Concordato in appello: quando il ricorso in Cassazione è un vicolo cieco
L’istituto del concordato in appello, noto anche come patteggiamento in appello, rappresenta uno strumento processuale cruciale che permette di definire il secondo grado di giudizio in modo più rapido. Tuttavia, la scelta di percorrere questa strada comporta conseguenze significative sulla possibilità di impugnare ulteriormente la decisione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce sui rigidi limiti del ricorso successivo, chiarendo quando l’impugnazione diventa inammissibile.
I Fatti del Caso
La vicenda processuale ha origine da una sentenza di primo grado emessa dal Tribunale di Torino, che condannava un imputato per il reato di ricettazione (art. 648 c.p.). In sede di appello, le parti – accusa e difesa – hanno raggiunto un accordo. La Corte di Appello di Torino, accogliendo la richiesta concorde, ha parzialmente riformato la sentenza: ha concesso le attenuanti generiche in regime di equivalenza, ha rideterminato la pena, eliminando la sanzione accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici, e ha confermato il resto della condanna.
Nonostante l’accordo, l’imputato ha deciso di presentare ricorso per cassazione, sollevando due questioni: la presunta mancanza di motivazione sulla quantificazione della pena e l’omessa valutazione delle condizioni per un proscioglimento immediato ai sensi dell’art. 129 del codice di procedura penale.
La Decisione della Corte di Cassazione sul Concordato in Appello
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile senza neppure procedere con le formalità ordinarie. La decisione si fonda su un principio consolidato in materia di concordato in appello: l’accesso al giudizio di legittimità è estremamente limitato. La Corte ha chiarito che, una volta raggiunto un accordo sulla pena in appello, l’imputato rinuncia implicitamente ai motivi di gravame non inclusi nell’accordo. Di conseguenza, il ricorso in Cassazione non può basarsi su tali motivi.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La Cassazione ha spiegato che, ai sensi dell’art. 599-bis del codice di procedura penale, il ricorso avverso una sentenza emessa a seguito di concordato in appello è ammissibile solo per motivi molto specifici. Questi includono:
1. Vizi nella formazione della volontà della parte di accedere all’accordo.
2. Mancanza del consenso del Procuratore Generale.
3. Contenuto difforme della pronuncia del giudice rispetto all’accordo raggiunto tra le parti.
Nel caso di specie, i motivi sollevati dall’imputato non rientravano in nessuna di queste categorie. La doglianza sulla quantificazione della pena era infondata, poiché la sanzione applicata dalla Corte d’Appello era esattamente quella concordata. Allo stesso modo, la lamentela sulla mancata valutazione di un proscioglimento ex art. 129 c.p.p. è stata ritenuta inammissibile. L’effetto devolutivo dell’impugnazione, unito alla rinuncia implicita derivante dal concordato, limita la cognizione del giudice ai soli punti non coperti dalla rinuncia stessa.
In sostanza, avendo scelto la via dell’accordo, l’imputato ha perso la facoltà di contestare nel merito la decisione, se non per i vizi procedurali legati alla formazione del patto stesso. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.
Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Pronuncia
Questa ordinanza rafforza un punto fondamentale per la strategia difensiva: la scelta del concordato in appello è un’opzione che chiude quasi definitivamente la partita processuale. Se da un lato offre il vantaggio di una pena certa e spesso più mite, dall’altro preclude quasi ogni possibilità di un successivo ricorso in Cassazione. Gli avvocati e i loro assistiti devono ponderare con estrema attenzione questa scelta, consapevoli che essa implica una rinuncia alla maggior parte dei motivi di impugnazione. La sentenza diventa, di fatto, quasi definitiva, salvo che non si possano dimostrare gravi irregolarità nel processo che ha portato all’accordo. La pronuncia ribadisce la natura negoziale e definitiva di questo strumento, valorizzandone l’efficacia deflattiva a discapito di ulteriori gradi di giudizio.
Dopo un concordato in appello, è possibile ricorrere in Cassazione per qualsiasi motivo?
No. Il ricorso è ammesso solo per motivi specifici che riguardano vizi nella formazione dell’accordo, la mancanza del consenso del Procuratore Generale o una decisione del giudice non conforme a quanto pattuito.
Ci si può lamentare in Cassazione della pena applicata se questa deriva da un concordato in appello?
No, se la pena irrogata dal giudice è esattamente quella concordata tra le parti. L’accordo sulla pena è un elemento centrale e vincolante del concordato.
Il giudice dell’appello deve valutare d’ufficio il proscioglimento se le parti hanno raggiunto un accordo sulla pena?
No. Secondo la Corte, una volta che l’imputato ha rinunciato ai motivi di appello per accedere al concordato, la cognizione del giudice è limitata e le doglianze relative alla mancata valutazione di un proscioglimento sono inammissibili in Cassazione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 9638 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 2 Num. 9638 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto nell’interesse di
NOME nato a NOVI LIGURE il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 24/11/2023 della CORTE APPELLO di TORINO visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
a seguito di procedura de plano
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
La Corte di appello di Torino, con la decisione impugnata, in parziale riforma della sentenza in data 24 febbraio 2022 del Tribunale di Torino nei confronti di NOME COGNOME in relazione al reato di cui all’art. 648 cod. pen., su concorde richiesta delle parti, dichiarati inammissibili gli altri motivi di gravame e concesse le circostanze attenuanti generiche in regime di equivalenza, ha rideterminato la pena per il suddetto delitto, eliminando la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici e confermando nel resto.
Il suddetto imputato ha proposto ricorso per cassazione, deducendo due motivi di ricorso, con cui lamenta la mancanza di motivazione sulla quantificazione della pena e l’omessa valutazione delle condizioni per pronunziare sentenza di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen.
Il ricorso è inammissibile, perché proposto con motivi non consentiti.
In tema di concordato in appello, è ammissibile il ricorso in cassazione avverso la sentenza emessa ai sensi dell’art. 599-bis cod. proc. pen. solo qualora deduca motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato in appello, al consenso del AVV_NOTAIO generale sulla richiesta ed al contenuto difforme della pronuncia del giudice, mentre sono inammissibili le doglianze relative a motivi rinunciati e alla mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 30990 del 01/06/2018, Gueli, Rv. 272969). Invero, in conseguenza dell’effetto devolutivo proprio dell’impugnazione, una volta che l’imputato abbia rinunciato ai motivi di appello, la cognizione del giudice è limitata ai motivi non oggetto di rinuncia (Sez. 5, n. 46850 del 11/11/2022, Mutti, Rv. 283878). La pena irrogata dalla Corte, peraltro, è esattamente quella concordata tra le parti.
Si deve dunque dichiarare l’inammissibilità del ricorso senza formalità di procedura, ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen.
Il ricorrente deve essere pertanto condannato, ex art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali e, a titolo di sanzione pecuniaria, di una somma in favore della Cassa delle ammende, da liquidarsi equitativamente, valutati i profili di colpa emergenti dall’impugnazione (Corte cost., 13 giugno 2000, n. 186), nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso 1’8 febbraio 2024
Il AVV_NOTAIO estensore
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Il Pre i.nte