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Concordato in appello: limiti al ricorso per Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato avverso una sentenza patteggiata in secondo grado. La decisione si basa sul principio che il concordato in appello implica una rinuncia a contestare i punti oggetto dell’accordo, come il trattamento sanzionatorio, limitando drasticamente i motivi di impugnazione successivi.

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Pubblicato il 28 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: Quando il Ricorso in Cassazione è Precluso?

L’istituto del concordato in appello, noto anche come ‘patteggiamento in appello’, rappresenta uno strumento fondamentale per la definizione accelerata dei processi penali. Tuttavia, la scelta di aderire a tale accordo comporta conseguenze significative sulla possibilità di impugnare la sentenza che ne deriva. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito i rigidi limiti del ricorso contro le sentenze emesse ai sensi dell’art. 599-bis del codice di procedura penale, chiarendo quali doglianze non possono più essere sollevate.

I fatti del caso

Nel caso di specie, la Corte di Appello di Milano, in parziale riforma di una sentenza di primo grado, aveva rideterminato la pena per un imputato a due anni di reclusione e mille euro di multa per reati contro il patrimonio. Questa nuova pena era il risultato di un accordo raggiunto tra la difesa e l’accusa, ovvero un concordato in appello.

Nonostante l’accordo, l’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso per Cassazione, lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione proprio in merito al trattamento sanzionatorio, cioè l’entità della pena concordata.

Il concordato in appello e i suoi effetti preclusivi

L’articolo 599-bis del codice di procedura penale permette alle parti di accordarsi sui motivi di appello da accogliere, chiedendo al giudice di rideterminare la pena. Questo accordo, una volta recepito dal giudice nella sentenza, produce un effetto preclusivo: le parti, di fatto, rinunciano a contestare i punti che sono stati oggetto dell’accordo stesso.

La Corte di Cassazione, con la sua ordinanza, ha confermato questo principio. Ha stabilito che il ricorso avverso una sentenza frutto di concordato in appello è da considerarsi inammissibile per tutte le questioni che, implicitamente o esplicitamente, sono state oggetto di rinuncia con l’accordo. Tra queste rientrano tipicamente le valutazioni sull’entità della pena e sulla sussistenza di cause di non punibilità.

La decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile senza neppure entrare nel merito delle questioni sollevate. I giudici hanno spiegato che il potere dispositivo riconosciuto alle parti dall’art. 599-bis c.p.p. non solo limita la cognizione del giudice di secondo grado, ma preclude anche la possibilità di sollevare le stesse questioni nel successivo giudizio di legittimità. Scegliere la via del concordato equivale a una rinuncia all’impugnazione su tutti i punti coperti dall’accordo.

Le motivazioni

La motivazione della Corte si fonda su un orientamento giurisprudenziale consolidato. Il ricorso in Cassazione dopo un concordato in appello è consentito solo in casi eccezionali e circoscritti, quali:
1. Vizi nella formazione della volontà della parte di aderire all’accordo.
2. Mancanza del consenso del Procuratore Generale.
3. Contenuto della sentenza difforme rispetto all’accordo raggiunto.

Al di fuori di queste ipotesi, ogni altra doglianza, inclusa quella relativa al trattamento sanzionatorio oggetto dell’accordo stesso, è inammissibile. L’imputato, accettando il concordato, accetta anche la pena che ne deriva e rinuncia a contestarla ulteriormente. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Le conclusioni

Questa pronuncia rafforza la natura dispositiva e definitiva del concordato in appello. Chi sceglie questa strada processuale deve essere pienamente consapevole che sta barattando la possibilità di un’ampia contestazione in cambio di una pena certa e potenzialmente più mite. La decisione sottolinea che l’accordo sulla pena preclude qualsiasi ripensamento successivo sulla sua congruità, rendendo il ricorso per Cassazione su tali punti una via non percorribile. È un monito per le difese a ponderare attentamente tutti gli aspetti prima di formalizzare un accordo che chiude la porta a future impugnazioni nel merito.

È possibile ricorrere in Cassazione contro una sentenza emessa dopo un concordato in appello?
Sì, ma solo per motivi molto specifici. Il ricorso è ammissibile unicamente se riguarda vizi nella formazione della volontà di aderire all’accordo, il mancato consenso del Procuratore Generale, o una decisione del giudice non conforme all’accordo stesso.

Quali motivi di ricorso sono inammissibili dopo un concordato in appello?
Sono inammissibili tutti i motivi che si considerano rinunciati con l’accordo, come le contestazioni sull’entità della pena (trattamento sanzionatorio) o sulla mancata valutazione di cause di proscioglimento ex art. 129 c.p.p., poiché l’accordo stesso presuppone l’accettazione di tali punti.

Perché il ricorso sul trattamento sanzionatorio è stato dichiarato inammissibile in questo caso?
Perché il trattamento sanzionatorio era proprio l’oggetto dell’accordo tra le parti. Accettando il concordato, l’imputato ha implicitamente rinunciato a contestare la congruità della pena pattuita, rendendo inammissibile un successivo ricorso basato su tale punto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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