Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 3105 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 2 Num. 3105 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 28/11/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto nell’interesse di: NOME, nato a Napoli il DATA_NASCITA, contro la sentenza della Corte di appello di Roma del 5.7.2023;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME.
FATTO E DIRITTO
1. Con sentenza del 13.1.2023, il GIP del Tribunale di Napoli Nord aveva riconosciuto NOME COGNOME responsabile dei fatti di rapina aggravata a lui ascritti e, con la diminuente per il rito abbreviato, lo aveva condannato alla pena complessiva e finale di anni 5 e mesi 4 di reclusione ed euro 2.500 di multa oltre al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali;
la Corte di appello di Napoli, nel prendere atto dell’accordo processuale raggiunto dalla difesa dell’imputato con il Procuratore Generale in ordine alla rinuncia, da parte del primo, ai motivi di impugnazione diversi da quelli articolati in punto di trattamento sanzionatorio, ha rideterminato la pena finale in quella, concordata dalle parti e che ha stimato congrua, in anni 4 e mesi 8 di reclusione ed euro 1.800 di multa;
3. ricorre per cassazione NOME COGNOME tramite il difensore che deduce:
3.1 vizio di motivazione in ordine alla determinazione della pena e violazione di legge in relazione all’art. 62-bis cod. pen.: rileva, infatti, che la Corte di appello, pur avendo preso atto dell’accordo intervenuto tra le parti sulla determinazione della pena, non ha considerato le circostanze attenuanti generiche da ritenersi equivalenti rispetto alle contestate aggravanti ed il cui riconoscimento avrebbe consentito l’accesso a benefici in sede esecutiva altrimenti non concedibili; sottolinea il carattere di mero stile ma, in fatto, del tutto apparente, della motivazione resa dai giudici di secondo grado;
4. Il ricorso è inammissibile.
Il ricorso per cassazione contro la sentenza emessa ex art. 599-bis cod. proc. pen. è infatti consentito soltanto qualora vengano dedotti motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato, al consenso del pubblico ministero sulla richiesta ed al contenuto difforme della pronuncia del giudice; non è invece consentito proporre doglianze relative a motivi rinunciati, alla mancata valutazione RAGIONE_SOCIALE condizioni di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. e, infine, a vizi attinenti alla determinazione della pena oggetto dell’accodo processuale intercorso tra le parti purché esso non abbia dato luogo ad un vizio di illegalità della sanzione inflitta, in quanto non rientrante nei limiti edittali ovve diversa da quella prevista dalla legge (cfr., Sez. 2, n. 22022 del 10.4.2019, COGNOME; Sez. 2, n. 30990 dell’1.6.2018, Gueli).
Già nella previgente disciplina del concordato in appello, il ricorso per cassazione era stato ritenuto inammissibile anche quando relativo a questioni, pur rilevabili d’ufficio, alle quali l’interessato abbia rinunciato in funzione dell’accord sulla pena in appello, in quanto il potere dispositivo riconosciuto alla parte dall’art. 599, comma 4 cod. proc. pen. non solo limita la cognizione del giudice di secondo grado, ma ha effetti preclusivi sull’intero svolgimento processuale, ivi compreso il giudizio di legittimità, analogamente a quanto avviene nella rinuncia all’impugnazione (cfr., Sez. 4, n. 53565 del 27.9.2017, Ferro); ed inoltre, che il giudice di appello che accolga la richiesta formulata a norma dell’art. 599, comma quarto, cod. proc. pen., non deve motivare sul mancato proscioglimento
dell’imputato per una RAGIONE_SOCIALE cause previste nell’art. 129 stesso codice, né sull’insussistenza di cause di nullità assoluta o di inutilizzabilità RAGIONE_SOCIALE prove, in quanto, a causa dell’effetto devolutivo proprio dell’impugnazione, una volta che l’imputato abbia rinunciato ai motivi di appello, la cognizione del giudice deve essere necessariamente limitata ai motivi non oggetto di rinuncia (cfr., Sez. n. 3391 del 15.10.2009, COGNOME, resa sotto il vigore del previgente “patteggiannento” in appello).
E, d’altra parte, la rinuncia ai motivi di appello sulla responsabilità, con esclusione soltanto di quello riguardante la misura della pena, deve ritenersi comprensiva anche del motivo attraverso il quale l’appellante abbia richiesto l’esclusione di elementi circostanziali che condizionano il trattamento sanzionatorio ovvero, per contro, il riconoscimento di circostanze attenuanti denegate nel giudizio di primo grado (cfr., in tal senso, Sez. 4, n. 827 del 21.11.2017, COGNOME, in cui la Corte ha ritenuto estesa la rinuncia al motivo con cui era richiesta l’esclusione dell’aggravante di cui all’art. 7 del DL 13 maggio 1991, n. 152, convertito in legge 12 luglio 1991, n. 203; Sez. 4, n. 53340 del 24.11.2016, COGNOME, Rv 268696; Sez. 1, n. 19041 dell’11.4.2012. COGNOME, Rv 252861; Sez. 6, n. 54341 de. 15.10.2018, COGNOME, Rv. 274315, Sez. 2, n. 11761 del 30.1.2014, COGNOME, Rv 259825, concernenti la recidiva).
L’inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., della somma – che si stima equa – di euro 3.000 ciascuno in favore della RAGIONE_SOCIALE.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE.
Così deciso in Roma, il 28.11.2023