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Concordato in appello: limiti al ricorso in Cassazione

La Cassazione dichiara inammissibile il ricorso contro una sentenza emessa a seguito di concordato in appello. L’imputato, condannato per tentata rapina, lamentava la mancata applicazione del lavoro di pubblica utilità. La Corte ha stabilito che i vizi di motivazione sulla pena non sono un motivo valido di ricorso in questi casi, a meno che la pena non sia palesemente illegale. La decisione è stata confermata anche nel merito, data la recidiva dell’imputato.

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Pubblicato il 7 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in appello: quando il ricorso in Cassazione è inammissibile

Il concordato in appello, introdotto dall’articolo 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo che permette a imputato e pubblico ministero di accordarsi sulla pena, rinunciando ai motivi di appello. Ma cosa succede se una delle parti, dopo l’accordo, non è soddisfatta della decisione del giudice? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i rigidi limiti entro cui è possibile impugnare una sentenza emessa a seguito di tale accordo.

I fatti del caso

Il caso analizzato riguarda un imputato condannato in appello per il reato di tentata rapina aggravata. La Corte di Appello aveva rideterminato la pena proprio a seguito di un concordato in appello. Tuttavia, la difesa dell’imputato ha deciso di presentare ricorso in Cassazione, lamentando un vizio di motivazione. Nello specifico, si contestava la mancata applicazione della sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità. Secondo la difesa, i giudici di merito non avrebbero considerato il positivo cambiamento nello stile di vita dell’imputato, soffermandosi unicamente sui suoi precedenti penali.

La decisione della Corte di Cassazione e il concordato in appello

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo una spiegazione chiara e netta sulla natura e sui limiti dell’istituto del concordato in appello. La decisione si fonda su due pilastri argomentativi: uno di natura procedurale e uno, esposto in via subordinata, di merito.

Le motivazioni

Il cuore della decisione risiede nella natura stessa dell’accordo processuale. La Cassazione ribadisce un principio fondamentale: quando si accede al concordato in appello, si accetta non solo la misura della pena, ma si rinuncia anche a contestare le valutazioni discrezionali del giudice che portano a quella determinazione.

Il ricorso per Cassazione contro una sentenza di questo tipo è consentito solo per motivi specifici e limitati, quali:

1. Vizi nella formazione della volontà di accedere all’accordo.
2. Mancato rispetto dell’accordo da parte del giudice.
3. Illegalità della pena applicata, ad esempio perché superiore ai massimi edittali o di una specie non prevista dalla legge.

Nel caso di specie, la difesa lamentava un ‘vizio di motivazione’ sulla scelta della sanzione, un motivo che non rientra tra quelli ammissibili. Scegliendo il concordato, l’imputato ha implicitamente rinunciato a contestare la valutazione del giudice sulla sua meritevolezza di sanzioni alternative.

Inoltre, la Corte ha aggiunto una considerazione di merito. Anche se il ricorso fosse stato ammissibile, le lamentele sarebbero state infondate. Il riferimento della Corte di Appello ai numerosi, gravi e specifici precedenti penali dell’imputato, a cui era stata applicata la recidiva specifica e reiterata, era una motivazione più che sufficiente per ritenere inadeguata la sostituzione della pena detentiva. Tale profilo, infatti, indica una spiccata tendenza a commettere reati contro il patrimonio, rendendo la scelta di non concedere sanzioni sostitutive del tutto legittima e ragionevole.

Le conclusioni

Questa ordinanza consolida l’orientamento secondo cui il concordato in appello è un patto processuale che limita drasticamente le successive possibilità di impugnazione. Accettando l’accordo sulla pena, le parti rinunciano a sollevare questioni relative alla sua congruità e alle valutazioni discrezionali del giudice. Il ricorso in Cassazione rimane una via percorribile solo per vizi genetici dell’accordo o per palesi illegalità della pena, ma non per riesaminare le scelte del giudice di merito. La decisione sottolinea l’importanza per la difesa di ponderare attentamente tutti gli aspetti prima di accedere a tale istituto, poiché la strada per un’impugnazione successiva è estremamente ristretta.

È possibile impugnare in Cassazione una sentenza emessa dopo un ‘concordato in appello’ per contestare la misura della pena?
No, di regola non è possibile. La Cassazione chiarisce che il ricorso è inammissibile se contesta la determinazione discrezionale della pena, a meno che la sanzione inflitta sia illegale (cioè diversa da quella prevista dalla legge o fuori dai limiti edittali).

Perché il riferimento ai precedenti penali è stato considerato sufficiente a negare una sanzione sostitutiva?
La Corte ha ritenuto che i gravi e specifici precedenti penali dell’imputato, uniti alla recidiva specifica e reiterata, fossero un indice di disvalore sufficiente. Questo ha permesso al giudice di concludere ragionevolmente che l’imputato fosse incline a commettere reati contro il patrimonio e che, di conseguenza, la sostituzione della pena detentiva non fosse adeguata.

Quali sono i motivi validi per ricorrere in Cassazione contro una sentenza di ‘concordato in appello’?
I motivi ammissibili sono molto limitati e riguardano vizi nella formazione della volontà delle parti di accedere all’accordo, il dissenso del pubblico ministero, o una decisione del giudice difforme da quanto concordato. Non si possono sollevare doglianze su motivi ai quali si è rinunciato con l’accordo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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