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Concordato in appello: limiti al ricorso per Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi presentati da alcuni imputati contro una sentenza emessa a seguito di ‘concordato in appello’. La Suprema Corte ha ribadito che, aderendo a tale accordo, gli imputati rinunciano a contestare i motivi non accolti, come l’affermazione di responsabilità o il diniego di attenuanti. Pertanto, il successivo ricorso basato su tali punti è precluso, consolidando l’efficacia vincolante del concordato in appello.

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Pubblicato il 31 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in Appello: Quando il Ricorso in Cassazione Diventa Impossibile

L’istituto del concordato in appello, introdotto dalla riforma Orlando (legge n. 103/2017), rappresenta uno strumento volto a deflazionare il carico giudiziario, consentendo alle parti di accordarsi sulla pena nel secondo grado di giudizio. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 6496/2024, chiarisce in modo netto i limiti all’impugnazione delle sentenze emesse a seguito di tale accordo, ribadendo un principio fondamentale: non si può beneficiare di un accordo e poi contestarne le premesse.

I Fatti del Caso

Diversi imputati, dopo aver concordato in appello la pena con la Procura Generale presso la Corte d’Appello, hanno deciso di presentare ricorso per Cassazione. I ricorsi sollevavano questioni che erano, di fatto, il presupposto stesso dell’accordo raggiunto. Alcuni ricorrenti contestavano la motivazione sull’affermazione della loro responsabilità penale, mentre altri lamentavano il mancato riconoscimento dell’attenuante del fatto di lieve entità, previsto dalla normativa sugli stupefacenti.

La Disciplina del Concordato in Appello

L’articolo 599-bis del codice di procedura penale stabilisce che le parti possono chiedere alla Corte d’Appello di accogliere, in tutto o in parte, i motivi di gravame, rinunciando agli altri eventuali motivi. Se l’accordo comporta una nuova determinazione della pena, le parti la indicano al giudice. Questa procedura si basa su una logica negoziale: l’imputato ottiene una pena certa e potenzialmente più mite, rinunciando però a far valere tutte le sue doglianze.

Il ruolo della rinuncia nel concordato in appello

La rinuncia ai motivi di appello è l’elemento cardine dell’istituto. Accettando il concordato in appello, l’imputato accetta implicitamente il giudizio di colpevolezza e rinuncia a contestare tutti gli aspetti che non sono oggetto dell’accordo stesso. La giurisprudenza ha costantemente affermato che sono inammissibili le doglianze relative a motivi rinunciati o quelle che mettono in discussione la valutazione delle condizioni per il proscioglimento (ex art. 129 c.p.p.), poiché tali questioni sono logicamente incompatibili con un accordo sulla pena.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato tutti i ricorsi inammissibili, seguendo un orientamento ormai consolidato. I giudici hanno spiegato che proporre un ricorso per Cassazione contestando l’affermazione di responsabilità è una palese contraddizione per chi ha precedentemente accettato un accordo sulla pena. Un accordo di questo tipo presuppone, infatti, il superamento di ogni questione relativa alla colpevolezza.

Allo stesso modo, è stato ritenuto inammissibile il ricorso di coloro che contestavano il mancato riconoscimento di un’attenuante. La Corte ha chiarito che il ricorso avverso una sentenza di concordato in appello è possibile solo per vizi specifici, come l’illegalità della pena concordata (ad esempio, una pena applicata al di fuori dei limiti edittali), ma non per rimettere in discussione valutazioni di merito che si devono intendere superate dall’accordo stesso. I ricorrenti, in questo caso, non avevano dedotto profili di illegalità della pena, ma solo contestato una scelta discrezionale del giudice di merito, ormai cristallizzata nell’accordo.

Le Conclusioni

La decisione in commento rafforza la natura vincolante e l’efficacia del concordato in appello. La Cassazione invia un messaggio chiaro: questo strumento processuale non è una tappa intermedia in attesa di un ulteriore grado di giudizio, ma una scelta consapevole che comporta precise preclusioni. Le parti che vi aderiscono devono essere consapevoli che la rinuncia ai motivi d’appello è seria e definitiva. Non è possibile, in un secondo momento, tentare di ‘riaprire i giochi’ su questioni già implicitamente o esplicitamente abbandonate. La sentenza, quindi, tutela la stabilità degli accordi processuali e contribuisce all’efficienza del sistema giustizia, evitando ricorsi meramente dilatori.

Cos’è il concordato in appello?
È un accordo processuale, previsto dall’art. 599-bis c.p.p., con cui le parti (imputato e pubblico ministero) chiedono alla Corte d’Appello di accogliere determinati motivi di gravame, rinunciando agli altri, al fine di ottenere una nuova determinazione della pena.

È possibile impugnare in Cassazione una sentenza emessa dopo un concordato in appello?
Sì, ma solo per motivi molto specifici. Non è possibile contestare aspetti che sono stati oggetto di rinuncia, come l’affermazione di responsabilità o la mancata concessione di attenuanti. Il ricorso è ammesso, ad esempio, se si lamenta l’illegalità della pena concordata.

Perché nel caso di specie i ricorsi sono stati dichiarati inammissibili?
I ricorsi sono stati dichiarati inammissibili perché gli imputati contestavano l’affermazione della loro responsabilità e il diniego di un’attenuante, ossia motivi che si considerano rinunciati nel momento in cui si aderisce al concordato sulla pena. Tali doglianze sono incompatibili con la natura stessa dell’accordo raggiunto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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