Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 35531 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 2 Num. 35531 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a Catania il DATA_NASCITA rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO, di fiducia avverso la sentenza del 25/03/2024 della Corte di appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; ex art.
preso atto che il procedimento viene trattato nelle forme del rito de plano 610, comma 5 -bis cod. proc. pen.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1.La Corte d’appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, con la sentenza impugnata in questa sede, in accoglimento della concorde richiesta delle parti ex art. 599 bis cod. proc. pen. rideterminava la pena inflitta nei confronti di COGNOME NOME nella misura di anni due mesi nove di reclusione ed euro 515,00 di multa per il delitto di rapina aggravata dall’uso di arma.
2.Avverso tale sentenza ha proposto ricorso in cassazione l’imputato tramite il difensore fiduciario per lamentare il mancato riconoscimento nella massima estensione delle circostanze attenuanti generiche (valutate in prevalenza sulla
contestata aggravante dell’uso di arma) e l’omessa motivazione da parte del giudice di appello in ordine alla pena come rideterminata.
Il motivo proposto è manifestamente infondato ed il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.
3.1. In tema di concordato in appello, è consentito il ricorso in cassazione avverso la sentenza emessa ex art. 599-bis cod. proc. pen. che deduca motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato in appello, al consenso del Procuratore generale sulla richiesta ed al contenuto difforme della pronuncia del giudice, mentre sono inammissibili le doglianze relative ai motivi rinunciati, a vizi attinenti alla determinazione della pena che non si siano trasfusi nella illegalità della sanzione inflitta in quanto non rientrante limiti edittali ovvero diversa da quella prevista dalla legge, alla omessa motivazione circa il mancato proscioglimento dell’imputato per una delle cause previste dall’art. 129 cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 30990 del 01/06/2018, Gueli, Rv. 272969; Sez. 2, n. 22002 del 10/04/2019, COGNOME, Rv. 276102; Sez. 1, n. 944 del 23/10/2019, dep. 2020, Rv. 278170; Sez. 2, del 16/11/2023 n. 50062, COGNOME, Rv. 285619), alle questioni rilevabili d’ufficio (Sez. 5, n. 29243 del 04/06/2018, COGNOME, Rv. 273194), alla sussistenza di cause di nullità assoluta o di inutilizzabilità delle prove (Sez. 5, n. 15505 del 19/03/2018, COGNOME, Rv. 272853), alla non configurabilità di circostanze aggravanti (Sez. 3, n. 30190 del 08/03/2018, COGNOME, Rv. 273755), in quanto, a causa dell’effetto devolutivo proprio dell’impugnazione, una volta che l’imputato abbia rinunciato ai motivi di appello, la cognizione del giudice è limitata ai motivi non oggetto di rinuncia.
Nel caso in cui il giudice di appello abbia raccolto le richieste concordemente formulate dalle parti, queste ultime non possono dedurre in sede di legittimità difetto di motivazione (Sez. 3, n. 51557 del 14/11/2023, Spina, Rv. 285628-02).
3.2. Nel caso in esame, la Corte territoriale ha rideterminato la pena in misura perfettamente aderente alla volontà espressa dalle parti che, come riportato in sentenza (pag.1), nell’accordo scritto, avevano concordato il riconoscimento di attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sulla contestata circostanza aggravante, tuttavia calcolando, per l’effetto, una diminuzione della sanzione base in misura inferiore al terzo; il giudice di appello si è anche espressamente pronunciato (pag.2) sulla congruità della pena consensualmente quantificata dalle parti dando rilievo alla condizione di incensuratezza dell’imputato e al parziale risarcimento del danno operato in favore della persona offesa.
Alla pronuncia di inammissibilità consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di euro tremila, così determinata con riferimento ai profili di evidenziabili nel ricorso, in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle s processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 10/09/2024.