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Concordato in appello: limiti all’impugnazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi di due imputati contro una sentenza della Corte d’Appello che aveva determinato la pena sulla base di un accordo (ex art. 599-bis c.p.p.). La Corte ha stabilito che, accettando il concordato in appello, gli imputati hanno rinunciato a impugnare il trattamento sanzionatorio. È stato inoltre respinto il motivo relativo alla confisca di un immobile, poiché la Corte ha ritenuto che il terzo proprietario non potesse considerarsi in buona fede, data la collocazione delle armi in luoghi a lui accessibili.

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Pubblicato il 4 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in appello: quando l’accordo sulla pena rende il ricorso inammissibile

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 32138 del 2025, offre importanti chiarimenti sui limiti all’impugnazione di una sentenza quando le parti hanno raggiunto un concordato in appello sulla pena. La pronuncia sottolinea come l’accordo sul trattamento sanzionatorio comporti una rinuncia implicita a contestare tali punti nel successivo grado di giudizio, rendendo il relativo ricorso inammissibile. Analizziamo insieme i dettagli di questa decisione.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dal ricorso presentato da due imputati contro una sentenza della Corte di Appello di Messina. Quest’ultima, in sede di rinvio a seguito di un precedente annullamento da parte della Cassazione, aveva rideterminato la pena per reati di associazione mafiosa ed estorsione pluriaggravata, applicando la sanzione concordata tra le parti ai sensi dell’art. 599-bis del codice di procedura penale.

Nonostante l’accordo, entrambi gli imputati presentavano ricorso in Cassazione, sollevando questioni relative proprio al trattamento sanzionatorio. Uno di essi, inoltre, contestava la confisca di un appartamento di proprietà del proprio genitore, sostenendo che quest’ultimo fosse un terzo estraneo al reato e in buona fede.

Il concordato in appello e i suoi effetti sul ricorso

Il fulcro della decisione della Suprema Corte riguarda l’inammissibilità dei motivi di ricorso concernenti la pena. I giudici hanno ribadito un principio fondamentale: l’accordo raggiunto tra le parti in appello sulla pena implica una rinuncia a tutti i motivi di impugnazione che lo riguardano. Di conseguenza, su tali punti si forma un cosiddetto “giudicato sostanziale”, che impedisce di riproporre le stesse censure in Cassazione.

La Corte ha specificato che la facoltà di ricorrere contro una sentenza emessa a seguito di concordato in appello non è esclusa in assoluto, ma è limitata ai punti che non sono stati oggetto dell’accordo stesso. Poiché i ricorrenti avevano concordato la pena finale, comprese le valutazioni sulla continuazione e la recidiva, le loro doglianze sul calcolo della sanzione sono state ritenute inammissibili. In sostanza, non si può prima accettare una pena e poi contestarla in un grado successivo.

La questione della confisca e la buona fede del terzo

Diversa è la questione della confisca, la quale non era rientrata nell’accordo tra le parti. Pertanto, il motivo di ricorso su questo punto era astrattamente ammissibile. Tuttavia, la Corte di Cassazione lo ha dichiarato manifestamente infondato, risolvendosi in una richiesta di riesame del merito non consentita in sede di legittimità.

Il ricorrente sosteneva la buona fede del padre, proprietario dell’immobile, il quale non sarebbe stato a conoscenza della presenza di armi nascoste dal figlio. La Corte di Appello, però, aveva fornito una motivazione logica e adeguata per escludere tale buona fede. Aveva infatti evidenziato che parte delle armi era stata trovata nella camera da letto del padre e altre in un terrazzino pertinenziale, ovvero in luoghi ordinariamente accessibili e sotto il controllo del proprietario. Secondo i giudici di merito, e confermato dalla Cassazione, con l’ordinaria diligenza il proprietario avrebbe potuto e dovuto accorgersi della custodia illecita delle armi. Di conseguenza, la confisca è stata ritenuta legittima.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha basato la sua decisione su due pilastri. In primo luogo, ha affermato che l’accordo sulla pena cristallizza il trattamento sanzionatorio, precludendo ogni successiva contestazione sui punti concordati. Qualsiasi motivo di ricorso che tenti di rimettere in discussione il calcolo della pena, la recidiva o la continuazione è destinato all’inammissibilità, perché viola l’effetto preclusivo derivante dalla rinuncia implicita nell’accordo. In secondo luogo, per quanto riguarda la confisca, la Corte ha sottolineato di non poter sostituire la propria valutazione dei fatti a quella, immune da vizi logici, del giudice di merito. La Corte d’Appello aveva correttamente giustificato la conoscibilità dell’attività illecita da parte del terzo proprietario, rendendo il motivo di ricorso una mera contestazione fattuale.

Conclusioni

La sentenza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale cruciale per la difesa tecnica. Chi sceglie la via del concordato in appello deve essere consapevole che sta compiendo una scelta strategica definitiva riguardo alla pena. Tale accordo preclude la possibilità di sollevare future doglianze sul trattamento sanzionatorio davanti alla Corte di Cassazione. Inoltre, la pronuncia ribadisce che per contestare efficacemente una misura come la confisca a danno di un terzo, non è sufficiente affermarne la buona fede, ma è necessario dimostrare l’illogicità o la carenza della motivazione con cui il giudice di merito l’ha esclusa, senza limitarsi a proporre una diversa lettura dei fatti.

È possibile impugnare in Cassazione una sentenza emessa a seguito di ‘concordato in appello’ (art. 599-bis c.p.p.)?
Sì, ma l’impugnazione è possibile solo per i punti della sentenza che non sono stati oggetto dell’accordo. I motivi relativi al trattamento sanzionatorio concordato tra le parti sono inammissibili perché si considera che vi sia stata una rinuncia a impugnarli.

Perché il motivo di ricorso sulla confisca dell’immobile è stato dichiarato inammissibile?
Sebbene la confisca non fosse oggetto di accordo, il motivo è stato ritenuto inammissibile perché manifestamente infondato. La Corte di Cassazione ha stabilito che la motivazione della Corte d’Appello era logica e sufficiente nel dimostrare che il terzo proprietario non poteva essere considerato in buona fede, data la collocazione delle armi in luoghi a lui pienamente accessibili. Il ricorso si risolveva in una richiesta di rivalutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità.

Cosa significa che sui punti oggetto di accordo si forma un ‘giudicato sostanziale’?
Significa che la decisione su quei punti specifici (in questo caso, la misura della pena) diventa definitiva tra le parti. Avendo rinunciato ai motivi di appello su tali aspetti per raggiungere un accordo, le parti non possono più rimetterli in discussione in un successivo grado di giudizio, come se fossero stati decisi con una sentenza passata in giudicato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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