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Concordato in appello: limiti al ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato contro una sentenza emessa a seguito di un concordato in appello. L’accordo sulla pena preclude la possibilità di sollevare in Cassazione questioni relative a motivi rinunciati, come la richiesta di proscioglimento. Il ricorso avverso un concordato in appello è consentito solo per vizi specifici legati alla formazione della volontà delle parti.

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Pubblicato il 14 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in appello: Quando il Ricorso in Cassazione è Precluso

Il concordato in appello, noto anche come ‘patteggiamento in appello’, è uno strumento processuale che consente all’imputato di ottenere una riduzione della pena in cambio di una rinuncia a determinati motivi di impugnazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 45635/2024) ribadisce i rigidi limiti alla possibilità di contestare successivamente tale accordo, chiarendo quando il ricorso diventa inammissibile. La decisione offre spunti fondamentali per comprendere la natura e le conseguenze di questa scelta difensiva.

Il Caso e l’Accordo in Appello

La vicenda processuale ha origine da una condanna in primo grado emessa dal GUP del Tribunale di Roma per reati di sostituzione di persona ed estorsione in concorso (artt. 81, 110, 494 e 629 c.p.). In sede di appello, la difesa dell’imputato e la Procura Generale hanno raggiunto un accordo. La Corte di appello di Roma, accogliendo la richiesta concorde delle parti, ha parzialmente riformato la sentenza, riducendo la pena ma confermando la condanna.

Nonostante l’accordo, l’imputato ha deciso di presentare ricorso per cassazione, lamentando che i giudici d’appello non avessero valutato la possibile sussistenza di cause di proscioglimento, come previsto dall’art. 129 del codice di procedura penale.

Limiti al Ricorso in Cassazione dopo un concordato in appello

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo una chiara lezione sui limiti dell’impugnazione avverso una sentenza che ratifica un concordato in appello. I giudici hanno spiegato che, per sua natura, l’accordo ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p. si fonda su una rinuncia. L’imputato, accettando il ‘patteggiamento’ in appello, rinuncia ai motivi di gravame non strettamente legati all’accordo stesso.

Di conseguenza, la cognizione del giudice è circoscritta. Una volta che l’imputato rinuncia a contestare la propria responsabilità per ottenere uno sconto di pena, non può poi dolersi in Cassazione del fatto che il giudice non abbia esplorato d’ufficio cause di non punibilità. L’effetto devolutivo dell’impugnazione, in questo contesto, è limitato ai motivi che non sono stati oggetto di rinuncia.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha ribadito un principio consolidato: il ricorso avverso una sentenza emessa a seguito di concordato in appello è ammissibile solo per motivi molto specifici. Questi includono:

1. Vizi nella formazione della volontà: Se l’imputato può dimostrare che il suo consenso all’accordo era viziato (ad esempio, per errore o violenza).
2. Mancato consenso del Procuratore Generale: Se l’accordo è stato raggiunto senza il necessario assenso della pubblica accusa.
3. Contenuto difforme della pronuncia: Se la sentenza del giudice si discosta da quanto pattuito tra le parti.

Nel caso di specie, il motivo del ricorso – la mancata valutazione delle condizioni per il proscioglimento – non rientra in nessuna di queste categorie. Si tratta, infatti, di una doglianza relativa a un motivo a cui l’imputato aveva implicitamente rinunciato aderendo all’accordo. Di conseguenza, il ricorso è stato giudicato inammissibile perché basato su motivi non consentiti.

Conclusioni

La decisione in esame rafforza la natura dispositiva e strategica del concordato in appello. Chi sceglie questa via deve essere consapevole che sta compiendo un atto che preclude, in larga parte, la possibilità di un ulteriore riesame del merito della vicenda. La sentenza non è un ‘premio’ che si aggiunge ad altre possibilità difensive, ma un’alternativa che le sostituisce. La Cassazione ha quindi condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione di tremila euro, sanzionando un’impugnazione ritenuta colposamente proposta. Questo provvedimento serve da monito: l’accesso agli strumenti premiali del processo penale richiede una valutazione attenta e consapevole delle sue definitive conseguenze.

È sempre possibile ricorrere in Cassazione dopo un “concordato in appello”?
No, il ricorso è ammesso solo per motivi specifici, come vizi nella formazione della volontà di accedere all’accordo, il dissenso del Procuratore Generale o una sentenza il cui contenuto sia difforme rispetto a quanto concordato tra le parti.

Se si accetta un concordato in appello, si può ancora contestare la propria colpevolezza in Cassazione?
No, la Corte ha chiarito che l’accordo implica la rinuncia ai motivi di appello che non sono oggetto dell’accordo stesso, compresa la richiesta di un proscioglimento ai sensi dell’art. 129 del codice di procedura penale.

Cosa succede se un ricorso contro un concordato in appello viene dichiarato inammissibile?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e, a titolo di sanzione, al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, come è accaduto nel caso esaminato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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