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Concordato in appello: limiti al ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibili i ricorsi proposti da due imputati avverso una sentenza di “concordato in appello”. La Corte ribadisce che tale accordo processuale limita drasticamente le possibilità di impugnazione, ammettendole solo per vizi relativi alla formazione dell’accordo o per l’applicazione di una pena illegale, e non per contestare la valutazione del giudice su pene accessorie o confische.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concordato in appello: quando il ricorso in Cassazione è inutile

Il concordato in appello, introdotto nel nostro ordinamento dall’articolo 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo del contenzioso che permette alle parti di accordarsi sulla pena. Tuttavia, la scelta di percorrere questa strada processuale comporta conseguenze significative sulla possibilità di impugnare la decisione. Una recente sentenza della Corte di Cassazione chiarisce i rigidi limiti del ricorso avverso una sentenza emessa a seguito di tale accordo, dichiarandolo inammissibile se non fondato su vizi specifici.

I Fatti del Caso

Due imputati, dopo una condanna in primo grado, avevano raggiunto un accordo con la Procura Generale presso la Corte d’Appello per la rideterminazione della pena. La Corte d’Appello, recependo l’accordo, emetteva la relativa sentenza. Nonostante l’accordo, gli imputati decidevano di proporre ricorso per Cassazione, lamentando due specifiche questioni:
1. Uno degli imputati contestava la mancata eliminazione della pena accessoria dell’interdizione legale, pur essendo la pena detentiva stata ridotta a quattro anni.
2. Entrambi gli imputati contestavano la confisca di cinque telefoni cellulari, ritenendola illegittima e priva di motivazione, poiché non era stato provato che i dispositivi fossero provento di reato o potessero favorire la commissione di nuovi crimini.

La Decisione della Corte di Cassazione e il concordato in appello

La Corte di Cassazione ha dichiarato entrambi i ricorsi inammissibili. La decisione si fonda sulla natura stessa del concordato in appello. I giudici supremi hanno ribadito un principio consolidato: quando l’imputato accetta di concordare la pena in appello, rinuncia implicitamente ai motivi di impugnazione che non riguardano l’accordo stesso. La cognizione del giudice viene così limitata ai soli punti oggetto dell’intesa tra le parti.

Le motivazioni

La Corte ha spiegato che il ricorso per Cassazione avverso una sentenza emessa ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p. è ammissibile solo in casi eccezionali e tassativamente indicati. Nello specifico, si può ricorrere solo per contestare:
* Vizi relativi alla formazione della volontà di accedere al concordato.
* Vizi del consenso del pubblico ministero.
* Un contenuto della sentenza difforme rispetto all’accordo raggiunto.
* L’applicazione di una pena considerata “illegale”.

Quest’ultimo punto è cruciale. Una pena è “illegale” non quando è semplicemente errata nella sua quantificazione o applicazione (frutto di una valutazione discrezionale del giudice), ma quando è di un genere diverso da quello previsto dalla legge per quel reato o determinata al di fuori dei limiti edittali. Nel caso di specie, le doglianze degli imputati relative alla pena accessoria e alla confisca non rientravano in nessuna di queste categorie. Si trattava di contestazioni sulla corretta applicazione delle norme, ovvero sul merito della decisione, aspetti ai quali gli imputati avevano rinunciato aderendo al concordato in appello.

Le conclusioni

La sentenza in esame offre un importante monito: la scelta del concordato in appello è una decisione strategica che chiude quasi definitivamente la vicenda processuale. Se da un lato offre il vantaggio di una pena certa e potenzialmente più mite, dall’altro preclude la possibilità di contestare in Cassazione aspetti valutativi della sentenza d’appello. Gli imputati e i loro difensori devono essere pienamente consapevoli che, salvo rarissime eccezioni legate a vizi procedurali gravi o a palesi illegalità della sanzione, la sentenza basata sull’accordo non sarà ulteriormente sindacabile.

Dopo un ‘concordato in appello’ è sempre possibile fare ricorso in Cassazione?
No, la possibilità è fortemente limitata. La sentenza chiarisce che il ricorso è ammissibile solo per motivi specifici, come vizi nella formazione della volontà di accordarsi, nel consenso del PM, una decisione difforme dall’accordo o l’applicazione di una pena ‘illegale’, cioè non prevista dalla legge per quel tipo di reato.

La presunta erronea applicazione di una pena accessoria può essere contestata in Cassazione dopo un concordato?
Secondo questa sentenza, no. Aderendo al concordato, l’imputato rinuncia a contestare la determinazione della pena nel suo complesso, incluse le pene accessorie. Tale doglianza non rientra tra i motivi ammissibili per l’impugnazione, a meno che la pena accessoria applicata non sia essa stessa illegale per legge.

Cosa si intende per ricorso ‘inammissibile’ in questo contesto?
Significa che la Corte di Cassazione non esamina il merito delle questioni sollevate perché i motivi del ricorso non rientrano nel novero di quelli consentiti dalla legge dopo un concordato in appello. Di fatto, la porta della Cassazione è chiusa per contestazioni che non riguardino i vizi specifici dell’accordo o l’illegalità della pena.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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