Concordato in Appello: Quando l’Accordo sulla Pena Rende Definitiva la Qualificazione del Reato
L’istituto del concordato in appello, noto anche come patteggiamento in appello, rappresenta uno strumento fondamentale nel nostro ordinamento processuale penale per definire il giudizio in modo più celere. Tuttavia, la sua applicazione comporta conseguenze precise per l’imputato, soprattutto riguardo alle successive possibilità di impugnazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito con fermezza i limiti del ricorso contro una sentenza emessa all’esito di tale accordo, chiarendo che la pattuizione sulla pena preclude la possibilità di contestare la qualificazione giuridica del fatto.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine da una sentenza della Corte d’Appello che, in accoglimento di un concordato in appello (ex art. 599-bis c.p.p.), aveva rideterminato la pena per un imputato condannato in primo grado per il reato di minaccia. L’accordo era stato raggiunto tra il difensore dell’imputato e il Procuratore Generale: in cambio della rinuncia a tutti gli altri motivi di appello, si concordava una riduzione della sanzione a sei mesi e venti giorni di reclusione.
Nonostante l’accordo, l’imputato ha deciso di proporre ricorso per cassazione, sollevando un unico motivo: l’errata qualificazione giuridica del fatto. A suo dire, i giudici di merito avrebbero sbagliato nel considerare la minaccia come “grave”, anziché come “semplice”, con evidenti conseguenze sul trattamento sanzionatorio.
La Decisione della Corte di Cassazione sul concordato in appello
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio consolidato, definito dalla stessa Corte come ius receptum, ovvero diritto ormai pacificamente accettato dalla giurisprudenza.
Gli Ermellini hanno affermato che, una volta che le parti si accordano sui punti oggetto del concordato, e in particolare sulla quantificazione della pena, si verifica una rinuncia implicita a sollevare nel successivo giudizio di legittimità ogni altra doglianza. Questo vale anche per questioni, come la qualificazione giuridica del fatto, che in altri contesti potrebbero essere rilevate d’ufficio dal giudice. L’unica eccezione a questa regola riguarda l’applicazione di una pena illegale, circostanza non ravvisata nel caso di specie.
Le Motivazioni della Sentenza
La motivazione della Corte è cristallina e si basa sulla natura stessa del concordato in appello. Questo istituto processuale si fonda su un accordo sinallagmatico: l’imputato ottiene un beneficio (la riduzione della pena) in cambio di una rinuncia (ai motivi di appello non concordati). Permettere all’imputato di rimettere in discussione elementi fondanti della condanna, come la qualificazione giuridica del reato, dopo aver beneficiato della riduzione della pena, svuoterebbe di significato l’istituto stesso.
La Corte cita precedenti conformi (Cass. n. 30990/2018 e n. 41254/2019) per sottolineare come l’accordo sulla pena precluda la deducibilità di questioni relative alla responsabilità penale, inclusa la qualificazione del fatto. La volontà di accedere al concordato, infatti, cristallizza il quadro accusatorio su cui si basa la pena pattuita. Ammettere un ricorso successivo su tali punti equivarrebbe a violare il patto processuale liberamente sottoscritto dalle parti.
Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Pronuncia
Questa ordinanza conferma un orientamento giurisprudenziale rigoroso e coerente. Le implicazioni pratiche per la difesa sono significative:
1. Scelta Strategica: La decisione di accedere al concordato in appello deve essere ponderata con estrema attenzione. Il difensore e l’imputato devono essere consapevoli che tale scelta comporta una rinuncia quasi totale a future impugnazioni, salvo casi eccezionali come vizi della volontà o pene palesemente illegali.
2. Definitività dell’Accusa: L’accordo sulla pena implica l’accettazione della qualificazione giuridica del fatto data dai giudici di merito. Non è possibile “salvare” un motivo di ricorso sulla qualificazione per discuterlo in Cassazione dopo aver ottenuto lo sconto di pena.
3. Rischio di Inammissibilità: Proporre un ricorso per cassazione su motivi rinunciati non solo è inutile, ma espone il ricorrente alla condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, come avvenuto nel caso di specie con la condanna al versamento di 4.000 euro alla Cassa delle ammende.
È possibile impugnare in Cassazione una sentenza emessa dopo un “concordato in appello”?
No, di regola non è possibile. Il ricorso è ammissibile solo per motivi eccezionali, come quelli relativi alla formazione della volontà di accedere all’accordo, al consenso del Procuratore Generale, o all’applicazione di una pena illegale. Non è ammesso per contestare motivi a cui si è rinunciato, come la qualificazione giuridica del fatto.
L’accordo sulla pena nel “concordato in appello” implica una rinuncia a contestare la qualificazione giuridica del reato?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, l’accordo delle parti sui punti concordati, inclusa la pena, implica la rinuncia a dedurre nel successivo giudizio di legittimità ogni diversa doglianza, anche se relativa a una questione rilevabile d’ufficio come la qualificazione giuridica del fatto.
Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile in questi casi?
La declaratoria di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento. Inoltre, se non si possono escludere profili di colpa nella formulazione dei motivi, come in questo caso, il ricorrente viene condannato anche al versamento di una somma di denaro a favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 1173 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 5 Num. 1173 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/11/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a NAPOLI il 14/04/1972
avverso la sentenza del 04/07/2023 della CORTE. APPELLO di NAPOLI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette/sentite le conclusioni del PG NOME COGNOME
udito il difensore
v
Ritenuto in fatto
1.La sentenza impugnata è della Corte d’appello di Napoli del 4 luglio 2023 che – i accoglimento del concordato ex art. 599 bis cod. proc. pen. intercorso tra il difensore di NOME COGNOME munito di procura speciale – rinunziante a tutti i motivi d’appello ad eccezione di q relativi al trattamento sanzionatorio – ed il Procuratore Generale presso la Corte d’appello riforma della sentenza del tribunale di Napoli, rideterminava la pena inflittagli per il de cui agli artt. 81 cpv.,612 cod. pen., accertato in Napoli il 2 giugno 2016, nella misura di me e giorni 20 di reclusione.
2.Ha proposto ricorso per cassazione COGNOME, che ha dedotto il vizio di cui all’art. 606 comma lett. b) cod. proc. pen., perché la sentenza impugnata avrebbe errato nell’attribuire al f connotati della “minaccia grave” in luogo di quelli della minaccia semplice.
Considerato in diritto
Il ricorso è inammissibile, perché proposto per motivi non consentiti dalla legg manifestamente infondato.
1.Costituisce ius receptum, nella materia in esame, che “in tema di concordato in appello, è ammissibile il ricorso in cassazione avverso la sentenza emessa ex att. 599 bis cod. proc. pen. che deduca motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accede al concordato in appello, al consenso del Procuratore generale sulla richiesta ed al contenut difforme della pronuncia del giudice, mentre sono inammissibili le doglianze relative motivi rinunciati o alla mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ex art. 129 c proc. pen.” (ex multis, Cass. sez.2, ord. n. 30990 del 01/06/2018, Gueli, Rv.272969); ed “è inammissibile il ricorso per cassazione, avverso la sentenza resa all’esito del concordato s motivi di appello ex art. 599-bis cod. proc. pen., volto a censurare la qualificazione giur del fatto, in quanto l’accordo delle parti in ordine ai punti concordati implica la rin dedurre nel successivo giudizio di legittimità ogni diversa doglianza, anche se relativ questione rilevabile di ufficio, con l’unica eccezione dell’irrogazione di una pena illegale” (sez.6, n.41254 del 04/07/2019, Leone, Rv. 277196).
La rinunzia ai motivi d’impugnazione sulla responsabilità dell’imputato – anche in relazio all’addebito di minaccia grave – e l’intervenuto accordo sulla quantificazione della pe precludono, pertanto, la deducibilità di questioni riguardanti la qualificazione giuridica del
2.Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., alla declaratoria di inammissibilità del ri conseguono la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e, non potendosi escludere profili di colpa nella formulazione dei motivi, anche al versamento dell somma di euro 4000 a favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamenl:o delle spese processuali e della somma di euro 4000 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 7/11/2023
Il cofsilrre estensore
Il Presidente