratore generale sulla richiesta ed al contenuto difforme della pronuncia del giudice, mentre sono inammissibili le doglianze relative a motivi rinunciati o alla mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 30990 del 01/06/2018, Rv. 272969).
Deve pertanto ritenersi che le uniche doglianze proponibili siano quelle relative ad eventuali vizi della sentenza rispetto alla formazione della volontà delle parti di accedere al concordato in appello, ed all’eventuale contenuto difforme della pronuncia del giudice di appello, mentre alcuno spazio può essere ammesso per quei vizi che attengano alla determinazione della pena e che non si siano trasfusi in una illegalità della sanzione inflitta (Sez. 2 n. 22002 del 10/04/2019, Marinello, Rv. 276102 – 01).
I motivi di ricorso proposti sulla pena concordata dall’imputato non ponendo profili di illegalità, nemmeno denunciata dal ricorrente che lamenta la
mancata qualificazione del fatto ai sensi dell’art. 73 comma 5 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 e il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche in misura prevalente sulla recidiva e sull’aumento per la continuazione, sono inammissibili, essendo inammissibile il ricorso per cassazione proposto in relazione alla misura della pena concordata, atteso che il negozio processuale liberamente stipulato dalle parti, una volta consacrato nella decisione del giudice, non può essere unilateralmente modificato, salva l’ipotesi di illegalità della pena concordata (Sez. 5 n. 7333 del 13/11/2018, Alessandria, Rv. 275234 – 01).
Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 12 gennaio 2024
Il Consiglier sore
Il Presidente